Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29923 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2018, (ud. 14/06/2018, dep. 20/11/2018), n.29923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19060/2013 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e

difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO MARIA MONTALDO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè

PIRELLI & C. REAL ESTATE PROPERTY MANAGEMENT S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 624/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/02/2013 r.g.n. 6455/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI;

udito l’Avvocato ENRICO LUBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 14 febbraio 2013, la Corte d’appello di Roma dichiarava la nullità della cessione del contratto di lavoro di R.C. da Telecom Italia s.p.a. a Pirelli & C. Real Estate Property Management s.p.a. e la prosecuzione del rapporto di lavoro tra le due prime parti: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato la domanda della lavoratrice illegittimamente trasferita.

Preliminarmente esclusa la violazione dell’art. 2103 c.c., denunciata dalla lavoratrice appellante, per inapplicabilità alla fattispecie di assegnazione della medesima alla divisione Property Management in quanto diverso settore della stessa Telecom Italia s.p.a. e pertanto non integrante un trasferimento in senso tecnico (ossia da una sede di lavoro ad altra della stessa società), la Corte territoriale riteneva illegittimo il trasferimento del ramo d’azienda dalla predetta società a Pirelli & C. Real Estate Property Management s.p.a., in difetto del requisito di preesistenza, a norma dell’art. 2112 c.c., nel testo applicabile ratione temporis (come modificato dal D.Lgs. n. 18 del 2001, art. 1, in attuazione della Direttiva 98/50/CE, anche argomentando dal testo successivamente modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003), consistente in una struttura organizzativa funzionalmente autonoma già esistente e non creata in vista della cessione: come appunto accertato sulla base delle scrutinante risultanze istruttorie.

Con atto notificato il 2 agosto 2013, Telecom Italia s.p.a. ricorreva per cassazione con due motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; non svolgeva invece difese l’intimata Pirelli & C. Real Estate Property Management s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., per la confusione tra le distinte nozioni di autonomia funzionale (consistente nella mera idoneità del ramo alla produzione di un servizio o di un bene) e di consistenza organizzativa, mero indice della prima e non requisito additivo dell’individuazione del ramo, neppure esigente una specializzazione professionale dei lavoratori ad esso addetti qualora in esso siano esigui i beni materiali, nè la mancanza di rapporti della cessionaria con la cedente del ramo.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., per il difetto di prova di preesistenza del ramo ceduto erroneamente ritenuto.

3. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.

4. Essi sono infondati.

4.1. La Corte capitolina ha correttamente applicato i consolidati principi di diritto in materia di trasferimento di ramo d’azienda, a norma dell’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 (nel caso di specie peraltro non applicabile ratione temporis), secondo cui costituisce elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente. E ciò, anche secondo la sentenza della Corte di Giustizia del 6 marzo 2014, in C-458/12 (richiamata in particolare da: Cass. 28 settembre 2015, n. 19141 per avere, a fini di applicazione della direttiva 2001/23/CE del 12 marzo 2001, ribadito la necessità di una sufficiente autonomia funzionale, anteriormente al trasferimento, della quota d’impresa ceduta; ferma restando la possibilità, in forza dell’art. 1, par. 1, lett. a, b della citata direttiva, per la normativa nazionale di estensione dell’obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori trasferiti pure nell’ipotesi di non preesistenza del ramo d’azienda), presuppone una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (Cass. 15 aprile 2014, n. 8757; Cass. 31 maggio 2016, n. 11247; Cass. 31 luglio 2017, n. 19034; Cass. 29 novembre 2017, n. 28508).

4.2 Ed è poi noto come un ramo d’azienda ben possa essere individuato, quando non occorrano particolari mezzi patrimoniali per l’esercizio dell’attività economica, anche da un complesso stabile organizzato di persone, addirittura in via esclusiva allorquando siano dotate di particolari competenze e stabilmente coordinate ed organizzate tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili (Cass. 6 aprile 2016, n. 6693, con richiamo di precedenti di legittimità e della Corte di Giustizia UE in motivazione).

4.3. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato in fatto la carenza di prova dell’esistenza di un ramo d’azienda, in esito a puntuale scrutinio degli elementi allegati e acquisiti dalle risultanze istruttorie. E ciò ha congruamente argomentato con piena adeguatezza sotto il profilo logico – giuridico (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo di pg. 7 della sentenza), sicchè è insindacabile nel giudizio di legittimità, preclusivo di una revisione del giudizio di merito e di una nuova pronuncia sul fatto, siccome estranee alla sua natura e finalità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394); tanto meno in una prospettiva di ricostruzione dei fatti operata dalla parte in contrapposizione a quella del giudice di merito, incensurabile dal giudice di legittimità, al quale solo pertiene la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412).

Un tale sindacato è tanto più precluso dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, in difetto di deduzione di omesso esame di un fatto, invero scrutinato, ma della sua valutazione, non censurabile (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

5. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza, con distrazione, secondo la loro richiesta, ai difensori antistatari. Nulla deve invece essere liquidato a carico dell’intimata Pirelli & C. Real Estate Property Management s.p.a..

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna Telecom Italia s.p.a. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 20novembre 2018

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