Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2995 del 07/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 07/02/2011), n.2995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GORI GIORGIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

VI.SCO.FIL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo

studio dell’avvocato CARELLO CESARE ROMANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BOLOGNI VITTORIO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1385/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/10/2005 R.G.N. 2041/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato CAMICI GIAMMARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da G.S. avente ad oggetto la condanna della societa’ in epigrafe al pagamento della somma di L. 14.524.516 quale provvigione per aver promosso, in qualita’ di agente, l’acquisto di filato per il prezzo complessivo di L. 254.816.000.

La predetta Corte, escluso che l’attivita’ svolta dal G. potesse essere ricondotta nell’ambito di un contratto di agenzia, trattandosi, piuttosto, di mediazione, riteneva, ex art. 2950 c.c., prescritto il diritto al pagamento della provvigione per essersi questo maturato nell’anno 1988, ovvero nel primo mese dell’anno 1989, mentre il primo atto interruttivo risaliva al 30 luglio 1990 ovvero al 31 agosto 1990.

Avverso tale sentenza il G. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la societa’ intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura il G., deduce omessa pronuncia sull’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello proposto dalla societa’ in relazione alla mancata specificazione dei motivi.

La censura e’ infondata.

Invero, secondo giurisprudenza di questa Corte, condivisa pienamente dal Collegio, non e’ configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullita’ (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise – sia pure con una pronuncia implicita della loro irrilevanza o di infondatezza – in quanto superate e travolte, anche se non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico – giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza; peraltro, il mancato esame da parte del giudice, sollecitazione dalla parte, di una questione puramente processuale, come nella specie, non puo’ dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale e’ configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non puo’ assurgere quindi a causa autonoma di nullita’ della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullita’ (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte. (V. per tutte Cass. 21 novembre 2001 n. 14670, Cass. 24 giugno 2005 n. 13649 – questa con riferimento specifico proprio alla deduzione dell’inammissibilita’ dell’appello in quanto privo di specifici motivi- e Cass. 19 maggio 2006 n. 11844).

Nel caso in esame la Corte di Appello nell’esaminare e nel valutare nel merito le ragioni poste a base dell’impugnazione, ha, appunto, implicitamente ritenuto infondata l’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello per difetto di specificita’ dei motivi formulata dall’appellato.

Conseguentemente, alla luce del principio sopra richiamato, il motivo in esame e’ infondato.

Peraltro, e vale la pena di rimarcarlo, la Corte territoriale nello svolgimento del processo da conto degli specifici motivi d’impugnazione elaborati dall’appellante e tra questi la riproposizione dell’eccezione di prescrizione.

Con il secondo motivo il G., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2950, 1755 e 2735 c.c.. Assume il ricorrente che erroneamente la Corte del merito: non ha considerato che la prima operazione di natura economica generatrice del rapporto obbligatorio e’ stata la emissione della fattura del (OMISSIS) a cura della ditta venditrice; ha mal valutato le dichiarazioni rese nel giudizio di primo grado; non ha considerato ai fini interruttivi la consegna del documento riepilogativo recante la data del 30/5/90.

La censura e’ infondata.

Infatti, e’ principio affermato da questa Corte, cui il Collegio intende dare continuita’ giuridica, che la valutazione dell’idoneita’ di un atto ad interrompere la prescrizione – quando non si tratti degli atti previsti espressamente e specificamente dalla legge come idonei all’effetto interruttivo, quali quelli indicati nei primi due commi dell’art. 2943 cod. civ. costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimita’, se immune da vizi logici o da errori giuridici (Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, Cass. 27 giugno 2002 n. 9378 e Cass. 18 settembre 2007 n. 19359).

Nella specie essendo dedotta la sola violazione di legge l’accertamento condotto al riguardo dal giudice del merito rimane intangibile.

D’altro canto il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non trascrive il testo del documento riepilogativo recante la data del 30/5/90 sicche’ e’ impedita qualsiasi valutazione della prospettata efficacia interruttiva di siffatto documento e, quindi, della decisivita’ della mancata considerazione da parte della Corte di Appello dello stesso.

Da ultimo, devesi ulteriormente rilevare che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.);

viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. La differenza tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 15499/04, 16312/05, 10127/06 e 4178/07).

Nella specie ricorre proprio quest’ultima fattispecie in quanto la dedotta violazione di legge e’, appunto, mediata dalla contestata valutazione dei fatti di causa e, quindi, la censura in esame e’ sotto tale aspetto, altresi’ inammissibile. Il ricorso di conseguenza va respinto.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 18,00 per esborsi, oltre Euro 2.500,00 per onorario ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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