Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29950 del 13/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/12/2017, (ud. 10/05/2017, dep.13/12/2017),  n. 29950

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 383/09, resa tra il Sindacato Giornalisti Marchigiano (SIGIM) e la Corriere Adriatico s.p.a., il Tribunale di Ancona confermava il decreto di rigetto del ricorso del sindacato diretto alla repressione della condotta antisindacale individuata nella errata applicazione della cd. settimana corta contenuta nel c.c.n.l. giornalisti. La decisione si fondava essenzialmente sulla considerazione che la situazione giuridica dedotta in lite (mancato riconoscimento ai giornalisti della giornata di riposo infrasettimanale per non aver lavorato l’intero orario settimanale a seguito di astensione collettiva dal lavoro), configurata come lesione del diritto alla ulteriore giornata di riposo (fermo quello in coincidenza naturale con la domenica) che, secondo la datrice di lavoro maturava soltanto in conseguenza della osservanza dell’orario di lavoro settimanale, articolato su cinque giornate (ciascuna per 7 ore e 12 minuti, mentre la sesta era a zero ore), ancorchè opinabile non appariva incompatibile con nessuna delle due tesi, di cui quella datoriale risultava preferibile, siccome coerente con la comune intenzione delle parti di apportare una innovazione “a costo zero” per la datrice di lavoro.

Avverso tale sentenza il Sindacato proponeva appello. Resisteva la società.

Con sentenza depositata il 3.6.2011, la Corte d’appello di Ancona rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il sindacato SIGIM, affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria.

Resiste la società con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato affidato ad unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione agli artt. 2119 e 2697 c.c., nonchè alla L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 5, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), oltre all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che il diritto al riposo compensativo matura in base ai giorni effettivamente lavorati dal giornalista, sicchè non fornendo per un giorno (per sciopero, malattia o permesso sindacale) la prestazione lavorativa, non ha diritto a tale riposo compensativo.

Si duole che la settimana corta non matura in ragione della prestazione lavorativa resa, ma è una giornata, comunque retribuita (pag. 17 ricorso), in cui la prestazione lavorativa non è esigibile, sicchè se tra i cinque giorni lavorativi vi è una sospensione tutelata del rapporto (per sciopero, malattia o altro) il giornalista deve comunque godere di tale riposo compensativo.

Il motivo è infondato.

Premesso che può ritenersi sussistente l’antisindacalità del comportamento in base all’oggettiva idoneità della condotta datoriale a ledere interessi sindacali (come nella specie in cui viene riservato agli scioperanti un trattamento economico deteriore), osserva la Corte che, in generale, la giornata di riposo compensativo connesso alla cd. settimana corta deriva dall’esigenza di compensare il minor riposo giornaliero derivante dal turno di lavoro su cinque giorni, con aggravio della prestazione oraria giornaliera nei cinque giorni precedenti (ex multis, Cass. n. 10730/04, n. 9853/04, n. 3570/04).

Laddove tuttavia vi sia, per sciopero o altra causa tutelata, anche costituzionalmente (es. malattia del lavoratore), una sospensione legittima del rapporto, tale mancata prestazione lavorativa non può incidere sulla disciplina dei riposi, connessi all’esistenza del rapporto lavorativo, cfr., in materia di ferie, Cass. SU n.14020/01.

Deve tuttavia considerarsi in primo luogo che il caso di specie non riguarda il diritto al riposo (settimanale) costituzionalmente tutelato, ma solo la richiesta di non lavorare egualmente il sesto giorno, giornata lavorativa a zero ore, e solo impropriamente denominata riposo compensativo (comunque aggiuntivo e non oggetto di tutela costituzionale). In secondo luogo deve considerarsi che, come si evince dalla nota del comitato di redazione del 9.11.07 (riprodotta a pag. 4 dell’odierno ricorso), nella specie l’azienda non trattenne agli scioperanti l’intera retribuzione giornaliera (7h e 12′), bensì la sola retribuzione (non dovuta per sciopero) di 6 ore connessa all’orario di 36 ore su sei giorni; nella nota in questione infatti si lamenta che “considerati i 17 giorni di sciopero fatti nel 2006, ci risulta un totale di 3,4 giornate lavorative trattenute ad ogni persona”. In sostanza l’azienda trattenne (o non valutò per i fini in questione) solo 1h e 12′ di lavoro (non svolto), come deriva dal calcolo 1h e 12′ moltiplicato per 17 (giorni di sciopero), diviso 6 (l’orario teorico giornaliero senza settimana corta), con conseguente trattenuta di retribuzione pari esattamente a 3,4 giornate lavorative.

Non sussiste dunque alcun comportamento antisindacale, diretto in sostanza a disincentivare l’attività sindacale, ma la corretta applicazione dei principi in tema di sciopero e della disciplina contrattuale collettiva in tema di riparto dell’orario di lavoro (e della connessa retribuzione).

In questa ottica anche la corte di merito ha evidenziato che in base all’art. 7, comma 11, c.c.n.l.g. la retribuzione giornaliera si ottiene considerando sei giornate lavorative a settimana e cioè la retribuzione giornaliera rapportata a quella mensile diviso per 26 e poi divisa per 6. In sostanza la controricorrente non ha fatto altro che applicare i principi sull’orario di lavoro previsti dal contratto collettivo.

2. – Il ricorso principale deve dunque rigettarsi, restando così assorbito quello incidentale, esplicitamente condizionato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017

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