Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29955 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 19/11/2019), n.29955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20843-2018 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FARA SABINA

2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DE MATTIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIULIO RUSSO;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2867/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

PELLECCHIA ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2002, L.F. conveniva in giudizio la Generali Italia s.p.a., quale impresa designata ai sensi dell’art. 286 del cod. delle assicurazioni alla gestione del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro occorso il 7 luglio 2002, in San Felice, allorquando L.F. e L.C. venivano investiti da una autovettura rimasta sconosciuta.

Veniva esposto che a seguito dell’impatto, il veicolo proseguiva, senza dare la possibilità di essere identificato, mentre L. veniva trasportato al pronto soccorso e ricoverato per gravissime lesioni. In seguito, veniva presentata denuncia/querela nei confronti di ignoti.

Resisteva in giudizio la Generali Italia s.p.a. chiedendo il rigetto integrale della domanda risarcitoria.

Con sentenza n. 383/2011, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere-sezione distaccata di Marcianise, respingeva la domanda risarcitoria proposta da L.F., per carenza di prova in ordine alla circostanza che la mancata identificazione del veicolo investitore fosse dipesa da impossibilità incolpevole del danneggiato medesimo.

Avverso tale sentenza, Fabrizio L. proponeva appello chiedendone l’integrale riforma.

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2867/2017 del 22/06/2017, confermava la decisione resa dal giudice di primo grado, condividendone l’iter motivazionale, in particolare, nella parte in cui dichiarava inattendibile la versione prospettata dall’attore, sulla base del fatto che i due testi sentiti in istruttoria, D.R.C. e C.G., non erano stati indicati nè nella querela effettuata della attrice, nè in un momento successivo, comparendo per la prima volta solo in citazione.

3. L.F. ricorre per Cassazione, sulla base di due motivi. Generali non ha svolto attività difensiva.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “Violazione o falsa applicazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19 (assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), ralione lemporis vigente, e/o comunque delle successive leggi modificative o abrogative, ivi compreso il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 283 (codice delle assicurazioni private) per avere attribuito, il Tribunale prima e la Corte di Appello poi, valenza probatoria esclusivamente alla indicazione in querela di testi differenti rispetto a quelli indicati in citazione ed escussi in giudizio, nella erronea convinzione che parte istante avrebbe dovuto dimostrare di essersi attivata per identificare o far identificare dalle autorità competenti il veicolo sconosciuto, con la conseguente attuazione di un automatismo con cui, senza dar alcun conto degli elementi emersi dall’istruttoria, il giudice di merito ha finito per far conseguire alla presentazione della querela incompleta il mancato assolvimento dell’onere probatorio circa l’impossibilità del sinistro ad un veicolo rimasto sconosciuto- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole “dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo del vizio di motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (Contenuto della sentenza – concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione), 116 c.p.c. (Valutazione delle prove) e art. 111 Cost., comma 6 (Norme sulla giurisdizione – motivazione dei provvedimenti giurisdizionali), per motivazione apparente in ordine alla valutazione di inattendibilità dei testimoni sulla scorta del solo elemento della mancata indicazione in querela dei relativi nominativi”. La motivazione della Corte territoriale sarebbe apparente nella parte in cui non menziona le dichiarazioni testimoniali rese nel corso del giudizio di primo grado, che avrebbero portato ad una diversa decisione, ritenuta inattendibile sulla scorta della sola mancata indicazione dei testi in querela. Quest’ultimo elemento, insieme al comportamento processuale della vittima, dovrebbero costituire meri indizi dell’effettivo avveramento del sinistro e non, invece, gli unici elementi posti alla base della decisione. Viene indicata la pronuncia della Cass. 9939/2012, in cui si ribadisce che “la vittima di un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato non ha alcun obbligo, per ottenere il risarcimento da parte dell’impresa designata per conto del Fondo di garanzia vittime della strada, di presentare una denuncia od una querela contro ignoti, la cui sussistenza o meno non è che mero indizio”. Pertanto, l’accertamento non avrebbe dovuto riguardare il profilo della diligenza della vittima, per consentire l’individuazione del responsabile, ma esclusivamente la circostanza che il sinistro sia stato effettivamente provocato da un veicolo non identificato.

7. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto il secondo è ripetitivo del primo, e sono entrambi inammissibili.

Dal primo motivo emerge chiaramente che si pone una quaestio facri e non iuris.

Dal secondo si evidenzia l’intrinseca contraddizione ravvisabile nel prospettare la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e quella dell’art. 116 c.p.c..

Le censure proposte dal ricorrente, infatti, sono volte a richiedere una rivalutazione di merito delle emergenze istruttorie, già adeguatamente valutate sia dal Tribunale che dalla Corte territoriale. Si rileva che l’adesione del giudice d’appello alla sentenza di primo grado, con riferimenti comprensibili ed esaustivi, è pienamente legittima in quanto soddisfa il sufficiente grado motivazionale richiesto dalla Costituzione. Vale la pena rilevare che il giudice di seconde cure, nella ricostruzione della propria motivazione, menziona come elementi a base della propria decisione, non solo la mancata indicazione nella querela dei testimoni, che ben può essere utilizzata dal giudice quale elemento sintomatico per affermare l’inattendibilità (Cass. 18.6.2012 n. 9939), in quanto elemento sintomatico della condotta processuale del ricorrente, e sufficiente ragione di prova (ex multis Cass. 4.5.2005 n. 9279), ma anche ulteriori elementi sintomatici, ossia le contraddizioni del danneggiato, rilevate in sede di interrogatorio libero che depongono per l’inattendibilità della prospettazione attorea. In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. n. 11892/2(116; Cass. S.U. n. 16598/2016).

Orbene, il giudice di merito è l’unico istituzionalmente competente alla valutazione degli elementi di prova, censurabile in questa sede esclusivamente sotto il profilo della motivazione, laddove questa risulti assente, incoerente, illogica, evidentemente incomprensibile; difetti, questi, certamente non riscontrabili nell’iter argomentativo sviluppato dalla Corte d’appello, che ha motivato la sua decisione in maniera assolutamente coerente con le premesse di fatto poste al suo vaglio.

8. Non occorre disporre sulle spese in considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 19 novembre 2019

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