Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29925 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29925 Anno 2017
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 18665-2016 proposto da:
MAMBELLI MILENA elettivamente domiciliata in ROMA, VI,F,
\ANICI() GALLO, 102 SCALA A INT 13, presso lo studio
dell’avvocato FABRIZIO POLESE

,

rappresentata e difesa

dall’avvocato -1NNA-LISA RENDA;

– ricorrente contro
MARZOCCHI CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DI PIETRALATA 320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA
MAZZA RICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato MATTEO
PW A.NETTO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/12/2017

avverso la sentenza n. 394/2016 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 20/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.

che Milena NIambelli adiva il Tribunale di L’orli in funzione di giudice
del lavoro per sentir accertare che il rapporto di lavoro intercorso con
Claudio Marzocchi dal settembre 2003 al 20 settembre 2007 fosse
subordinato con conseguente condanna del convenuto al pagamento
delle differenze retributive rispetto a quanto percepito ( inizialmente
euro 650,00 mensili e successivamente euro 1.000,00) oltre alla
regolarizzazione previdenziale; quanto al periodo successivo e fino al
12 novembre 2007 , nel quale il rapporto era stato formalizzato a
orario parziale, chiedeva il pagamento delle differenze retributive per
il lavoro supplementare asseritamente espletato;
che il Tribunale rigettava la domanda relativa all’accertamento del
rapporto di lavoro subordinato nonché quella relativa al compenso per
il lavoro supplementare svolto nel periodo settembre — novembre
7-2007 e, accogliendo la domanda subordinata della NIambelli
determinava ex art. 2225 cod. civ., come integrazione del corrispettivo
per l’attività autonoma svolta, la somma di curo 20.000,00;
che la Corte di Appello di Bologna, decidendo sul gravame principale
proposto dalla Mambelli e su quello incidentale del Marzocchi,
rigettava il primo e, in accoglimento del secondo, rigettava
integralmente originaria domanda della predetta;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Nlambelli
affidato a quattro motivi cui resiste con controricorso il Marzocchi;

Ric. 2016 n. 18665 sez. ML – ud. 09-11-2017
-2-

RILEVATO

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto
di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
CONSIDERATO

applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. ( in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) per non avere
la Corte di Appello congruamente motivato le ragioni per le quali
aveva ritenuto insanabile e non superabile il rilevato contrasto tra le

deposizioni testimoniali che, invece, se adeguatamente scrutinate,
avrebbero condotto a ritenere provato il rapporto di lavoro
subordinato; con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa
applicazione degli artt. 2094, 2222 cod. civ. e 409 cod. proc. civ. ( in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) per mancanza
di congrua ed adeguata motivazione nonché per la presenza di vizi
logici nella valutazione delle risultanze processuali e per omessa
valutazione degli indici cosiddetti sussidiari della subordinazione
dirimenti nel caso in cui le prestazioni del lavoratore sono elementari,
ripetitive e predeterminate nelle loro modalità di esecuzione quali
quelle svolte dalla Nlambelli; con il terzo motivo si lamenta omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio ( in relazione all’art. 360,
primo comma, n.5, cod. proc. civ.) per avere la Corte di appello
completamente trascurato la circostanza ammessa da controparte ed
emersa dalle deposizioni testimoniali relativa alla finalità formativa del
rapporto di lavoro intercorso tra le parti con la conseguenza che,
mancando il contratto di apprendistato di forma scritta, avrebbe
dovuto essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato; con il
quarto mezzo viene dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il
Ric. 2016 n. 18665 sez. ML – ud. 09-11-2017
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che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa

giudizio nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2225 e 2097
cod. civ. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.)
in. quanto il giudice del gravame, nell’accogliere l’appello incidentale
del Marzocchi, aveva ritenuto non applicabile l’art. 2225 cod. civ.
sull’erroneo rilievo che tra le parti fosse stato pattuito un compenso

considerare non possibile la rideterminazione del compenso ai sensi
della citata norma operata dal primo giudice;
che i primi tre motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, sono inammissibili sotto -vari profili in quanto:
– in primo luogo, tutti, nonostante il formale richiamo contenuto
nella parte iniziale delle intestazioni a violazione -di legge ( il primo ed il
secondo) ed all’omesso esame di un fatto decisivo ( terzo mezzo) in
realtà sollecitano una generale rivisitazione del materiale di causa e nel
chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non
consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di
vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze
probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della
propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento
o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, ep/urimis, Cass. n. 17097
del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006;, Cass. n. 11933 del
07/08/2003);
inoltre, laddove viene dedotto il vizio di motivazione non
presentano i requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, primo
Ric. 2016 n. 18665 sez. ML – ud. 09-11-2017
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per il lavoro autonomo svolto dalla ricorrente in tal modo finendo per

comma, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle
Sezioni unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo:
a) con il criticare la sufficienza del ragionamento logico posto alla base
dell’interpretazione di determinati atti del processo, e dunque un
caratteristico vizio motivazionale, in quanto tale non più censurabile (si

motivazione è ora confinato sul)

31) ecie nullitatis,

in relazione al n. 4

dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di
una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc.
civ., esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’
della motivazione); b) con il lamentare l’omesso esame di risultanze
istruttorie laddove, come precisato chiaramente nella citata sentenza n.
8053 delle S.U., l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di
per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto
storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione
dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultanze probatorie;
che, peraltro, la Corte di appello con una motivazione sintetica ma
coerente ha analiticamente scrutinato le deposizioni dei testi escussi
evidenziando le ragioni per le quali alcuni di essi erano meno attendibili
di altri giungendo alla conclusione che la Mambelli, su cui incombeva il
relativo l’onere, non aveva fornito sufficienti elementi probatori circa la
sussistenza dei caratteri tipici della subordinazione;
che il quarto motivo è infondato avendo la Corte di appello
correttamente applicato l’orientamento di questa Corte in riferimento
alla applicabilità dell’art. 2225 cod. civ. secondo cui ” Il principio della
retribuzione sufficiente di cui all’articolo 36 della Costituzione riguarda
esclusivamente il lavoro subordinato mentre per tutte le altre
prestazioni un intervento del giudice per la determinazione del
Ric. 2016 n. 18665 sez. ML – ud. 09-11-2017
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veda la citata Cass., S.U., n. 8053/14 secondo cui il controllo della

compenso può ammettersi solo se specificamente previsto da
disposizioni legislative. Peraltro, in tema di lavoro autonomo in
generale, compreso il lavoro autonomo cosiddetto .parasubordinato
(nozione giuridicamente rilevante soltanto sul piano processuale, non
su quello delle regole sostanziali), è previsto dall’art. 2225 cod. civ. che

ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo, ma ciò solo
nel caso che non sia stato convenuto dalle parti e non possa esser
stabilito secondo le tariffe professionali o gli usi, e non può essere
invocato in tema di compenso per prestazioni lavorative autonome,
ancorché rese, con carattere di continuità e coordinazione, nell’ambito
di un rapporto di collaborazione. (Cass. n. 28718 del 03/12/2008;
Cass. n. 17564 del 01/09/2004); ed infatti ha rilevato che per l’attività
svolta nel periodo in questione dalla Mambelli la stessa aveva ricevuto
un corrispettivo convenuto dapprima in misura di euro 650,00 mensili,
poi, aumentati ad curo 1000,00;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo in favore del controricorrente;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 cater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti
iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame
(Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e
numerose successive conformi);

P.Q.M.
Ric. 2016 n. 18665 sez. ML – ud. 09-11-2017
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il giudice possa determinare il corrispettivo in relazione al risultato

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella
misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del collima 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2017
esidente

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della

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