Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29937 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 12/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5061/2019 proposto da:

N.S., elettivamente domiciliato in Roma presso la Corte

di cassazione, difeso dall’avvocato Bassan Maria;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3239/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

N.S. ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero degli interni, avverso sentenza del 26 novembre 2018 con cui la Corte d’appello di Venezia ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale tribunale di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

L’amministrazione intimata non svolge difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Il primo mezzo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, art. 7, comma 1, art. 8, lett. e, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, per mancato riconoscimento dello status di rifugiato.

Il secondo mezzo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, art. 14, lett. b, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, per mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il terzo mezzo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per mancata valutazione della situazione del paese di origine del richiedente, (OMISSIS), ai fini del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

RITENUTO CHE:

Il ricorso è inammissibile.

I tre motivi, tutti spiegati sotto il profilo della violazione di legge, non hanno in effetti nulla a che vedere con il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, bensì soltanto con il giudizio di merito espresso dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello nel ritenere:

a) che la narrazione del richiedente, laddove aveva sostenuto di essere omosessuale e di essere pertanto esposto al rischio di persecuzione nel paese di origine, fosse totalmente priva di credibilità;

b) che nella zona di provenienza del richiedente non ricorresse una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno riconducibile alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

c) che la non credibilità del richiedente impedisse di esprimere un giudizio di vulnerabilità in ragione della sua storia personale, e che neppure la protezione umanitaria potesse essere riconosciuta in ragione della situazione del paese di provenienza.

Dopodichè l’inammissibilità discende altresì dal rilievo del difetto di identificazione della ratio decidendi posta a sostegno della pronuncia impugnata: i motivi spiegati in questa sede, difatti, lamentano sotto diversi profili che il richiedente non sia stato ritenuto credibile, ma mancano totalmente di cimentarsi con il fondamentale argomento svolto nella sentenza impugnata, laddove si evidenzia la profonda discrasia tra l’iniziale narrazione contenuta nel c.d. modello C/3, con la quale si riferisce che egli era scappato dal villaggio per timore che la seconda moglie del padre, responsabile della morte dei suoi fratelli, lo uccidesse per conseguire l’eredità, senza il benchè minimo accenno al proprio orientamento sessuale, e la successiva allegazione, a fondamento della domanda, della propria condizione di omosessuale, discrasia che nel ricorso per cassazione non è punto menzionata e tanto meno in qualche modo giustificata.

Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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