Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29955 del 13/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/12/2017, (ud. 04/07/2017, dep.13/12/2017),  n. 29955

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 15 marzo 2011, rigettando il gravame svolto dall’INPS, ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione svolta da Pusabren soc.coop. a r.l. avverso le cartelle esattoriali con le quali era stato intimato il pagamento di somme a titolo di contributi (pari ad Euro 1.321.05 ed Euro 16.171,93), rientranti in un’obbligazione contributiva quantificata dall’INPS in Euro 558.594,00, per recupero di riduzioni contributive non dovute, contestata con azione di accertamento negativo.

2. Per la Corte territoriale, le obbligazioni contributive contestate alla società – esercente attività agricole in conto terzi (giardinaggio, manutenzione di aree verdi, coltivazione di frutteti ecc.) nell’ambito di più province, senza possedere terreni di propria diretta pertinenza e in riferimento ai lavoratori impiegati in due delle sedi interessate ((OMISSIS), entrambe ricadenti nella provincia di Cuneo) – erano state accertate con verbali ispettivi successivi all’accentramento contributivo della società presso la sede INPS di Canelli e tanto rilevava per radicare la competenza della sede di Asti, a ricevere i contributi, e la competenza territoriale del Tribunale di Asti a trattare le relative controversie.

3. Nel merito, riteneva la Corte territoriale che possedere o gestire direttamente terreni agricoli non costituisse requisito dell’agevolazione contributiva prevista per le aziende agricole operanti nelle zone svantaggiate e in territori montani, dalla L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, come sostituito dalla L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 27.

4. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con ricorso affidato a due motivi.

5. Pusabren s.c.r.l. ha resistito con controricorso.

6. Equitalia Nord s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Il ricorso, va preliminarmente rilevato, è stato notificato nel termine lungo annuale previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, ed è dunque tempestivo.

8. Invero, l’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia, come nella specie, anteriore, a quella data (cfr., ex multis, Cass. n. 6784/2012).

9. Con il primo motivo di ricorso, deducendo violazione dell’art. 444 c.p.c., l’INPS critica la sentenza impugnata, per la ritenuta competenza territoriale del giudice adito, e assume, al riguardo, che il provvedimento di accentramento contributivo presso la sede di Canelli è stato emesso dalla Direzione Provinciale del lavoro di Asti, in data 21 marzo 2004, con validità, come testualmente in esso affermato, “dalla data odierna”; il verbale ispettivo dell’8 ottobre 2007, sul quale si radicano le iscrizioni a ruolo, e successivamente le cartelle esattoriali opposte, individua un coacervo di debiti contributivi dovuti dalla società con riferimento a lavoratori impiegati, tempo per tempo, presso imprese con sede operativa in varie parti del territorio nazionale, ciò non alterando l’assetto organizzativo dell’ Istituto con riferimento alla sede Inps creditrice, nel senso che ciascuna sede Inps resta titolare del proprio credito contributivo vantato nei confronti della società precedentemente all’atto autorizzatorio di accentramento, che non rileva per il passato; che rimane immutato tale assetto organizzativo con riferimento a rapporti di debito – credito sorti antecedentemente al provvedimento di accentramento, degli adempimenti contributivi e previdenziali, a nulla rilevando la contestazione in epoca successiva all’accentramento; che l’epoca della contestazione non comporta mutamento nel soggetto titolare del credito, come individuato dall’organizzazione dell’istituto; che, conseguentemente, nella specie, titolare del credito è la sede Inps di Cuneo, presso la quale la società ha pagato, in misura ridotta, la contribuzione nel momento in cui è sorto l’obbligo contributivo e, trattandosi di crediti contributivi vantati dalla predetta sede, giudice funzionalmente competente, per territorio, era il tribunale di Cuneo.

10. Il motivo va rigettato alla stregua dei precedenti già resi da questa Corte, sulla medesima questione (v.,fra le altre, Cass. 29 maggio 2000, n. 7108).

11. Ai sensi dell’art. 444 c.p.c., comma 3, in caso di accentramento degli adempimenti contributivi, competente per territorio a conoscere della controversia previdenziale è il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente dove (a seguito di domanda, accolta dall’Istituto previdenziale, del datore di lavoro che abbia più dipendenze) è attuato l’accentramento e che diventa conseguentemente deputato, per effetto di esso, a ricevere i contributi, a pretenderne giudizialmente il pagamento e a restituirne l’eventuale eccedenza.

2. Consegue che, in caso di domanda del datore di lavoro di restituzione di contributi indebitamente corrisposti in eccedenza, occorre tener conto – al fine della competenza per territorio – dell’accentramento suddetto ancorchè il diritto alla ripetizione dell’indebito contributivo sia, in ipotesi, insorto prima dell’accentramento.

13. La situazione di fatto, consistente nell’eventuale accentramento contributivo, va verificata al momento della proposizione del ricorso ex art. 5 c.p.c., che fa riferimento allo stato di fatto esistente al momento della domanda; non rilevano, quindi, mutamenti successivi (l’eventuale revoca o annullamento dell’accentramento contributivo), o la situazione precedente.

14. Destituita di fondamento è, quindi, la tesi dell’INPS che vorrebbe considerare l'”ufficio” competente al momento non già in cui è azionata la pretesa restitutoria fatta valere in giudizio, bensì in quello (precedente) in cui il diritto (alla ripetizione dell’indebito contributivo) è insorto sicchè, essendo nella specie il diritto (assertivamente) sorto prima dell’accentramento contributivo, occorrerebbe tener conto dell’ufficio dell’INPS che all’epoca gestiva il rapporto contributivo ma tale tesi non ha alcun riscontro nel dato testuale dell’art. 444 c.p.c., comma 3, e contrasta con il menzionato disposto dell’art. 5 c.p.c..

15. Con il secondo e terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, comma 5, in connessione con la L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 49, l’Inps si duole che la Corte di merito abbia ritenuto irrilevante la verifica, ai fini della concessione degli sgravi, della natura di imprenditore agricolo della società cooperativa, profilo ritenuto implicitamente assorbito dalla Corte di merito avendo ritenuto, in via logicamente preliminare, che per la fruizione dello sgravio non fosse prevista la natura agricola dell’attività svolta dalla società cooperativa; assume l’INPS la mancanza di prova sul reale svolgimento di “attività agricola” da parte della cooperativa; assume, infine, che neanche rileva la disposizione dettata dalla L. n. 92 del 1972, che, per apprestare sempre e comunque una tutela nei confronti dei lavoratori che svolgono attività agricola, rende irrilevante, a tale esclusivo fine, il tipo di attività del datore di lavoro dal quale dipende.

16. I motivi, esaminati congiuntamente perchè incentrati sulla medesima questione, sono infondati e presentano profili di inammissibilità perchè non contrastano efficacemente la sentenza impugnata.

17. La L. 11 marzo 1988, n. 67 (legge finanzia per l’anno 1988) ha previsto, all’art. 9, comma 5, un sgravio contributivo per i datori di lavoro agricolo, per il personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani e operanti nelle zone agricole svantaggiate, con disposizione del seguente tenore: “A decorrere dall’1 gennaio 1988, i premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali sono dovuti nella misura del 15 per cento dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui all’articolo 9 del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 601. I predetti premi e contributi sono dovuti per i medesimi lavoratori dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, delimitate ai sensi della L. 27 dicembre 1977, n. 984, art. 15, nella misura del 40 per cento, e dai datori di lavoro operanti nelle zone agricole svantaggiate comprese nei territori di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, nella misura del 20 per cento”.

18. La ratio della disposizione è volta ad incoraggiare l’occupazione, a termine e a tempo indeterminato, e l’attività agricola nei territori montani e nelle zone agricole svantaggiate, mediante una considerevole riduzione del costo del lavoro.

19. Requisito dell’agevolazione contributiva non è il possedere o gestire direttamente terreni agricoli sibbene l’adibizione dei lavoratori ad attività agricola, in territori montani e zone svantaggiate, limitatamente ai giorni in cui siano stati effettivamente dediti alla predetta attività.

20. Del resto tale interpretazione si conforma al canone di ragionevolezza considerato che la medesima agevolazione viene riconosciuta alle imprese inquadrate in settori extra – agricoli che svolgono attività diverse dall’agricoltura e limitatamente alla manodopera assunta per operazioni assoggettate all’obbligo della contribuzione agricola unificata.

21. Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha incentrato la ratio decidendi sull’insussistenza dell’ulteriore requisito, per il diritto alla agevolazione contributiva, della disponibilità dei fondi sui quali impegnare la manodopera.

22. Le ulteriori doglianze svolte dall’INPS che, deducendo violazione di legge, critica la sentenza impugnata anche per aver pretermesso l’apprezzamento dell’attività concretamente svolta dalla società e la mancata prova dello svolgimento di attività agricola da parte della società cooperativa, presentano profili di inammissibilità perchè pur riproponendosi, in questa sede, al termine dell’illustrazione della seconda censura, svolta per violazione delle disposizioni regolatrici dell’agevolazione contributiva, lo specifico motivo di doglianza che si assume assorbito sullo svolgimento, in concreto, di attività agricola, non risulta dedotto alcun vizio di omessa pronuncia sui motivi di appello e sulle questioni, già disputate in primo grado e ritualmente devolute alla Corte del gravame.

23. Il ricorso va, pertanto, respinto.

24. Le spese vengono regolate secondo la regola della soccombenza come da dispositivo; nulla spese in favore della parte rimasta intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017

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