Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29952 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 20/11/2018), n.29952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13106/2016 proposto da:

ANAS S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 185,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE VERSACE, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFAELE PELLEGRINO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

12/4, presso lo studio dell’avvocato FRANCO DI LORENZO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO CICCHELLA

e STEFANO CURCIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6885/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/11/2015, R.G.N. 5123/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FRANCO DI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 10.11.2015, la Corte di appello di Napoli respingeva il gravame proposto da F.R. avverso la decisione del Tribunale partenopeo, con la quale era stata accolta parzialmente (per un importo di Euro 24.534,01) la domanda proposta dal predetto, intesa alla corresponsione della somma di Euro 28.352,84 a titolo di quota percentuale dell’incentivo di cui alla L. L. n. 109 del 1994, art. 18, per il periodo dal 6.3.1994 al 31.5.2006.

2. Riteneva la Corte che la percentuale della somma intera da liquidare, pari all’1,5% dell’importo posto a base di gara, da determinare con criteri e modalità previsti dalla contrattazione collettiva decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, costituisse oggetto di un diritto non condizionato dalla contemporanea richiesta da parte di tutti i destinatari dell’incentivo e che era compito del datore di lavoro attivare la procedura per la liquidazione degli importi in modo da rispettare le varie quote di partecipazione nell’ambito della quota complessiva. Poneva richiamo alla L. n. 109 del 1994, art. 18, come modificata dalla L. n. 144 del 1999, entrata in vigore il 23.5.1999, ed all’art. 86 CCNL dell’ANAS 1994/1997, prevedente la costituzione di un fondo alimentato dalla quota prevista dalla legge.

3. Evidenziava che il c.c.n.l. affidava ad un’intesa tra Anas e OO.SS. firmatarie del contratto la determinazione delle quote di competenza dei componenti degli uffici tecnici e del coordinatore unico e che allo stesso modo il successivo c.c.n.l. 1998/2001 stabiliva la ripartizione del fondo, prevedendo l’obbligo di emanazione, da parte dell’ANAS, di un regolamento entro 60 gg. Faceva, poi, riferimento a Cass. 13384/2004, affermativa del diritto al risarcimento del danno per inottemperanza all’obbligo imposto dalla legge nel caso di assenza del regolamento ed alla sussistenza del diritto in relazione alla previsione di una condizione meramente potestativa, quale quella recante la previsione di emanazione del regolamento. Rilevava che l’ANAS, seppure in ritardo, in data 22.1.2001, aveva emanato detto regolamento per definire le quote percentuali ed il 16.10.2002 e che, in una relazione di sintesi, aveva definito le procedure applicative del regolamento, in cui erano analiticamente indicati gli importi da porre a base del compenso incentivante, sicchè non vi poteva essere dubbio sull’esistenza del diritto riconosciuto dalla stessa contrattazione collettiva.

4. Osservava che il F. aveva allegato vari progetti, la consegna dei lavori, la previsione dell’importo ed altri elementi, muniti di supporto probatorio documentale, rispetto ai quali l’ANAS aveva opposto contestazioni generiche.

5. Di tale decisione l’ANAS domanda la cassazione, affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati in memoria, cui resiste, con articolato controricorso, il F..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, si denunziano violazione e/o falsa applicazione della L. n. 104 del 1994, art. 18, siccome integrata dalla L. n. 127 del 1997 (Bassanini bis) e dalla L. n. 144 del 1999, nonchè dal regolamento attuativo del detto art. 18, reso con D.M. n. 505 del 1999 e con successivo regolamento ANAS del 22.1.2001, preceduto dalla determina dell’Autorità di vigilanza delle opere pubbliche n. 43 del 25.9.2000 e seguita dalle circolari ANAS 19.3 e 23.4.2004, nonchè del CCNL valevole per i dipendenti dell’azienda, vigente dal 1998 (artt. 85 e segg.), sia in relazione a ciascuna norma sopra indicata, che in relazione al combinato disposto di cui all’insieme di esse; violazione dell’art. 12 preleggi, sostenendosi che era controversa la lettura della normativa indicata, che non poteva essere interpretata come se il diritto del lavoratore all’incentivo spettasse sempre e comunque, indipendentemente dalle numerose condizioni previste e dalla esistenza di una progettazione, e non solo di una manutenzione ordinaria o straordinaria, come definito in successiva circolare ANAS. Si ritiene che, in mancanza di un procedimento amministrativo di accertamento, non possa sorgere il diritto di credito vantato e che la Corte del merito abbia attribuito uno sproporzionato rilievo alla pronuncia di questa Corte 13384/2004 che prevedeva, per il caso di inottemperanza all’emanazione di un regolamento, una responsabilità dell’Azienda generatrice del diritto al risarcimento del danno.

2. Con il secondo motivo, si lamentano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè dell’art. 2727 c.c. e degli artt. 112 e 277 c.p.c., nonchè motivazione omessa, ovvero solo apparente, in ogni caso illogica ed insufficiente, in relazione a punti decisivi della lite, osservandosi che la contestazione dell’ANAS vi era stata e che anche la qualificazione delle attività come attività progettuali non era rilevante, essendosi invertito l’onere probatorio laddove si era affermato che competeva all’ANAS la prova di una circostanza negativa (la “non sussistenza di un progetto”), ed essendo stato disatteso il principio della presunzione, in relazione alla ritenuta impossibilità di concepire opere quali quelle indicate dall’ appellato senza un preventivo progetto.

3. Preliminarmente, deve essere disatteso il rilievo del controricorrente riferito all’inammissibilità delle censure avanzate ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., n. 5, considerato che la previsione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, è applicabile, come previsto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012. Nella specie, l’appello è stato proposto con ricorso del 9.6.2011, quindi antecedentemente alla entrata in vigore della suddetta normativa.

4. Tanto precisato, il ricorso si rivela, comunque, infondato.

5. La L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18, nella sua originaria formulazione, prevedeva che, in sede di contrattazione collettiva decentrata, ai sensi del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, potesse essere individuata una quota non superiore per cento del costo preventivato di un’opera o di un lavoro, da destinare alla costituzione di un fondo interno e da ripartire tra il personale dell’ufficio tecnico dell’amministrazione aggiudicatrice, qualora esso avesse redatto direttamente il progetto esecutivo della medesima opera o lavoro. Occorreva quindi che la fase di progettazione fosse pervenuta alla redazione di un progetto di un’opera pubblica; che vi fosse un costo preventivato dell’opera; che fosse già stata aggiudicata l’esecuzione dei lavori. Veniva rinviata, poi, alla contrattazione collettiva decentrata la regolamentazione del trattamento retributivo.

La norma poneva, quindi, solo limiti legali all’intervento della contrattazione collettiva, cui era devoluto di prevedere e disciplinare (tra l’altro) gli incentivi alla progettazione come trattamento retributivo accessorio in favore del personale dell’ufficio tecnico delle pubbliche amministrazioni interessate alla realizzazione di opere pubbliche.

6. Successivamente, il D.L. 3 aprile 1995, n. 101, art. 6 (recante norme urgenti in materia di lavori pubblici), conv. dalla L. n. 216 del 1995, nell’introdurre criteri (legali) di ripartizione degli incentivi per la progettazione, ha fatto espressamente riferimento a progetti di cui fosse riscontrata l’utilità per la P.A..

7. La L. 11 febbraio 1994, n. 109, citato art. 18, comma 1, è poi stato sostituito dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 6, che ha previsto che 11 per cento del costo preventivato di un’opera o di un lavoro, ovvero il 50 per cento della tariffa professionale relativa a un atto di pianificazione generale, particolareggiata o esecutiva, sono destinati alla costituzione di un fondo interno da ripartire tra il personale degli uffici tecnici dell’amministrazione aggiudicatrice o titolare dell’atto di pianificazione, qualora essi abbiano redatto direttamente i progetti o i piani, il coordinatore unico di cui all’art. 7, il responsabile del procedimento e i loro collaboratori. Tale fondo è ripartito per ogni singola opera o atto di pianificazione, sulla base di un regolamento dell’amministrazione aggiudicatrice o titolare dell’atto di pianificazione. E’ previsto, dunque, un potere regolamentare dell’amministrazione pubblica, che è facoltizzata a disciplinare le risorse del fondo e quindi anche i presupposti dell’incentivo in esame, nel rispetto della richiamata normativa primaria.

8. La normativa in materia ha avuto uno sviluppo ulteriore con l’entrata in vigore della L. 17 maggio 1999, n. 144, il cui art. 13 ha, in particolare, integrato la regolamentazione della materia prevedendo che una somma non superiore all’1,5 per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra gli incaricati della redazione del progetto (in concorso con altri). La percentuale effettiva, nel limite massimo dell’1,5 percento, è stabilita dal regolamento suddetto in rapporto all’entità e alla complessità dell’opera da realizzare, ribadendosi il riconoscimento del potere regolamentare dell’Amministrazione pubblica.

9. Dal complesso contesto normativo si evince che il beneficio può essere attribuito se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e sia adottato l’atto regolamentare dell’amministrazione aggiudicatrice, volto alla precisazione dei criteri di dettaglio per la ripartizione delle risorse finanziarie confluite nell’apposito “fondo interno” e solo ove l’attività di progettazione sia arrivata in una fase avanzata, per essere intervenuta l’approvazione di un progetto esecutivo dell’opera da realizzare (cfr. Cass. 9.1.2018 n. 266, Cass. 5.6.2017 n. 13937, Cass. 27.5.2016 n. 11022, Cass. 4.7.2013 n. 16736, Cass. 12.4.2011 n. 8344).

10. Quanto ai profili in diritto affrontati in ricorso, deve ritenersi, alla luce della descritta regolamentazione normativa dell’istituto tempo per tempo vigente, che, avendo l’ANAS emanato, se pure in ritardo, il prescritto regolamento e, come ammesso in ricorso (pag. 23), predisposto anche la relazione di sintesi del 16.10.2002, che faceva seguito al regolamento del 22.1.2001, correttamente è stato ritenuto che non potesse essere sine die rinviata la liquidazione dell’incentivo in favore del F., nelle percentuali stabilite dalla legge e dal suo regolamento attuativo secondo il ruolo rivestito, per non avere la condizione opposta dalla società – che ha addotto la necessità di una liquidazione congiunta nei confronti di tutti i partecipanti alla singola opera – alcun fondamento normativo (nè nella norma primaria, nè nella disciplina contrattuale collettiva applicabile).

La imprescindibilità della presentazione della parcella contemporaneamente da parte di tutti coloro che abbiano partecipato a vario titolo alla redazione del progetto ed abbiano fatto parte dell’ufficio di direzione dei susseguenti lavori (condizione sulla quale si fonda la censura dell’ANAS) è esclusa da Cass. 11022/2016 cit., sul rilievo che sia necessaria solo la presentazione, ai fini della determinazione dell’incentivo, della relativa istanza al RUP, allo scopo di avviare il procedimento previsto dal regolamento da parte di ogni avente diritto. Dovendo aderirsi a tale corretta impostazione, la censura si rivela, pertanto, infondata, pur dovendo ritenersi irrilevante il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, ai principi affermati nella decisione di questa Corte n. 13384/2004. Quest’ultima riguardava un caso di inottemperanza all’emanazione di un regolamento, fonte di responsabilità dell’azienda e generatrice del diritto al risarcimento del danno, diversamente che nella fattispecie qui considerata in cui i criteri anche di dettaglio per la ripartizione tra i vari aventi diritto agli importi a titolo di compenso incentivante erano stati fissati in relazione alla partecipazione effettiva alle singole fasi dell’opera progettuale, ritenuta provata anche documentalmente dalla Corte del merito, con conseguente diritto dell’istante al riconoscimento del diritto azionato.

11. Infondato è il secondo motivo, essendo stato, contrariamente a quanto sostenuto dall’ANAS, correttamente applicato il principio di ripartizione dell’onere probatorio, laddove la Corte ha ritenuto che il F. abbia indicato i singoli lavori cui aveva partecipato ed il suo ruolo all’interno di essi e che l’Anas non abbia opposto contestazioni a riguardo, salvo che per contestare l’inerenza ad attività progettuale di quella riferita a manutenzione ordinaria e straordinaria. Al riguardo deve concordarsi con quanto affermato dal controricorrente, secondo cui l’espressa previsione normativa, con inclusione delle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, da parte del D.M. 17 marzo 2008, n. 84, non può considerarsi innovativa, perchè contenuta in una norma secondaria a fronte di una serie di norme primarie che non l’hanno mai escluse e perchè, in ogni caso, le norme del c.c.n.l. non escludono l’attività di manutenzione ordinaria, se vi sia stata anche un’attività progettuale.

12. Peraltro, l’onere probatorio sorge solo nella misura in cui si sia in presenza di fatti specificamente contestati, il che non è avvenuto nel caso considerato, non avendo l’ANAS riportato i termini della dedotta analitica contestazione. La decisione è anche conforme ai principi affermati da questa Corte secondo cui l’onere di contestazione concerne le sole allegazioni in punto di fatto della controparte e non anche i documenti da essa prodotti, nè la loro valenza probatoria, la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice (cfr. Cass. 21.6.2016 n. 12748).

13. Nella specie le allegazioni del ricorrente non sono state contestate, come si evince dalla decisione della Corte di Napoli, e tanto è sufficiente per ritenere corretto l’iter argomentativo fondato su tale valutazione, conforme ai principi richiamati. Peraltro, in virtù del principio di autosufficienza (specificità), il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova (cfr. Cass. 13/10/2016 n. 20637).

E’ principio pacifico quello secondo il convenuto è tenuto a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata a negare genericamente la “sussistenza dei presupposti di legge” per l’accoglimento della domanda attorea, senza elevare alcuna contestazione chiara e specifica (cfr. Cass. 6.10.2015 n. 19896; v. anche Cass. 19.10.2016 n. 21075, secondo cui l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del “thema decidendum” opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicchè, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte).

14. Nel caso considerato i fatti sono stati ritenuti allegati in modo analitico, e peraltro, per quanto detto, i documenti non potevano essere oggetto di contestazione. La relativa valutazione è infatti riservata al giudice del merito, che ne ha individuato il contenuto, qualificandolo come espressione di attività progettuale o comunque tale da presupporre per la loro complessità una preventiva attività di tale tipo.

15. Spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo. (cfr., tra le altre, Cass. 2.4.2009 n. 8023, Cass. 21.10.2003 n. 15735). La ricorrente, a fronte di quanto affermato dal giudice del gravame in ordine ad un’ accertata indicazione da parte dell’appellato di opere che non potevano ragionevolmente essere effettuate senza un preventivo progetto, ha omesso di riportare le allegazioni del F. riferite alle specifiche opere per le quali era richiesto il compenso.

16. L’accertamento favorevole al controricorrente sul merito della domanda si sottrae, poi, a qualsiasi sindacato anche perchè non risulta neppure correttamente impugnato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), applicabile ratione temporis, secondo l’interpretazione fornitane da Cass. s.u. 8053/2014, il quale postula l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e non l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, secondo il contenuto della censura formulata in ricorso.

17. Vanno, infine, disattesi i rilievi formulati dalla ricorrente in relazione ad una asserita sovrapponibilità della fattispecie esaminata a quella scrutinata da Cass. 11022/2016, relativa ad un’ipotesi di rigetto da parte della Corte del merito della domanda avanzata per il riconoscimento del diritto al compenso incentivante, con riguardo alla quale era stato ritenuto che la Corte territoriale aveva accertato, senza violare alcun principio di legge in materia di non contestazione, che il compimento di attività di progettazione rappresentasse una circostanza negata dall’ANAS, che aveva anzi eccepito che gli incarichi dell’appellante fossero correlati ad una mera attività di manutenzione. Nella sentenza richiamata questa Corte si era pronunciata nell’ambito di un procedimento a parti invertite rispetto a quello in esame ed in cui, diversamente che in quest’ultimo, il giudice d’appello aveva affermato “che da nessuna delle prove prodotte si evincesse che l’Ing. S. avesse svolto attività di progettazione ed in relazione a quale opera”.

18. Alle svolte considerazioni consegue il rigetto del ricorso dell’ANAS s.p.a..

19. Le spese del presente giudizio di legittimità sono poste a carico della ricorrente in base alla regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con attribuzione ai difensori dichiaratisi antistatari.

20. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, con attribuzione agli avv.ti Gianfranco Cicchella, Stefano Curcio e Franco Di Lorenzo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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