Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29919 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. II, 30/12/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 30/12/2020), n.29919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2239/2016 proposto da:

PAROLINO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO CAMILLERI, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AUTOCARROZZERIA GS SCIABICA MULTISERVICE S.R.L., in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avvocato SIMONA GRAZIA FULCO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 894/2015 del TRIBUNALE di AGRIGENTO,

depositata il 10/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata dalla Parolino S.r.l. la sentenza n. 894/2015 del Tribunale di Agrigento con ricorso fondato su due motivi e resistito con controricorso della parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte controricorrente, Autocarrozzeria GS, otteneva dal Giudice di Pace di Agrigento D.I. n. 533 del 2012, col quale veniva ingiunto alla Parolino S.r.l. il pagamento della somma di Euro 3.122,27 per i lavori di riparazione in atti meglio specificati.

A seguito di opposizione a D.I. della detta S.r.l. il medesimo suddetto G.d.P., con sentenza n. 170/14 respingeva l’opposizione stessa e confermava l’emesso D.I..

La Parolino S.r.l. interponeva appello avverso la decisione del Giudice di prime cure ed il Tribunale di Agrigento, nel contraddittorio delle parti, accoglieva parzialmente – con la sentenza oggetto di ricorso – il proposto gravame riducendo, in sostanza, il dovuto dalla Parolino S.r.l. alla minor somma di Euro 2.000,00.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura la pretesa “violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per il mancato esame di una parte sostanziale della domanda definita dal Tribunale di Agrigento, circostanza nuova in sede di appello”.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce “l’omesso esame di un fatto principale, costituente parte sostanziale e decisiva della domanda”.

3.- I due suesposti motivi, per loro sostanziale ed indubbia connessione, possono essere trattati congiuntamente.

Con entrambe le svolte censure parte ricorrente intende sostenere una non svolta e compiuta valutazione di quanto dalla stessa parte richiesto in giudizio.

Parte ricorrente avrebbe – a suo dire – contestato in toto la domanda svolta nei suoi riguardi dalla Autocarrozzeria GS ed, inoltre, avrebbe sostenuto la totale insussistenza del credito azionato monitoriamente per la sua originaria inesistenza.

Orbene, a prescindere dal fatto che – ove pure svolta – la detta censura non poteva che ritenersi implicitamente respinta con l’accoglimento, dapprima in tutto e poi in parte, della domanda giudizialmente azionata dall’intimante, deve osservarsi altresì quanto segue.

Parte ricorrente non dice e specifica atti e contenuti delle proprie doglianze eventualmente non esaminate.

Non dice, insomma, la sede in cui avrebbe del tutto escluso, formulando apposita istanza di pronuncia nel corso del giudizio, il conferimento stesso dei lavori di autocarrozzeria per cui vi era stata ingiunzione monitoria.

La medesima parte si limita, oggi e dopo due gradi di giudizio, a ricostruire una propria versione dell’oggetto dei giudizi (cui essa ha partecipato), prospettando che “non vi è alcun elemento ragionevole per ritenere che il giudizio in primo grado non abbia avuto ad oggetto il credito vantato in D.I. nella sua interezza”.

Senonchè agli atti risulta che la società odierna ricorrente deduceva l’effettuazione non a regola d’arte dei lavori di autoriparazione, e oggi – in violazione del principio di autosufficienza – la stessa parte ricorrente non specifica, nè indica nè trascrive quali sue conclusioni processuali sarebbero state non esaminate e valutate (in relazione alla pretesa negazione di ogni commissione di lavori), affidando oggi le proprie doglianza ad una soggettiva e del tutto particolare ricostruzione dell’oggetto del giudizio di merito.

Le censure di cui ad entrambi i motivi congiuntamente qui esaminati sono, in punto, carenti sotto il profilo del compiuto adempimento degli oneri connessi all’ossequio del noto principio di autosufficienza.

Al riguardo non può che richiamarsi la consolidata giurisprudenza in argomento ed il noto principio già affermato dalle S.U. di questa Corte, secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto (e dove sia stato prodotto nelle fasi di merito)” (cfr., per tutte. Cass. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547).

I motivi sono, quindi, del tutto inammissibili.

4.- Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel suo complesso.

5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 1.900,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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