Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29948 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8959/2019 proposto da:

B.J., elettivamente domiciliato in Milano, Via Lamarmora n.

42, presso l’avv. Giacinto Corace, che lo rappresenta per procura in

calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4877/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO

– che la Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 13 novembre 2018, ha confermato il provvedimento di primo grado di rigetto della domanda del ricorrente, cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria;

– che la corte territoriale ha: i) posto radicalmente in dubbio la credibilità stessa del richiedente, per le successive contrastanti versioni dei fatti dal medesimo rese e per l’esistenza di solidi elementi in contrario (lontananza storica dei fatti narrati, rilascio del passaporto da parte del (OMISSIS) senza problemi); ii) escluso l’esistenza di un effettivo ed attuale pericolo che il ricorrente, in caso di rimpatrio, possa subire un danno grave alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 a causa dell’episodio narrato; iii) specificato come nel (OMISSIS), in particolare per la regione di Casamance di provenienza, non si configura una situazione di minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto interno od internazionale, ai sensi della lett. “c” della predetta disposizione, sulla base del rapporto COI, approfonditamente esaminato; iv) escluso l’esistenza dei presupposti della protezione umanitaria, non essendo stati neppure dedotti profili di particolare vulnerabilità del richiedente, di anni 25 e con molti fratelli in loco, mentre nessun elemento è fornito circa l’integrazione in Italia, neppure quanto all’asserita attività di falegname una volta ottenuto il permesso, come meramente allegato dal difensore, o alla puramente dedotta attività in una squadra di calcio;

– che avverso questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione per quattro motivi;

– che il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO

– che il primo motivo deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5 e 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 Cedu, oltre ad omesso esame di fatti decisivi, in quanto la corte territoriale avrebbe omesso l’esame dei fatti dallo stesso dedotti e ritenuto erroneamente non credibile il suo racconto: in particolare, si duole che non siano state riconosciute le condizioni per il riconoscimento dello stato di rifugiato;

– che esso è inammissibile, in quanto non coglie neppure il decisum della sentenza impugnata, che non ha trattato dello status di rifugiato, estraneo al thema decidendum, vertendo l’appello solo sulla protezione sussidiaria e umanitaria; dunque, il ricorrente, nel formulare le proprie censure, richiama passaggi argomentativi che non appartengono neppure alla sentenza impugnata;

– che il secondo motivo deduce la violazione dei parametri relativi alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedenti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), con violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, dal momento che la versione del richiedente era perfettamente credibile;

– che esso è inammissibile, posto che il giudice del merito – con argomentazione approfondita, la quale fa perno su profili cronologici e contraddittorietà del racconto – non ha ritenuto il racconto verosimile, confermando le valutazioni della Commissione e del Tribunale: e, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a) essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340, fra le molte): e la corte d’appello – come già prima la commissione ed il tribunale – ha esaminato le dichiarazioni del richiedente, con proprio accertamento insindacabile in fatto, ed ha motivato largamente le ragioni per cui esse sono inattendibili ed inaffidabili;

– che, dunque, col primo motivo il ricorrente a null’altro mira che a riprodurre – inammissibilmente – il giudizio sul fatto;

– che il terzo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 Cedu, oltre ad omesso esame, in quanto la corte non avrebbe considerato la grave e persistente situazione del (OMISSIS), la cui crescita economica non è elemento rilevante, in quanto i diritti fondamentali sono ivi compressi;

– che il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, nonchè la motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e l’omesso esame di fatti decisivi, in quanto i documenti prodotti dimostrerebbero la piena integrazione in Italia, avendo egli dimostrato di essersi inserito nel “tessuto sociale”;

– che entrambi tali i motivi sono inammissibili, in quanto la corte del merito ha approfonditamente esaminato la situazione del paese di origine sulla base di fonti aggiornate ed esaurienti, ed ha in punto di fatto escluso sia il danno grave ai sensi decenne norme invocate, sia i presupposti stessi, in punto di allegazioni, della protezione umanitaria, con riguardo ad una particolare situazione di vulnerabilità del richiedente, neppure dedotta;

– che, in sostanza, il ricorrente a null’altro mira che a riprodurre inammissibilmente – ancora il giudizio sul fatto;

– che non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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