Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29943 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 19/11/2019), n.29943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13866-2018 proposto da:

V.V., I.P., V.D., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 70, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO MASSATANI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

SARA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI;

– controricorrente –

contro

T.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1643/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

V.V. e I.P., in proprio e nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia, al tempo minore, V.D., evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, T.D. e la SARA Assicurazioni S.p.A. per sentir dichiarare il T. responsabile esclusivo dell’incidente per cui è causa e condannarlo, in solido, con la compagnia di assicurazione, al risarcimento dei danni per complessivi Euro 750.000 ovvero alle maggiori o minori somme ritenute di giustizia. Deducevano che la minore, vincitrice di vari concorsi di bellezza e ingaggiata da note agenzie del mondo della moda, oltre che campionessa regionale di corsa campestre, aveva subito gravi lesioni in occasione del sinistro, nel quale il conducente dell’autovettura Seat Ibiza aveva compiuto improvvisamente una manovra di retromarcia non consentita senza accorgersi della presenza della danneggiata che si trovava a bordo del ciclomotore Aprilia 50. Le lesioni erano in particolare rappresentate da una profonda deturpazione della gamba, che avrebbe definitivamente compromesso la carriera di modella e quella professionale di operatrice turistica o di hostess di volo o congressuale, che la minore aveva in animo di intraprendere. La causa veniva istruita con consulenza medico-legale e prova testimoniale, e il giudice unico liquidava a titolo di provvisionale l’intero importo del massimale della polizza, pari ad Euro 1.040.000;

in data 21 marzo 2013 il Tribunale di Roma accertava con sentenza che la danneggiata aveva subito un danno alla salute pari al 51% a titolo di danno biologico, cui aggiungeva il danno morale determinato nella misura del 35%, oltre a quello patrimoniale corrispondente ad Euro 700.000 rigettando le domande proposte dai genitori, in proprio, nonchè quella di mala gestio;

con atto di citazione in appello dell’11 novembre 2013 la compagnia impugnava la sentenza eccependo l’erronea quantificazione dei danni, relativamente a quello biologico, morale e patrimoniale. Deduceva la contraddittorietà della motivazione riguardo alle voci del danno da lucro cessante, danno emergente e danno da perdita di chances. T. proponeva appello formulando contestazioni analoghe a quelle dell’assicuratore e V.D., nelle more divenuta maggiorenne, spiegava appello incidentale, unitamente ai genitori. La prima, insisteva per il rigetto degli appelli principali e i secondi spiegavano appello incidentale per il riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio;

la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 13 marzo 2018, accoglieva l’appello della compagnia di assicurazione e dell’assicurato rideterminando l’importo oggetto di condanna nella minore somma di Euro 362.665 con condanna alla restituzione di quanto percepito in eccedenza, respingeva l’appello incidentale proposto dai genitori della danneggiata con condanna al pagamento delle spese del giudizio di appello;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione V.D. e V.V. e I.P. sulla base di due motivi che illustra con memoria. Resiste con controricorso la compagnia SARA Assicurazioni.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e dell’art. 132 c.p.c., per violazione agli artt. 2043,2059,1226,27272729 c.c., nonchè degli artt. 3 e 29 Cost. riguardo al principio dell’integrale risarcimento. La decisione sarebbe errata nella parte in cui le risultanze processuali non avrebbero dimostrato il nesso tra il fatto lesivo e la esistenza di un danno patrimoniale futuro, quanto meno in termini di perdita di chances rispetto alla possibilità di guadagno connessa alla carriera di modella oppure al desiderio della giovane di indirizzarsi verso un lavoro a contatto con il pubblico e ciò, nonostante la presenza di un danno psichico nella misura del 30% e di cicatrici deturpanti ben visibili e localizzate sulla gamba. Si tratterebbe di una motivazione insanabilmente contraddittoria, che non rispetta quel minimo costituzionale censurabile in cassazione. Sotto altro profilo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Corte non avrebbe applicato correttamente il concetto di integrale risarcimento del danno e quello di prova presuntiva. Infine, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, non sarebbe stata adeguatamente presa in esame la dichiarazione dell’agenzia Glamur. Dalle risultanze processuali sarebbe emerso un danno psichico pari al 30% e uno estetico del 10% come emergerebbe dal contenuto della relazione del consulente di parte e della dottoressa C.. In considerazione dell’età della danneggiata all’epoca del fatto la prova del danno patrimoniale futuro non poteva che essere dimostrata che per presunzioni che, al contrario, sarebbero state compresse dal giudice di merito attraverso una valutazione atomistica dei molteplici indizi individuati;

con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza sulla base delle medesime disposizioni oggetto del precedente motivo, con particolare riferimento al rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dai genitori della danneggiata. Secondo la Corte d’Appello la domanda non sarebbe stata correttamente formulata negli atti introduttivi del giudizio. Al contrario sarebbe presente nella memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c. nella quale si precisa che i genitori della minore agivano anche per il risarcimento del danno subito iure proprio, in termini di danno morale ed esistenziale. Rispetto a tale profilo la motivazione risulterebbe contraddittoria e adottata in violazione l’art. 183 c.p.c. oltre che dei principi in tema di integrale risarcimento del danno e prova presuntiva. La decisione sarebbe, in particolare, errata nella parte in cui ritiene che, per poter accordare un risarcimento al genitore di un soggetto macroleso, sarebbe necessario dimostrare l’esistenza del danno psichico. Al contrario, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, pur muovendo dalla differenza tra danno alla salute e quello alla serenità familiare, impone soltanto una liquidazione unitaria, mentre non sarebbe corretto escludere il danno non patrimoniale alla serenità familiare, in assenza di un danno psichico. Tale pregiudizio dovrebbe, invece, essere dimostrato con presunzioni;

il primo motivo è dedotto con inammissibile mescolanza e sovrapposizione di vizi incompatibili (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5: Cass. 15 dicembre 2017 n. 30224 e Cass. 9 giugno 2017 n. 14409) ed è formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo al testo della dichiarazione dell’agenzia Glamur (non è trascritta, allegata o localizzata nel fascicolo di legittimità) ed al contenuto della consulenza di parte e di ufficio;

inoltre, il motivo è assolutamente generico e astratto e richiede una rivalutazione dei mezzi istruttori non demandabile alla Corte di legittimità quanto precede è assorbente rispetto alle considerazioni oggetto della memoria riguardo alla insussistenza dell’inammissibilità per commistione e mescolanza di motivi incompatibili, nel caso in cui parte ricorrente specifichi la trattazione delle doglianze, autonomamente considerate;

quanto al secondo motivo, oltre ai profili di inammissibilità per mescolanza di mezzi di impugnazione eterogenei, la tesi della proposizione della domanda per il risarcimento dei danni subiti iure proprio dai genitori è dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non trascrivendo o allegando la domanda svolta in citazione, ma solo la tardiva nuova deduzione, oggetto della memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c. Nella esposizione del fatto e in quella del motivo non si riproduce, in alcun modo, nè direttamente, nè indirettamente, il contenuto della citazione che avrebbe recato la domanda dei genitori di V.D.. La questione è assorbente rispetto alla seconda parte del motivo;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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