Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29920 del 13/12/2017


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Cassazione civile, sez. un., 13/12/2017, (ud. 07/11/2017, dep.13/12/2017),  n. 29920

Fatto

Con sentenza n. 2776/2013 la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Sicilia, accogliendo la domanda giudiziale che era stata proposta dalla Procura regionale della medesima Corte, ha condannato C.C., ex sindaco del Comune di Campobello di Marzara, al pagamento al predetto Ente locale della somma di Euro 304.481,77, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dagli illegittimi conferimenti di numerosi incarichi a soggetti estranei all’Amministrazione comunale.

Avverso il provvedimento suddetto Ciro Caravà ha interposto gravame dinanzi alla Sezione Giurisdizionale d’Appello della stessa Corte, deducendo, in particolare, il difetto di giurisdizione del giudice contabile che avrebbe con il suo sindacato, in base alla tesi propugnata dall’appellante, invaso la sfera del “merito” riservata all’amministrazione con conseguente superamento dei limiti esterni della giurisdizione.

Il giudice contabile di seconde cure, rigettando l’eccezione preliminare predetta, ha parzialmente riformato il dictum del giudice di primo grado confermando la sussistenza della responsabilità amministrativa patrimoniale di C.C. ma rideterminando la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno a Euro 287.438,07, per via della decurtazione delle spese dovute per alcuni degli incarichi esterni conferiti ritenuti legittimi.

C.C. ha presentato ricorso per cassazione contro la sentenza predetta ex art. 362 c.p.c., riproponendo la questione di giurisdizione già formulata nel precedente grado di giudizio.

La Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti, ha proposto controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. un unico motivo di ricorso C.C. denuncia la “violazione della L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1 – violazione dei limiti esterni alla giurisdizione contabile e della riserva di amministrazione – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.”.

In particolare, seconda la tesi propugnata dal ricorrente, la sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti avrebbe invaso con il proprio sindacato la sfera del merito riservata all’Amministrazione, “celando con rilievi di violazione di canoni di buona amministrazione astratti e indeterminati” un giudizio d’opportunità formulato ex post.

2. La censura è infondata, ai sensi della L. n. 20 del 1994, della art. 1, comma 1, (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti), nel giudizio di responsabilità amministrativa, al giudice contabile è posto il divieto di sindacare nel merito le scelte discrezionali dell’amministrazione. Pertanto, l’organo giurisdizionale non può sostituirsi all’amministrazione nel compiere scelte d’opportunità, trasformandosi da “operatore di giustizia” ad “amministratore”. Tuttavia, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che l’azione discrezionale dell’amministrazione non sia sottoposta al vaglio di alcun parametro normativo, sicchè la stessa si trasformi in espressione di puro “arbitrio”.

Affinchè l’azione dell’amministrazione sia legittima è necessario che la stessa non si ponga in contrasto con la normativa di riferimento rappresentata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 6, dalla L.R. n. 48 del 1991, art. 1, lett. h), dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 110, comma 6, nonchè dalla L.R. n. 7 del 1992, art. 14 da cui si ricava il consolidato principio secondo il quale il conferimento di incarichi a soggetti estranei all’amministrazione è consentito solo nei casi previsti dalla legge o in relazione ad eventi straordinari, ai quali non si possa far fronte con la struttura burocratica esistente (ex multis Cass., Sez. Un., n. 10069/2011; Cass., Sez. Un., n. 5288/2009).

Parimenti, l’azione amministrativa non può non conformarsi ai canoni di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia, diretto corollario del principio di rango costituzionale del “buon andamento” sancito dall’art. 97 Cost., comma 2.

Secondo costante orientamento di questa Corte, difatti, “sulla configurazione di spazi discrezionali – e quindi di aree di insindacabilità -, svolgono un essenziale effetto conformatore i principi di economicità e di efficacia, contenuti nella L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 1, i quali, anche per l’attività regolata dal diritto pubblico, costituiscono un’ulteriore limite alla libertà di valutazione conferita alla p.a. Tali criteri non esprimono un mero ed enfatico richiamo ai principi di legalità e di buona amministrazione contenuti nell’art. 97 Cost. Si tratta, infatti, non di un vincolo ad un generale dovere (quale quello del perseguimento del pubblico interesse affidato al singolo organo amministrativo), la cui concreta applicazione dà luogo non ad esercizio di discrezionalità amministrativa, ma a vere e proprie regole giuridiche, la cui inosservanza può dar luogo alla misura – correttiva o repressiva – che il giudice deve applicare ad esito della sua verifica. Tali principi, quindi, costituiscono una regola di legittimità dell’azione amministrativa, la cui osservanza può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, nel senso che lo stesso comporta il controllo della loro concreta applicazione, essendo lo stesso estraneo alla sfera propriamente discrezionale” (così Cass., Sez. Un., n. 7024/2006).

Siffatti fondamentali canoni conformatori assumono, dunque, rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa (ex plurimis Cass., Sez. Un., n. 10814/2016; Cass., Sez. Un., n. 21217/2015; Cass., Sez. Un., n. 25037/2013; Cass., Sez. Un., n. 10069/2011; Cass., Sez. Un., n. 14488/2003).

Alla luce delle considerazioni suesposte appare, pertanto, conforme al dettato normativo il sindacato del giudice contabile il quale non ha compiuto una scelta d’opportunità tra diverse soluzioni possibili, ma ha giudicato della legittimità dei provvedimenti di conferimento di incarichi esterni secondo il paramento normativo rappresentato dalle disposizioni vigenti in materia e dai principi di rango costituzionale conformatori dell’attività amministrativa.

Il principio di insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali non preclude al giudice contabile di esaminare l’operato della pubblica amministrazione con riferimento ai parametri dell’efficacia, dell’efficienza e della economicità, dovendosi escludere che il giudice contabile abbia travalicato i limiti esterni della sua giurisdizione.

3. Non possono, invece, trovar ingresso nell’odierno giudizio le ulteriori argomentazioni addotte dal ricorrente relative all’assolvimento dell’onere probatorio da parte della Procura e, dunque, attinenti al merito della domanda, nonchè le doglianze relative alla violazione della normativa in materia, potendo il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti del giudice contabile essere proposto soltanto per motivi di giurisdizione ex art. 111 Cost., comma 8.

Sicchè, dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti, il ricorso va respinto.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio, stante la natura di parte meramente formale della Procura Generale della Corte dei Conti.

Considerato l’esito negativo della proposta impugnazione, il ricorrente è tenuto al versamento dell’ulteriore contributo unificato come per legge.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’udienza pubblica, il 7 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017

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