Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29946 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 19/11/2019), n.29946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22972-2017 proposto da:

P.I.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI,

121, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE VETERE, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ASL TOSCANA (OMISSIS), in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRENTA 2-A, presso lo studio

dell’avvocato ISABELLA MARIA STOPPANI, rappresentata e difesa dagli

avvocati VINCENZA LIGUORI, LUCIANO CHIARINI;

– controricorrente –

contro

ASSIMOCO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 278,

presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA” E DELLA RICERCA

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

INTER PARTNER ASSISTANCE S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 994/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 15 febbraio 2011, P.S. ed G.A., al tempo nella qualità di genitori della minore P.I.M., evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Genova, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonchè la Asl n. (OMISSIS) di Massa Carrara deducendo che la minore, iscritta presso l’istituto scolastico (OMISSIS), in data 1 aprile 2009, durante un viaggio di istruzione era rimasta vittima di un grave incidente. In particolare, alle ore le 6:30 mentre si trovava nella propria camera del complesso alberghiero denominato Park Hotel aveva accusato un malore a causa del quale era stata immediatamente trasportata presso il pronto soccorso, mediante l’ausilio del servizio “118”; giunta presso il nosocomio era stata adagiata su una barella in attesa di essere sottoposta a visita neurologica. Mentre si trovava distesa sulla barella, accompagnata da un’ausiliaria dell’azienda sanitaria e da uno dei propri insegnanti, la minore aveva manifestato un ulteriore malore, cadendo rovinosamente per terra, riportando un trauma cranio facciale. A seguito degli accertamenti clinici era stata dimessa con la diagnosi “crisi epilettica… trauma cranio facciale”. Alla luce di ciò deduceva la responsabilità dei convenuti per omessa vigilanza e adozione delle soluzioni idonee ad evitare il danno;

si costituiva il MIUR formulando eccezioni preliminari e deducendo l’infondatezza della domanda e chiedendo di essere garantito dalla compagnia Inter Partner Assistance. Si costituiva, altresì la ASL di Massa Carrara chiedendo di chiamare in causa l’assicuratore Assimoco S.p.A. Si costituivano gli assicuratori ed Assimoco eccepiva l’inoperatività della polizza e nel merito l’insussistenza della responsabilità dell’azienda ospedaliera. L’altro assicuratore contestava nel merito la fondatezza della pretesa attesa la condotta responsabile di tutti gli insegnanti;

il Tribunale di Genova, con sentenza del 24 gennaio 2014, rigettava le domande;

avverso tale decisione proponeva appello con atto del 14 marzo 2014 P.I.M., nelle more divenuta maggiorenne, deducendo il malgoverno delle risultanze istruttorie acquisite e la non corretta applicazione degli artt. 1218 e 2048 c.c., trattandosi di incidente avvenuto durante una gita scolastica nella quale l’obbligo di custodia e vigilanza sugli alunni doveva ritenersi ancora più ampio. Deduceva che l’insegnante che aveva accompagnato la minore in ospedale non aveva accertato che i sanitari adottassero ogni più opportuna cautela per evitare la caduta. Inoltre, il primo giudice non si era pronunziato sull’eccezione di nullità della procura apposta in calce all’atto di costituzione dell’assicuratore del Ministero. In ogni caso sarebbe sussistita una responsabilità dell’azienda per avere collocato la minore su una barella priva di spondine. Si costituivano separatamente il Ministero e l’azienda ospedaliera, chiedendo il rigetto dell’impugnazione e, in via subordinata, la condanna degli assicuratori rispettivi. Si costituivano quest’ultimi insistendo per il rigetto dell’impugnazione e, in via subordinata, per il rigetto o l’accoglimento parziale delle domande di garanzia;

la Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 20 luglio 2017, rigettava l’appello ritenendo tutt’altro che convincenti le argomentazioni tese a formulare un giudizio di responsabilità sull’insegnante che avrebbe dovuto coordinare e controllare il personale sanitario all’interno dell’ospedale, per verificare l’adozione di mezzi di contenzione idonei ad evitare una seconda crisi epilettica, nonostante l’inesistenza di precedenti episodi nella vita dell’infortunata. Sotto tale profilo sull’accompagnatore della persona affidata alle cure dei sanitari in un nosocomio non gravava alcun obbligo di vigilanza o supervisione in assenza, peraltro, di cognizioni mediche e infermieristiche. Analogamente, riguardo alla posizione dell’azienda sanitaria, non era prevedibile l’ipotesi di una seconda crisi e l’adozione di misure più restrittive risultava, con valutazione ex ante, eccessiva e crudele, in quanto avrebbe parificato la posizione della paziente a quella di une soggetto in grave crisi comiziale, con violenti spasmi corporei. Fattispecie non sussistente nel caso di specie e non prevedibile;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.I.M. affidandosi a due motivi che illustra con memoria inviata per posta e pervenuta, tardivamente, il 18 giugno 2019. Si costituiscono con separati controricorsi l’azienda USL Toscana (OMISSIS), il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la compagnia Assimoco SpA.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 1218 del 2048 c.c. e l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Il giudice di appello avrebbe equiparato la prevedibilità alla previsione, per escludere la attribuibilità di ogni responsabilità in capo all’insegnante. Al contrario il giudizio di prevedibilità andrebbe riferito, sia al dato statistico della ripetitività, sia al particolare ambiente nel quale si opera sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatisi in alcune condizioni, possono ripetersi nuovamente. In particolare, in presenza di una diagnosi di ingresso di crisi epilettica, l’attenzione e la vigilanza avrebbero dovuto essere massime. Non avrebbe pregio l’argomentazione della Corte territoriale secondo cui una volta affidata la minore ai sanitari cessava l’obbligo di vigilanza dell’insegnante. Al contrario, l’obbligo di vigilanza avrebbe dovuto essere parametrato alla vicenda concreta. Sotto tale profilo la Corte avrebbe errato nel ritenere che l’insegnante, una volta entrata nel nosocomio, sarebbe divenuta una semplice accompagnatrice della minore. Al contrario, avrebbe dovuto prestare un’attenzione maggiore, sostituendosi a quella dei genitori. Quanto alla posizione del Ministero, la Corte territoriale non si sarebbe pronunziato sulla eccezione di nullità della procura apposta in calce all’atto costitutivo della compagnia Inter Partner;

con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 1218 c.c. e l’omessa o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Si contesta, in particolare, la ricostruzione operata dalla Corte territoriale e le valutazioni riferite alle risultanze processuali, ritenendo irrilevante la circostanza dell’assenza di episodi analoghi pregressi. Al contrario la danneggiata sarebbe giunta in ospedale in stato di agitazione, come risulterebbe dalla relazione medica. La corretta applicazione dell’art. 1218 c.c. avrebbe dovuto condurre all’affermazione di responsabilità della struttura sanitaria e dei singoli medici perchè la minore si trovava in uno stato di non adeguata capacità di autocontrollo, che avrebbe richiesto maggiori cautele;

il primo motivo è rivolto, sia quanto alla censura in iure, sia quanto a quella art. 360 c.p.c., ex n. 5, ed esclusa la doglianza concernente la procurai, esclusivamente contro la posizione del Ministero;

la corte d’appello di Genova rileva che le argomentazioni di parte appellante “paiono tutt’altro che convincenti ove si consideri che:

a. a pagina 10 dell’atto di impugnazione la stessa difesa dell’appellante sosteneva che all’insegnante accompagnatrice in ospedale della quattordicenne “non poteva certo addebitarsi il fatto di non aver previsto una seconda crisi, pur tuttavia, essendo già stata diagnosticata una probabile crisi epilettica, la stessa avrebbe dovuto e potuto accertarsi che i sanitari adottassero ogni più opportuna cautela, anche quella eventuale di trasportarla adeguatamente contenuta, supplendo, così facendo, ad evidenti omissioni del personale sanitario e svolgendo adeguatamente il compito di custodia sulla stessa, senza dubbio incombente”;

b. se dunque, non poteva imputarsi alla predetta insegnante di non aver previsto una seconda crisi natura epilettica, non si vede, sotto il profilo logico, come alla stessa insegnante possa invece imputarsi di non aver fatto all’interno dell’ospedale di Massa, da “coordinatrice e controllore” del personale sanitario al fine di verificare che il sistema di trasporto (facendo adagiare la ragazzina su una lettiga) della minore, da un reparto all’altro, per sottoporla a visita neurologica, fosse comprensivo dell’attuazione di mezzi di contenzione atti ad evitare che, nel caso di una seconda crisi di natura epilettica, la giovane potesse cadere giù dalla lettiga;

c. premesso che non risulta affatto che detta minore, prima della gita, fosse mai incorsa in crisi epilettiche o che i genitori fossero informati ed avessero informato gli insegnanti di una tale patologia, appare del tutto evidente che, una volta che la giovane ha era stata affidata alle cure dei medici (alle ore 9,13 del 1 aprile 2009 il medico in servizio al pronto soccorso richiedeva una visita neurologica, dando atto che la caduta avvenuta qualche ora prima in albergo era interpretabile come “… Episodio sincopatale con sospetta crisi epilettica…” e che l’esame obiettivo operato al pronto soccorso mostrava paziente “… Vigile ed orientata nel tempo e nello spazio…”, con azione cardiaca ritmica normale ed esame obiettivo neurologico negativo) e quindi “dirottata” all’ambulatorio di neurologia per ulteriori accertamenti, l’insegnante accompagnatrice non poteva, nè prevedere che verso le ore 10:30 di quella stessa mattina la minore, mentre si trovava su una lettiga in attesa di ulteriori accertamenti neurologici, fosse vittima di un’altra crisi, nel valutare preventivamente la opportunità o la necessità che alla lettiga la minore fosse legata con mezzi di contenzione atti ad impedirle che violenti spasmi del suo corpo la potessero far cadere a terra;

d. è poi manifesto che l’accompagnatore (sia esso un congiunto, o un amico o un insegnante del paziente) di persona affidata alle cure dei sanitari in un nosocomio non ha certo alcun obbligo (e nemmeno le cognizioni mediche e infermieristiche) di vigilanza e “supervisione” dell’operato dei sanitari, tranne ovviamente i casi limiti in cui tale operato, sia di negligenza e di imprudenza talmente palesi (…) da essere avvertite e rilevate pure da un accompagnatore del ricoverato;

e. non pare affatto avventato ipotizzare, alla luce dei dati istruttori disponibili sull’accaduto, che se quella mattina a tenere compagnia ed assistere la studentessa in ospedale vi fosse stato, al posto di un insegnante, un genitore, la caduta dalla lettiga si sarebbe verificata egualmente, non essendo pensabile che un genitore (salvo il caso, che non pare quello concreto, in cui la figlia fosse da tempo soggetta a ripetute frequenti crisi epilettiche, con violenti spasmi del corpo) fosse stato in grado di prevedere che, dopo alcune ore dalla crisi in albergo, ne sarebbe improvvisamente esplosa un’altra e di giudicare quale mezzo (una lettiga, una sedia a rotelle con o senza mezzi di contenzione) fosse più idoneo al trasporto della minore nell’ambito ospedaliero e, infine, di sventare (a differenza dell’infermiere che si occupava della lettiga e della insegnante accompagnatrice) la caduta della ragazza dalla lettiga, all’imprevedibile momento di improvvisi spasmi del suo corpo;

alla luce del tenore di quanto precede la censura in iure tesa ad esprimere una falsa applicazione degli artt. 1218 e 2048 c.c. non è ammissibile perchè si assume come oggetto di critica solo, rispettivamente alla pag. 10 del ricorso, la motivazione espressa dalla sentenza impugnata a pag. 5 sotto le lett. a) e b) sopra riportate e, alla pag. 12, quella espressa, in via conclusiva, alla pag. 12 sotto la lett. e) e ci si disinteressa della parte di motivazione enunciata nelle lett. c) e d), sicchè il motivo, specie considerando che quanto enunciato sub e) rappresenta la conclusione delle considerazioni svolte nelle predette lettere, effettivamente non denuncia il vizio di sussunzione (falsa applicazione) che intende illustrare;

la successiva deduzione alle pag. 13 e 14, là dove postula che l’insegnante fosse venuta meno ad un dovere di attenzione simile a quello che avrebbe avuto un genitore risulta assertoria ed inidonea a confrontarsi con quanto esposto nella motivazione della sentenza alla lett. d), che risulta pienamente ragionevole e condivisibile;

la Corte territoriale non declassa l’insegnante ad accompagnatore, ma rileva che, in un contesto specializzato e organizzato (Ospedale) l’insegnante o il genitore che accompagni il paziente?, non ha la competenza per segnalare ai sanitari cautele diverse e ulteriori rispetto a quelle del protocollo;

oltre a ciò, la doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile, trattandosi di censura relativa ad accertamenti in fatto in ordine alla circostanza se l’ingresso di un paziente in ospedale, con diagnosi iniziale di crisi convulsiva da sospetta crisi epilettica, riferita ad una patologia di cui in precedenza la paziente non avrebbe mai sofferto, renda prevedibile un secondo episodio in tempi ravvicinati, sebbene la paziente risultasse vigile ed orientata nel tempo e nello spazio;

le censure, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, esulano – comunque – dal perimetro di tale disposizione, come delineato da Cassazione Sezioni Unite 7 aprile 2014 nn. 8053 e 8054;

la censura, infine, relativa alla nullità della procura è inammissibile per commistione di mezzi di gravame del tutto diversi (alle censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3, e degli artt. 1218 e 2048 c.c., si aggiunge un motivo che avrebbe dovuto essere prospettato ai sensi dell’art. 360, n. 4 e dell’art. 112 c.p.c.);

inoltre, è dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (mancata trascrizione del documento o allegazione o indicazione della fase processuale nella quale la questione è stata sollevata e allegazione di avere sottoposto la questione al giudice di appello);

anche per il secondo motivo, rivolto contro l’azienda sanitaria, vanno espresse analoghe considerazioni. La censura in iure, di violazione dell’art. 1218 c.c., pur considerata come denuncia di un vizio di sussunzione, non si parametra all’intera motivazione e, pertanto, per ciò solo risulta inammissibile. Infatti, non assume come oggetto di critica tutti i punti enunciati da 1 a 5 dalla sentenza alle pagine 6 e 7;

la censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per quanto si è già detto, si pone al di fuori del perimetro individuato nelle sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014 delle Sezioni Unite;

la memoria ex art. 380 bis c.p.c. della ricorrente, come anticipato in narrativa, è stata depositata fuori termine ed irritualmente, in quanto spedita per posta;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore di ciascuno dei controricorrenti. Infine, va dato atto della insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, poichè P.I.M. è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato con delibera del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Genova del 13 settembre 2017.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidandole in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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