Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29947 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7463/2019 proposto da:

H.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Panama, 86,

presso lo studio dell’avvocato Melucco Andrea, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Raimondi Sonia;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 2208/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO

– che è proposto ricorso, sulla base di cinque motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 29 agosto 2018, n. 2208, la quale ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale della stessa città, a sua volta reiettivo del ricorso proposto contro il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente commissione territoriale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che è vi è memoria del ricorrente.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi lamentano:

1) nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 o 132 c.p.c., per non avere la corte territoriale adeguatamente motivato circa la protezione umanitaria;

2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 8 Cedu, oltre a motivazione omessa su punto decisivo, per non avere il giudice esaminato i documenti prodotti dal richiedente sul suo percorso di inserimento ed il pericolo oggettivo che lo riguarda, ai fini della protezione umanitaria;

3) nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 o 132 c.p.c., per non avere la corte territoriale adeguatamente motivato circa la credibilità del ricorrente;

4) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 per non avere il giudice adeguatamente valutato la credibilità del richiedente, senza cooperazione istruttoria;

5) violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 avendo revocato il beneficio del patrocinio a spese dello Stato;

– che, con riguardo alle censure proposte, il giudice del merito con argomentazione approfondita, la quale fa perno su profili cronologici e contraddittorietà del racconto – non ha ritenuto il medesimo credibile: e, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a) essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340, fra le molte): e la corte d’appello – come già prima la commissione ed il tribunale – ha esaminato le dichiarazioni del richiedente, con proprio accertamento insindacabile in fatto, ed ha motivato largamente le ragioni per cui esse sono completamente inattendibili ed inaffidabili;

– che, dunque, col primo motivo il ricorrente a null’altro mira che a riprodurre – inammissibilmente – il giudizio sul fatto;

– che anche i motivi dal secondo al quarto si palesano inammissibili, atteso che il ricorrente non ha neppure allegato ragioni personali di vulnerabilità;

– che, in particolare, quanto alla protezione umanitaria, il ricorrente non riferisce, se non genericamente, di aver dedotto nel giudizio di appello ragioni di protezione umanitaria che valorizza ora con il ricorso: la sentenza impugnata, invero, non vi fa cenno e sarebbe stato onere dell’appellante dedurle specificamente in quel grado del giudizio;

– che il quinto motivo è inammissibile, perchè (cfr. Cass. 18 novembre 2019, n. 29877; 11 dicembre 2018, n. 32028; 8 febbraio 2018, n. 3028; n. 29228 del 2017) “In tema di patrocinio a spese dello stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”;

– che non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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