Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29951 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 19/11/2019), n.29951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13513-2018 proposto da:

U.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE

11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUIGI MORRONE;

– ricorrente –

contro

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVESTRI, 195,

presso lo studio dell’avvocato GENNARO IMPARATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE GUSCIMA’;

– controricorrente –

e contro

D.P.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 531/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera partecipata del

20/06/2019 dal Consigliere GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione dell’8 ottobre 2008, L.R. evocava in giudizio U.V. e D.P.G., davanti al Tribunale di Crotone per sentir dichiarare inefficace l’atto di donazione del 30 giugno 2008 con il quale la U. aveva trasferito alla figlia alcuni beni sottraendoli alla garanzia patrimoniale funzionale al credito, pari alla somma di Euro 28.500 circa, riconosciuto con sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 224 del 2008. Chiedeva, altresì, la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, eventualmente ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;

si costituiva in giudizio U.V. resistendo alla domanda deducendo che permanevano le garanzie patrimoniali idonee a coprire il credito azionato. Si costituiva, altresì, D.P.G. ribadendo l’assunto della madre ed eccependo la propria buona fede nell’accettazione della donazione oggetto di causa;

il Tribunale di Crotone con sentenza dell’8 luglio 2010 accoglieva la domanda;

avverso tale decisione proponeva appello, in data 5 luglio 2011, U.V. lamentando l’erroneità della sentenza e chiedendone la riforma. In particolare, contestava la sussistenza delle condizioni di operatività dell’art. 2901 c.c., e lamentava la errata distribuzione dell’onere probatorio sulla sufficienza della garanzia patrimoniale rispetto alle pretese creditorie di De.Le.Ra.. Quest’ultimo si costituiva insistendo per il rigetto della impugnazione, mentre D.P.G. restava contumace;

la Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza del 22 marzo 2017 rigettava l’impugnazione rilevando che il credito, benchè litigioso, risultava dagli atti e che trattandosi di atto a titolo gratuito non era necessario che il pregiudizio fosse conosciuto anche dal terzo beneficiario, mentre, come rilevato dal Tribunale, era sufficiente che il trasferimento dei beni avesse reso maggiormente difficoltosa l’esecuzione coattiva del credito e ciò, a fronte di una indimostrata esistenza di ulteriori beni immobili oggetto di eccezione dei convenuti;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione U.V. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso L.R..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione di artt. 2696 e 2728 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo la sentenza impugnata sostiene parte ricorrente – vi sarebbe una sorta di presunzione legale di danno con riferimento al trasferimento dei beni che determinino una diminuzione patrimoniale in capo al debitore. Al contrario gravava sul creditore dimostrare il pregiudizio derivante alle proprie ragioni a causa dell’atto ritenuto inefficace;

con il secondo motivo si lamenta la violazione l’art. 116 c.p.c., ai sensi art. 360 c.p.c., n. 3, rilevando che solo in sede di appello controparte avrebbe contestato l’esistenza di beni idonei a garantire il credito, per cui la odierna ricorrente era esonerata dall’onere di provare un fatto non contestato;

con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2696 c.c., e art. 191 c.p.c., ai sensi art. 360 c.p.c., n. 3. Il giudice del merito avrebbe dovuto dare corso alla richiesta di consulenza tecnica al fine di appurare i fatti che l’apporto del consulente avrebbe consentito di dimostrare;

il ricorso è inammissibile perchè i motivi non sono specifici e comunque ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, perchè la decisione si fonda su giurisprudenza consolidata;

quanto al primo profilo, parte ricorrente si limita ad introdurre un proprio ragionamento teso a dimostrare la legittimità del proprio operato, prospettando una ricostruzione alternativa rispetto a quella fatta propria dai giudici di merito, senza censurare le argomentazioni giuridiche e logiche della Corte territoriale. Pertanto, difetta la enucleazione di censure al ragionamento del giudice di appello e, conseguentemente, la introduzione di argomentazioni tendenti a fondare la propria prospettazione. Per il resto si tratta di deduzioni già enucleate in sede di appello e confutate dalla Corte territoriale;

oltre a ciò, quanto al primo motivo, al di là del riferimento inesatto all’art. 2696 c.c., la doglianza non è specifica, non contenendo una censura sull’onere della prova, che è stato correttamente osservato dalla Corte territoriale (Cass. n. 12183 – 2016);

va ribadito a riguardo che il principio di necessaria specificità del motivo di ricorso per cassazione impone di evocare nella illustrazione sotto quale profilo le norme indicate sarebbero state violate (il principio è consolidato in giurisprudenza: Cass. n. 4741 del 2005, ribadito da Cass. S.U. n. 7074 del 2017);

quanto al secondo profilo (art. 360 bis c.p.c.), costituisce principio pacifico quello secondo cui il debitore evocato in giudizio in sede revocatoria, al fine di tutelare la validità del proprio atto di trasferimento immobiliare, è onerato di dimostrare l’esistenza di ulteriori beni o redditi sui quali il creditore potrebbe realizzare le proprie ragioni, senza particolare difficoltà. La Corte d’Appello ha richiamato correttamente l’orientamento secondo cui ai fini dell’azione revocatoria ordinaria il profilo dell’eventus danni è integrato dalla maggiore difficoltà o incertezza nell’esazione coattiva del credito a causa dell’atto di disposizione e tale presupposto può consistere in una variazione, non solo quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio del debitore. A fronte di ciò quest’ultimo deve dimostrare che, nonostante l’atto di trasferimento, il patrimonio ha conservato caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore;

riguardo al secondo motivo, la censura ai sensi dell’art. 115 c.p.c., è dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo parte ricorrente allegato o trascritto o localizzato gli atti di controparte contenenti la non contestazione;

la censura oggetto del terzo motivo non è decisiva, essendo sufficiente la maggiore difficoltà nella esazione del credito per quanto già detto;

la inammissibilità del ricorso rende irrilevante la mancata produzione dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica indirizzata all’intimata D.P.;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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