Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29925 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. II, 30/12/2020, (ud. 24/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3130/16) proposto da:

P.F., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti

Leonardo Mazza, e Bruno Taverniti, ed elettivamente domiciliato

presso lo studio del secondo, in Roma, v. Sesto Rufo, n. 23;

– ricorrente –

contro

VICENTIO PROPERTIES LIMITED, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti Luca Corabi De

Marchi, e Andrea Ciannavei, ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del secondo, in Roma, v. Nomentana, n. 257;

– controricorrente –

e

C.S.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, emessa ai

sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., n. 2044/2015 (depositata il 1

dicembre 2015);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

letta la memoria depositata nell’interesse del ricorrente ai sensi

dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato a C.S. e alla Vicentio Properties Limited, P.F. proponeva appello avverso la sentenza n. 146/2009 (depositata il 28 aprile 2009) emessa dal Tribunale di Livorno – sez. dist. di Cecina, con la quale era stata accolta la domanda di acquisto per usucapione di un terreno sito in (OMISSIS), identificato al catasto terreni con il foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS), formulata dal C. nei confronti dello stesso P. e, in conseguenza della vendita del suddetto terreno, estesa all’acquirente società Vicentio Properties Limited.

Il gravame veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 2044/2015 (pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 1 dicembre 2015), sul presupposto della sua tardività per violazione del termine previsto dall’art. 327 c.p.c., poichè era rimasto accertato che l’atto di appello era stato spedito per la notificazione il 4 agosto 2014 e, quindi, oltre l’anno decorrente dal 27 maggio 2013 (da intendersi come data in cui la parte appellante era venuta a conoscenza della sentenza impugnata per effetto della notificazione di altra successiva sentenza di condanna – nella quale si poneva riferimento alla precedente sulla dichiarata usucapione del terreno – coevamente al relativo precetto), siccome venuto a scadenza 1111 luglio 2014, computando anche il periodo di sospensione feriale dei termini dal 1 agosto al 15 settembre 2013.

2. L’appellante P.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza di appello, riferito a due motivi.

Ha resistito con controricorso la Vicentio Properties Limited, mentre l’intimato C.S. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. e di ogni altra norma e principio in materia di decorrenza del termine per la proposizione del gravame avverso sentenza mai conosciuta nel suo contenuto specifico, nonchè in materia di presa di conoscenza dell’atto dal destinatario.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 160 c.p.c. e di ogni altra norma e principio di materia di nullità o inesistenza della notificazione, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. e di ogni altra norma e principio in materia di litisconsorzio necessario e di rinnovazione della notifica nei confronti di una delle parti.

3. Rileva il collegio che, in via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di asserita inesistenza della procura speciale in capo al difensore del ricorrente, con conseguente richiesta di dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

In effetti, in essa, apposta in calce al ricorso, si pone riferimento alla sola dizione “nel presente giudizio”, senza alcuna menzione della sentenza impugnata o di ogni altro dato inerente specificamente al pregresso procedimento giudiziario.

Tuttavia, secondo l’univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. nn. 4868/2006, 24670/2019 e 214/2020), in tema di ricorso per cassazione, mentre l’apposizione del mandato a margine del ricorso già redatto esclude di per sè ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei termini usati, la mancanza di tale prova e la conseguente incertezza sull’effettiva volontà della parte non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consenta alla procura di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione degli atti (art. 1367 c.c. e art. 159 c.p.c.); pertanto, nel caso di procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione (come nel caso di specie), il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega, ancorchè genericamente formulata, e il ricorso. E ciò senza trascurare che, nella vicenda che qui viene il rilievo, al ricorso sono allegate (costituendone parte integrante) le due sentenze presupposte del Tribunale di Livorno – sez. dist. di Cecina (nn. 29/2013 e 146/2009), alle quali si pone riguardo nel contenuto del ricorso stesso, onde è sufficientemente evincibile la riferibilità dello stesso al giudizio cui è correlato.

4. Ciò chiarito e passando all’esame del primo motivo di ricorso, ritiene il collegio che esso è infondato per le ragioni che seguono.

E’ necessario, innanzitutto, evidenziare che la Corte di appello di Firenze ha, con la sentenza qui impugnata, ritenuto che, indipendentemente dalla regolarità o meno della notificazione della sentenza di primo grado sull’usucapione del fondo (la n. 146/2009 del Tribunale di Livorno – sez. dist. di Cecina, di cui il ricorrente ha dedotto l’omessa notifica o la nullità assoluta della stessa), l’appello dell’odierno ricorrente era da qualificarsi tardivo – avuto riguardo al c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. (“ratione temporis” applicabile, ovvero prima della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 17) – in quanto esso era decorso (l’11 luglio 2014) nel momento in cui – come dalla difesa dello stesso P. ammesso nel contenuto del gravame – le era stata notificata, in data 27 maggio 2013, la sentenza di condanna di primo grado n. 29/2013 (dello stesso Tribunale di Livorno – sez. dist. di Cecina, in cui si poneva riferimento alla citata presupposta sentenza precedente n. 146/2009), unitamente al precetto di pagamento, tenuto conto che l’atto di appello era stato spedito per la notificazione il 4 agosto 2014.

Nel ritenere inammissibile l’appello la Corte toscana ha fatto applicazione del principio (ricavato dalla sentenza di questa Corte n. 17236/2013), alla stregua del quale il contumace decade dal diritto di impugnazione per l’inutile decorso del termine annuale di cui dell’art. 327 c.p.c., comma 1, quando si accerti, anche d’ufficio, in ragione della natura pubblicistica della decadenza, che, nonostante la nullità della notificazione dell’atto introduttivo, egli abbia avuto comunque conoscenza del processo, ed il termine sia decorso non già dalla data di pubblicazione della sentenza, bensì dal giorno della detta presa di conoscenza, se successiva alla sentenza medesima.

Per pervenire alla condivisione di tale principio il giudice di appello ha considerato che, mediante l’avvenuta notificazione della sentenza n. 29/2013, provvisoriamente esecutiva, congiuntamente al relativo precetto, il P. era venuto a conoscenza della sentenza “a monte” relativa alla dichiarazione di acquisto per usucapione della proprietà del terreno sito in (OMISSIS) (censito al locale catasto foglio (OMISSIS), particelle nn. (OMISSIS)) in favore di C.S. e nei confronti del P.F., ritenuto convenuto contumace.

Il ricorrente contesta – con la censura in esame – che il mero riferimento, contenuto nella sentenza n. 29/2013 ritualmente notificata (ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 3, a mani del portiere, in assenza del destinatario e di altre persone idonee a ricevere l’atto) unitamente al precetto il 27 maggio 2013, alla sentenza n. 146/2009 con cui era stata accolta la domanda di usucapione del citato terreno proposta da C.S., possa considerarsi come riferimento sufficiente a determinare l’effettiva conoscenza, da parte sua, della prima sentenza di usucapione, che aveva poi impugnato dinanzi alla Corte di appello di Firenze con atto di citazione inviato per la notificazione il 4 agosto 2014, il cui giudizio è stato definito con la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione.

Senonchè, osserva il collegio, il P. ha isolato – per sostenere la sua tesi l’indicato riferimento contenuto nella sentenza n. 29/2013 a quella precedente n. 146/2009, ma non ha tenuto conto che esso si inseriva in un contesto più ampio dal quale poteva sufficientemente evincersi la dinamica del pregresso complessivo svolgimento processuale e, quindi, comprendere il contenuto della citata presupposta sentenza di usucapione n. 146/2009.

Infatti, dalla sentenza n. 29/2013 ottenuta dalla Vicentio Properties Limited nei confronti del P.F. (pure dichiarato contumace nel relativo giudizio), si evince che essa trovava fondamento nell’azione ex art. 1483 c.c., intrapresa dalla suddetta società per la restituzione dell’importo che essa aveva corrisposto al P. per l’acquisto del menzionato terreno in data 27 ottobre 2005, di cui però il C. era stato dichiarato proprietario con la sentenza di usucapione n. 146/2009 emessa nei riguardi dello stesso P., intestatario del bene, che, quindi, si era reso inadempiente in ordine al mancato trasferimento della proprietà di detto fondo in favore della menzionata società.

Nella citata sentenza n. 29/2013 si rimarca, pertanto, che la menzionata società aveva subito l’evizione del bene comprato dal P. in dipendenza della sopravvenuta dichiarazione di acquisto per usucapione dello stesso da parte del C., contenuta proprio nella richiamata sentenza n. 146/2009. Pertanto, attraverso la notificazione della sentenza di condanna n. 29/2013 unitamente al pedissequo predetto di pagamento, deve ritenersi che il P. proprio in applicazione del principio affermato nella sentenza delle Sezioni unite n. 4196/1990, dal medesimo richiamata – si era venuto a trovare nella condizione di avere piena cognizione della presupposta sentenza n. 146/2009, di cui avrebbe potuto, peraltro, apprendere la portata se solo si fosse diligentemente attivato a reperirla, essendo in possesso dei suoi estremi e potendo comunque comprendere, dalla sentenza n. 29/2013, ritualmente notificatagli, quale fosse il suo contenuto e che egli ne era il destinatario e, quindi, per quale ragione la Vicentio Properties Limited aveva agito nei suoi confronti con la domanda di evizione. Anzi, lo stesso ricorrente (v. pag. 10 del ricorso) ammette di aver estratto copia della sentenza n. 146/2009 in data 16 gennaio 2014 (depositata come allegato 2), come risultante dal timbro apposto in calce alla stessa per uso appello, il che avvalora la circostanza che egli aveva avuto piena cognizione della medesima e che avrebbe potuto proporre tempestivamente appello avverso la stessa.

Poichè, infatti, la notifica dell’atto di precetto e della correlata sentenza n. 29/2013 (costituente il titolo esecutivo di riferimento) si era perfezionata il 27 maggio 2013, data in cui, quindi, il P. (rimasto contumace) era venuto adeguatamente a conoscenza del giudizio di usucapione e dell’emissione della correlata sentenza n. 146/2009 nei suoi confronti, ne consegue che, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, lo stesso P., quale appellante – contumace in primo grado (anche se avesse dimostrato di non avere conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione), è stato legittimamente ritenuto decaduto dal potere di impugnare la citata sentenza n. 146/2009, in quanto – come correttamente rilevato dalla Corte di appello di Firenze nella pronuncia oggetto di ricorso – in data 11 luglio 2014 era scaduto il termine lungo di impugnazione (di un anno e 46 giorni, “ratione temporis” ancora applicabile), posto che l’atto di appello era risultato essere stato spedito per la notificazione in data 4 agosto 2014 (cfr., per idonei riferimenti, Cass. n. 5962/2001, n. 8622/2003 e, da ultimo, Cass. n. 17236/2013, che costituisce il precedente a cui ha fatto specifico riferimento la sentenza qui impugnata).

5. Dal rigetto del primo pregiudiziale motivo di ricorso (con conferma della legittimità della tardività dell’appello rilevata con la sentenza qui impugnata), consegue, dal punto di vista logico-giuridico, l’assorbimento di ogni altra questione sollevata con il secondo motivo in punto notifica della citazione di primo grado e di quella dell’atto di appello.

6. In definitiva, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidando nei sensi di cui in dispositivo.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese riguardanti il rapporto processuale instauratosi tra il ricorrente e C.S., essendo quest’ultimo rimasto intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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