Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29914 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 16/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA SANITA’ (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell’Avvocato FERRI VINCENZO,

rappresentato e difeso dall’Avvocato FORMATO CESARE, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5868/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

22/10/2009, depositata il 04/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Napoli, riformando la statuizione di primo grado di integrale rigetto, ed affermata la legittimazione del Ministero della Salute, accoglieva la domanda proposta da M.L. nei confronti del suddetto Ministero intesa ad ottenere la rivalutazione, sulla base degli indici Istat, anche della indennità integrativa speciale, per il periodo dal 1.9.2003 al 31.12.2004, computata nell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 di cui godeva.

Avverso detta sentenza il Ministero propone ricorso con un motivo.

Il M. resiste con controricorso.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta fondatezza del ricorso;

Letta la memoria del Ministero;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione non sono condivisibili in forza della declaratoria di incostituzionalità sopravvenuta, per cui il ricorso va dichiarato manifestamente infondato;

1. Restano ferme, sulle questioni preliminari, le argomentazioni di cui alla relazione, per cui, in primo luogo, contrariamente a quanto si eccepisce in controricorso, è vero che nessun giudicato a favore del M. può ritenersi formato, a causa della precedente sentenza del Tribunale di Napoli n. 1398/2005 che ebbe a riconoscere la rivalutazione dell’indennità integrativa speciale per il periodo precedente 1.1.96-30.8.2003. Invero si assume in controricorso che detta sentenza sarebbe passata in giudicato, e si dichiara di allegare a riprova il deposito del certificato di non pendenza dell’appello nei suoi confronti. Agli atti del controricorrente, tuttavia, si rinviene solo la diversa sentenza del Tribunale di Napoli n. 312/2005 e non vi è traccia del documento attestante il suo passaggio in giudicato.

Inoltre il diritto alla rivalutazione di detta indennità per un periodo, non farebbe stato per il diritto riguardante un periodo successivo, stante i limiti del giudicato nelle obbligazioni periodiche (Cass. SU 19750/1997, e sez. lav. 109333/2007, 7487/2000).

2. Nel merito però il ricorso è infondato.

Infatti era stato affermato (Cass. n. 21703 del 13/10/2009) che “In materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni od emoderivati, la rivalutazione annuale non si applica all’indennità integrativa speciale, prevista alla L. 25 luglio 1992, n. 210, art. 2, comma 2, sia perchè il legislatore ne ha espressamente stabilito il riconoscimento solo per l’indennizzo, autonomamente disciplinato dall’art. 2 cit., comma 1 (così come modificato dalla L. 25 luglio 1997, n. 238), sia perchè l’indennità integrativa speciale ha proprio la funzione di attenuare od impedire gli effetti della svalutazione monetaria, per cui è ragionevole che ne sia esclusa normativamente la rivalutabilità”.” Era stato così disatteso il precedente orientamento di cui a Cass. N. 15894 del 2005.

La infondatezza della pretesa era stata poi confermata dalla successiva sentenza n. 22112 del 2009, che si era data carico di risolvere il contrasto;

Inoltre con il D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 convertito in L. n. 122 del 2010, si è disposto che “la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, comma 2 e successive modifiche si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo della indennità integrativa speciale non è rivalutato secondo il tasso di inflazione”.

3. Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 293 del 2001, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 11, commi 13 e 14, ritenendo tale disciplina non conforme al parametro dettato dall’art. 3 Cost., comma 1.

Si è affermato con detta sentenza che: Va premesso che, come questa Corte ha già chiarito, la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari può determinare, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione dell’art. 2043 c.c., il diritto ad un equo indennizzo, in forza dell’art. 32 in collegamento con l’art. 2 Cost., qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale, come la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla quale è stato assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento sanitario che, pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società: sentenza n. 27 del 1998); nonchè il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma dell’art. 2 Cost. e dell’art. 38 Cost., comma 2, a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996). La situazione giuridica di coloro che, a seguito di trasfusione, siano affetti da epatite è riconducibile all’ultima delle ipotesi ora indicate. E il legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, è intervenuto con la L. n. 210 del 1992, prevedendo (tra l’altro) un indennizzo consistente in una misura di sostegno economico, fondato sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cost., a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006, punto 3 del Considerato in diritto), misura che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel settore (sentenza n. 28 del 2009). Le scelte del legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura, della gradualità e dei modi di erogazione delle provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della sua discrezionalità. Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse non siano affette da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non comportino una lesione della parità di trattamento o del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006 e n. 226 del 2000). Ciò posto, si deve rilevare che con la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 363, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), è stato disposto che “L’indennizzo di cui alla L. 29 ottobre 2005, n. 229, art. 1 è riconosciuto, altresì, ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco, nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della macromelia”. La L. 29 ottobre 2005, n. 229, art. 1 rinvia, a sua volta, ai soggetti di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1 e disciplina l’ulteriore indennizzo ai medesimi spettante, determinandone importo e modalità di erogazione (comma 1). Il comma 4 della norma statuisce che “L’intero importo dell’indennizzo, stabilito ai sensi del presente articolo, è rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT”. Per il richiamo effettuato dalla L. n. 24 del 2007 all’intero L. n. 229 del 2005, art. 1 anche quest’ultima disposizione si applica all’indennizzo riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide. Del resto, il regolamento di esecuzione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 363, recato dal D.M. 2 ottobre 2009, n. 163 ribadisce nell’art. 1, comma 4, che l’importo dell’indennizzo suddetto “è interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT”.

Orbene, come già chiarito da questa Corte, non è ravvisabile irrazionale disparità di trattamento dei soggetti danneggiati in modo irreversibile da emotrasfusioni rispetto a quanti abbiano ricevuto una menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie, trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522 del 2000). Non altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone affette da sindrome da talidomide. Invero, la ratio del beneficio concesso a tali persone è da ravvisare nell’immissione in commercio del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, sicchè esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello del beneficio introdotto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3. Nella sindrome da talidomide, come nell’epatite post-trasfusionale, i danni irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall’autorità nell’ambito di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure hanno natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost.. In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite post-trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide. A questi ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero indennizzo, mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1) è negata proprio sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici. La tesi della difesa dello Stato, secondo cui essi in realtà resterebbero differenziati ab origine, “nel senso che il relativo ammontare è comunque diverso”, anche a prescindere dalla rivalutabilità o meno della componente commisurata alla indennità integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non può essere condivisa. Infatti, il diverso ammontare dell’indennizzo attiene alla determinazione del quantum e, quindi, risponde a legittime scelte discrezionali del legislatore che non sono qui in discussione. Esse, comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate. Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, art. 1, comma 1. La declaratoria riguarda anche il successivo comma 14, trattandosi di disposizione strettamente connessa alla precedente, in quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della norma interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte. Il ricorso va quindi rigettato con compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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