Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29939 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/12/2011, (ud. 16/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI ,in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in

ROMA, CORSO D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato MOSCA

GIOVANNI PASQUALE, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

F.F., B.M., M.G.;

– intimati –

avverso il provvedimento n. 6880/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

del 7/10/08 depositata il 24/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato Mosca Giovanni Pasquale per i controricorrenti che

si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 7.10.2008 – 24.6.2009 la Corte d’Appello di Roma, in riforma della pronuncia di prime cure dichiarò il diritto di Q.S., + ALTRI OMESSI – dipendenti del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali inquadrati nella 9^ categoria funzionale, che avevano dedotto di svolgere mansioni del tutto analoghe a quella espletate dagli ispettori generali e dai direttori di divisione del ruolo ad esaurimento -, alla equiparazione del trattamento stipendiale a quello attribuito al personale del soppresso ruolo ad esaurimento a decorrere dal 16 febbraio 1999, condannando il predetto Ministero al pagamento delle differenze retributive;

avverso tale sentenza della Corte territoriale il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, deducendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 49 trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 nonchè la violazione della tabella G allegata al CCNL Comparto Ministeri 1998/2001; gli intimati Q.S., + ALTRI OMESSI hanno resistito con controricorso; gli intimati F.F., B.M. e M.G. non hanno svolto attività difensiva;

a seguito di relazione e previo deposito di memoria dei controricorrenti, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;

2. le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso svolte dai controricorrenti sono infondate;

2.1 quanto all’eccezione di inammissibilità de ricorso per la dedotta inesistenza della notifica, stante l’avvenuta indicazione nella relata, quali soggetti istanti, del Ministero delle Infrastrutture e del Ministero dei Trasporti, anzichè del Ministero ricorrente, deve rilevarsi che la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte ha costantemente affermato che la mancata indicazione della parte istante nella relata di notifica non determina nullità della notifica stessa nel caso in cui dall’atto notificato sia possibile desumere le generalità del soggetto che l’ha richiesta (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 8478/1990; Cass., nn. 1300/1991; 2467/1994; 5991/2000; 12538/2000; 2181/2005);

parimenti, quindi, non può comportare la nullità (e, tanto meno, l’inesistenza) della notifica l’erronea indicazione nella relata del soggetto istante, laddove dall’atto notificato sia evincibile, senza possibilità di dubbio, il diverso soggetto ad istanza del quale è stata effettuata;

ciò che si verifica nel caso di specie, essendo chiaramente indicato nel ricorso notificato il soggetto ricorrente (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) ed essendo al contempo assolutamente estranei alla controversia il Ministero delle Infrastrutture e il Ministero dei Trasporti, cosicchè risulta chiaramente evincibile la natura di mero errore materiale delle relative indicazioni contenute nella relata e, al contempo, la pertinenza dell’atto, quale parte che ha richiesto la notifica, al Ministero ricorrente;

2.2 priva di conseguenza sul piano processuale è altresì l’erronea indicazione, in calce al ricorso, del numero della sentenza impugnata, posto che quest’ultima risulta effettivamente prodotta;

2.3 secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 21558/2009; 23329/2009), l’improcedibilità del ricorso per cassazione a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non può conseguire al mancato deposito del contratto collettivo di diritto pubblico, atteso che, in considerazione del peculiare procedimento formativo, del regime di pubblicità, della sottoposizione a controllo contabile della compatibilità economica dei costi previsti, l’esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice era già assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, cosicchè la successiva previsione, introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, deve essere riferita ai contratti collettivi di diritto comune;

di nessun rilievo è quindi la mancata produzione da parte del ricorrente dei contratti collettivi di diritto pubblico disciplinanti la materia oggetto del ricorso;

2.4 oggetto delle doglianze non è l’erronea interpretazione delle previsioni contrattuali rilevanti nella fattispecie, controvertendosi sulla loro legittimità e non sul loro contenuto, che è anzi pacifico, sicchè non viola il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione la mancata trascrizione del testo delle medesime;

3. la questione all’esame è già stata affrontata da questa Corte, che l’ha risolta in senso sfavorevole ai lavoratori (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11982/2010; 5504/2011 ) osservando che:

le qualifiche ad esaurimento per cui è causa provengono dal riordino dei ruoli organici delle carriere direttive delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (a seguito della istituzione della dirigenza), effettuato dal D.P.R. n. 748 del 1972, il cui art. 60, stabiliva che “Le qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione o equiparate sono conservate ad esaurimento entro i limiti di una autonoma nuova dotazione organica …” (comma 3); il successivo art. 61, stabiliva poi il trattamento economico delle qualifiche ad esaurimento, rapportando lo stipendio annuo lordo dell’ex ispettore generale e dell’ex direttore di divisione o equiparate “a quattro quinti di quello spettante rispettivamente al dirigente superiore ed al primo dirigente con pari anzianità di qualifica” (successivamente elevandolo, rispettivamente al 95% e all’85% dello stipendio spettante al primo dirigente di pari anzianità, con il D.L. n. 283 del 1981, art. 12 convertito nella L. n. 432 del 1981, e poi incrementandolo del 15%, con il D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 2), oltre a determinate indennità, proventi e compensi in precedenza spettanti;

la nona qualifica funzionale è stata invece istituita dal D.L. n. 9 del 1986, art. 2 convertito nella L. n. 78 del 1986, che stabilì il relativo trattamento economico iniziale in misura non superiore ai 90% (92%, a norma del D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 4) di quello del direttore di divisione del ruolo ad esaurimento, mentre le relative mansioni vennero successivamente determinate, con la procedura contrattuale prevista dalla L. n. 93 del 1983, dal D.P.R. n. 266 del 1987;

infine, il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4 nel sopprimere i ruoli ad esaurimento, conservando peraltro le qualifiche al personale che le rivestiva, descrisse le funzioni attribuite a quest’ultimo in termini analoghi a quelle relative ai personale della 9A qualifica, stabilendo che “il trattamento economico è definito nel primo contratto collettivo di comparto di cui all’art. 43′ e, mantenendo pertanto, nonostante la sostanziale equiparazione di fatto delle mansioni, una considerazione separata delle ex qualifiche ad esaurimento, sia quanto alla descrizione delle mansioni, che con riguardo alla qualificazione delle stesse e al trattamento economico attribuito (ancorchè nel frattempo con differenziale ridotto), rispetto alla 9A qualifica;

successivamente, in coerenza con questa direttiva di fondo, la contrattazione collettiva ha inquadrato i dipendenti dei due gruppi nella medesima qualifica C3, ma mantenendo, ancora nell’ultima tornata contrattuale del quadriennio normativo 1998/2001, biennio economico 1998/1999, un trattamento economico differenziato, attraverso l’attribuzione alle qualifiche dell’ex ruolo ad esaurimento di un incremento retributivo leggermente superiore a quello degli altri appartenenti alla qualifica C3;

tale trattamento differenziato trova quindi la propria legittimazione nel citato D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, e, comunque, la propria giustificazione, oltre che nel carattere necessariamente temporaneo della differenziazione, anche nella considerazione del diverso percorso professionale dei due gruppi di dipendenti;

4. deve rilevarsi che le argomentazioni dei ricorrenti non scalfiscono la persuasività delle surricordate considerazioni, dovendosi altresì tener conto che:

la differenziazione in parola riveste effettivamente un carattere “necessariamente temporaneo”, essendo destinata ad esaurire il proprio ambito applicativo con la cessazione dal servizio del personale delle ex qualifiche ad esaurimento;

il descritto diverso percorso professionale dei due gruppi di dipendenti può di per sè costituire ragione giustificatrice del previsto differente trattamento;

in linea con quanto reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il contrasto con il principio di parità di trattamento di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 deve essere escluso nella fattispecie all’esame, in quanto tale principio vieta trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in quella sede (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 16504/2008; 5726/2009);

5. merita quindi di essere confermato l’orientamento ermeneutico già accolto dalla giurisprudenza di questa Corte e sostanzialmente seguito anche nella sentenza impugnata, cosicchè il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto delle domande; le spese dell’intero processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande; condanna gli intimati in solido alla rifusione delle spese dell’intero processo, che liquida:

per il primo grado in Euro 3.830,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, Euro 800,00 per diritti ed Euro 30,00 per esborsi;

per il secondo grado in Euro 4.830,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, Euro 800,00 per diritti ed Euro 30,00 per esborsi;

per il giudizio di cassazione in Euro 30,00 (trenta/00) oltre ad Euro 5.000,00 (cinquemila/00) per onorari;

il tutto oltre ad accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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