Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29917 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 16/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEL CORSO 117, presso lo studio dell’Avvocato TONELLO ALDO,

che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato PALMA DOMENICO,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA (I.N.P.D.A.P.) (OMISSIS), in

persona del Presidente, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocato MANGIAPANE FILIPPO, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3028/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA

dell’1/04/2010, depositata il 05/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.A., dipendente del Ministero del Lavoro a seguito della soppressione dell’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, Agensud (già Cassa del Mezzogiorno) di cui era stato dipendente, cessata dal servizio presso il Ministero dopo il 9 febbraio 1995, chiedeva a carico dell’Inpdap una somma a titolo di restituzione dell’eccedenza contributiva; sia il Tribunale sia la Corte d’appello di Roma rigettavano la domanda.

Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione la parte soccombente; L’Inpdap ha resistito con controricorso.

Si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, (così come introdotto dal D.L. n. 355 del 1994, convertito in L. n. 104 del 1995).

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;

Letta la memoria di parte ricorrente;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili e non risultano validamente smentiti dalla memoria;

Infatti si è già ritenuto (Cass. n. 12959 del 27/05/2010 e n. 24909 del 2010) che “In tema di trattamento previdenziale del personale dell’Agensud transitato ad altra Amministrazione, il D.Lgs. n. 96 del 1993, l’art. 14-bis, comma 4, aggiunto dal D.L. n. 32 del 1995, art. 9, convertito nella L. n. 104 del 1992, che riconosce agli ex dipendenti dell’Agensud la possibilità di chiedere la restituzione dei contributi non più utili a fini pensionistici, si applica esclusivamente a favore del personale cessato dal servizio dopo il 13 ottobre 1993 e anteriormente al 9 febbraio 1995, data di entrata in vigore del decreto legge citato, dovendosi escludere – anche alla luce delle sentenze della Corte Cost. n. 219 del 1998 e n. 404 del 2000 – l’irragionevolezza di suddetta limitazione o la sussistenza di una disparità di trattamento, in quanto, nel nostro ordinamento, alla base della contribuzione non vi è necessariamente un principio di corrispettività tra contributi e pensioni ma un dovere di solidarietà ex art. 38 Cost., con conseguente inesistenza di un principio generale di restituzione dei contributi legittimamente versati per i quali manchino o non possano più verificarsi i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale. Nè può ritenersi la violazione del principio di uguaglianza, derivando il differente trattamento dei dipendenti considerati dall’art. 14-bis citato rispetto a quelli transitati ad altri ruoli, da una diversità di situazione conseguente alla scelta operata dal dipendente stesso in relazione alle opzioni – dalla cessazione del rapporto con deroga del regime di sospensione pensionistico all’epoca vigente, all’avvio di un nuovo rapporto con definizione del trattamento pregresso, fino alla ricongiunzione dei servizi con riconoscimento di un nuovo inquadramento – offerte dal legislatore. “Non ci sono motivi per discostarsi da detti precedenti.

Il ricorso va quindi rigettato;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00 per esborsi e tremila/00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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