Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29944 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 306/2019 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato in Roma Via Alberto

Caroncini N. 4 presso lo studio dell’avvocato Izzo Carlo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Galetta Angela;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 309/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

C.I., cittadino (OMISSIS), ricorre per sei mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 18 maggio 2018 con cui la Corte d’appello di Potenza ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto, in conformità alla decisione della competente commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

L’amministrazione intimata resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Il primo mezzo denuncia errata e contraddittoria motivazione in riferimento alla dichiarata inammissibilità dei documenti prodotti in appello, violazione e falsa applicazione dell’art. 702 quater c.p.c. richiamato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e conseguente omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile documentazione asseritamente prodotta in pendenza dei termini per il deposito di conclusionali e repliche, mentre essa era stata depositata all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Il secondo mezzo denuncia nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c. e all’art. 10 Cost., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare circa la domanda volta al riconoscimento dell’asilo ex art. 10 Cost., comma 3.

Il terzo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, della direttiva 2011/95/UE, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 3 sul dovere di cooperazione istruttoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e omesso esame di circostanze decisive in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si dice nel motivo, nuovamente, che la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sul cosiddetto asilo costituzionale. Si aggiunge che la protezione sussidiaria dovrebbe essere difatti riconosciuta a chiunque si veda impedito l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione. Si sostiene che il conflitto esistente in (OMISSIS) interesserebbe anche la zona di provenienza del richiedente e che in proposito il giudice di appello avrebbe omesso di svolgere indagini sulla situazione soggettiva dello stato di provenienza del medesimo richiedente.

Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1 e dell’art. 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto non credibile il richiedente.

Il quinto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 288 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver negato al richiedente la protezione umanitaria omettendo di vagliare tutti gli argomenti esposti dalla difesa.

Il sesto mezzo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando nuovamente il diniego della protezione umanitaria nonostante l’integrazione del richiedente in Italia.

RITENUTO CHE:

Il ricorso è infondato.

E’ inammissibile il primo motivo, giacchè, ove il giudice di merito avesse ritenuto prodotta la documentazione invocata dal ricorrente in pendenza del termine per il deposito di conclusionali e repliche, quantunque essa fosse stata invece prodotta all’udienza di precisazione delle conclusioni, e, dunque, prima che la causa fosse stata trattenuta a sentenza, ciò integrerebbe un errore revocatorio non suscettibile di essere fatto valere con il ricorso per cassazione. Per altro la censura è anche inammissibile sotto il profilo della carenza d’interesse, giacchè lo stesso ricorrente sostiene che la Corte d’appello (in ciò la denunciata contraddittorietà), dopo aver ritenuto inammissibile la produzione documentale, l’avrebbe anche esaminata, ritenendola (in particolare con riguardo alla documentazione sanitaria) sostanzialmente irrilevante.

E’ infondato il secondo motivo.

Il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, (Cass. 4 agosto 2016, n. 16362).

E’ in parte infondato, in parte inammissibile il terzo motivo.

Esso è infondato nella parte in cui si sofferma nuovamente sul c.d. asilo costituzionale, per le ragioni già dette, mentre è inammissibile nella parte in cui mira, per l’appunto inammissibilmente, a ribaltare il giudizio di fatto della Corte territoriale, secondo cui, sulla base delle fonti internazionali giudicate attendibili, si “configura all’attualità una situazione di instabilità soltanto nel nord-est della (OMISSIS); ne consegue che, provenendo l’istante dal villaggio di (OMISSIS), nello (OMISSIS), nel sud della (OMISSIS), dove non si registrano situazioni di violenza generale dal gruppo terroristico (OMISSIS) non sia utilmente spendibile… il generico richiamo al conflitto armato che interessa il nord-est del paese”.

Il quarto motivo è inammissibile.

Esso è non soltanto un motivo integralmente versato in fatto, che mira a contrapporre al giudizio formulato in sede di merito un diverso giudizio in ordine alla credibilità del richiedente, ma altresì un motivo che non individua la ratio decidendi della decisione impugnata, alla quale addebita di essersi conformata alla decisione del Tribunale, dal momento che, in realtà, la Corte d’appello ha ritenuto l’appello sul punto inammissibile perchè generico (pagina 16 della sentenza impugnata: “Le valutazioni operate dal Tribunale… non risultano essere state sottoposte a valida e persuasiva critica nell’atto di impugnazione, avendo l’appellante omesso di far valere puntuali argomentazioni in contrapposizione a quelle evincibili dal provvedimento impugnato”), di guisa che il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che, al contrario, il motivo di appello sul punto non era generico, e non addurre argomenti finalizzati a dimostrare direttamente, in relazione ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 che il richiedente, diversamente da quanto conformemente ritenuto tanto in primo quanto in secondo grado, fosse credibile.

Il quinto motivo è inammissibile.

Valgono identiche considerazioni. Il ricorrente non si è avveduto che il motivo di appello concernente il diniego della protezione umanitaria è stato ritenuto inammissibile per la sua genericità: “E’ evidente, dunque, che il motivo di impugnazione sia del tutto inammissibile perchè non contiene la formulazione di argomentazioni adeguate a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice”. Anche in questo caso, dunque, il ricorso non coglie la ratio decidendi ed è perciò inammissibile.

Il sesto mezzo, spiegato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 è inammissibile. Lo è sia perchè si versa nell’ipotesi di “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., sia perchè dal ricorso non riesce ad intendersi neppure approssimativamente in che cosa consisterebbe l’integrazione del richiedente in Italia: ed anzi, a quanto par di capire, lo stesso richiedente neppure assume di essersi integrato, quanto piuttosto di volersi, non si sa come, integrare: “Il richiedente ha infatti dimostrato ben più di un serio interesse ad integrarsi nel territorio ed è ormai proiettato verso aspettative di vita diverse da quelle cui potrebbe aspirare nel proprio paese di origine, la (OMISSIS)” (pagina 26 del ricorso).

Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00 oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

 

 

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