Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29950 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 26/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 05703/2019 proposto da:

D.B., rappresentato e difesa dall’avvocato

C.M., e dall’avvocato Barbato Rocco, elettivamente domiciliato

presso lo studio di quest’ultimo in Benevento, Via Nicola Sala, n.

29;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro p.t.;

– resistente –

nonchè contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale di Bari, Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1394/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 02/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2020 da Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

 

Fatto

FATTI IN CAUSA

D.B., nato in (OMISSIS), ha proposto ricorso innanzi al tribunale di Trieste avverso la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte della Commissione territoriale.

Il tribunale ha rigettato la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, sussidiaria e umanitaria.

La Corte di appello, respingendo l’impugnazione proposta dallo D.B., ha escluso la fondatezza delle censure proposte osservando che: a) rispetto al racconto del richiedente – il quale aveva riferito di essersi allontanato dal (OMISSIS) a causa della malattia della madre che era divenuta pazza – era apparso non credibile, nè in ogni caso integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e o per quella sussidiaria, emergendo comunque da fonti internazionali-articolo UNHCR- che il sud del (OMISSIS) non era interessato da situazioni tali da giustificare una situazione di pericolo per la popolazione. Nemmeno poi ricorrevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il D.B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, non avendo il ricorrente impugnato il capo di sentenza del tribunale di Bari che, in parziale accoglimento delle domande proposte, aveva riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Con il secondo motivo si prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 8 nonchè artt. 112,115 e 116 c.p.c., deducendo l’erroneità del provvedimento impugnato nella parte in cui aveva escluso lo status di rifugiato, risultando il racconto credibile, nè avendo la Corte di appello indagato sulla situazione del paese di origine e su quella dei Paesi di transito – Algeria e Libia -. Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art.- 8 prospettando la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che, per un verso, avrebbe riconosciuto all’interno del (OMISSIS) una situazione precaria e, per altro verso, avrebbe rigettato la domanda di protezione sussidiaria, non essendo nemmeno necessaria la prova specifica che la minaccia di grave danno in dipendenza della situazione del paese sia riferibile specificamente al richiedente. Secondo il ricorrente la Corte di appello non avrebbe nemmeno acquisito informazioni sui paesi di transito ove il richiedente si era fermato dopo avere lasciato il (OMISSIS).

Con il quarto motivo si deduce la violazione del D.L. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 345. La Corte di appello avrebbe tralasciato di esaminare i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il primo motivo è fondato, risultando evidente il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, nella parte in cui il giudice di appello ha respinto domanda di protezione umanitaria invece accolta dal tribunale di Bari.

Il secondo motivo è infondato. A fronte di una valutazione in termini di non credibilità del racconto operata dal giudice di appello non poteva che conseguire il rigetto del ricorso.

Ed invero, questa Corte (Cass. 20 novembre 2018, n. 33096, Cass.n. 20580/2019) ha ritenuto che la non credibilità del ricorrente costituisce ratio decidendi suscettibile di giustificare il rigetto della domanda di protezione internazionale (v. Cass. n. 21668 del 2015), poichè tale domanda, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 implica che alla base vi sia un racconto circostanziato e credibile.

Inoltre, si è ritenuto che la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente, da svolgersi alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, deve essere fatta sempre previamente, alla luce della non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione dedotta, oltre che alla luce dell’attendibilità intrinseca di quelle dichiarazioni; donde postula che i fatti allegati abbiano infine carattere di precisione e concordanza (Cass. n. 14157-16), dovendo l’accertamento del giudice di merito avere innanzitutto ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, e qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Orbene, sulla base dei principi giurisprudenziali sopra esposti, la censura proposta dal ricorrente non coglie nel segno, essendosi la Corte di appello fatta carico di identificare con precisione gli elementi che rendevano il racconto generici, inverosimili e contraddittori, riportando alcuni brani del resoconto reso innanzi alla Commissione territoriale e comunque rilevando che da tale racconto non emergevano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale o sussidiaria in relazione alle ragioni che avrebbero indotto il richiedente ad allontanarsi dal (OMISSIS), fra le quali non vi era stato il timore imminente di essere perseguitato.

La Corte di appello, inoltre, ha escluso l’esistenza delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per l’ottenimento della protezione sussidiaria, sulla scorta di fonti informative internazionali specificamente indicate ed analiticamente esaminate.

La doglianza che il ricorrente prospetta circa la mancata verifica – da compiere ex officio – in ordine alla situazione dei paesi di transito risulta privo di specificità, in quanto il ricorrente non riferisce di avere allegato nella domanda circostanze specifiche relative alla permanenza nei Paesi di transito, sicchè neppure può ritenersi sorto in capo alla Commissione e poi al Tribunale l’obbligo di acquisire informazioni (Cass.n. 25560/2020, Cass. 02/07/2020, n. 13565; Cass. 03/02/2020, n. 2355). Nè il ricorrente ha evidenziato quale connessione vi sia tra il transito attraverso Libia e Algeria ed il contenuto della domanda (Cass. n. 31676/2018), posto che questa si fonda sul rischio di rimpatrio in (OMISSIS) in ragione della minaccia terroristica in quel paese.

Il terzo motivo è inammissibile, essendosi stato il vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza espunto dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè per altro verso reputandosi esistenti i dedotti vizi in ordine alla scorretta applicazione della disciplina in tema di protezione sussidiaria, se solo si consideri che il giudice di appello ha escluso l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato all’interno della regioni del sud del (OMISSIS), valendo quanto al riferimento ai paesi di transito le considerazioni già espresse a proposito del secondo motivo di ricorso.

Il quarto motivo di ricorso è assorbito in relazione all’accoglimento del primo motivo. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, inammissibili il secondo ed il terzo, assorbito il quarto, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio limitatamente alla esclusione del diritto alla protezione umanitaria in favore del ricorrente già riconosciuta dal Tribunale di Bari, confermando nel resto la sentenza impugnata anche in ordine al regime delle spese del giudizio di appello, che ha visto la soccombenza del ricorrente sui motivi dallo stesso formulati.

L’esito complessivo del giudizio di legittimità impone di lasciare integralmente a carico del ricorrente le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, disatteso il secondo ed il terzo, assorbito il quarto, cassa la sentenza della Corte di Appello di Bari senza rinvio limitatamente alla esclusione del diritto alla protezione umanitaria in favore del ricorrente già riconosciuta dal Tribunale di Bari. Dichiara irripetibili le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA