Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29910 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8557/2019 R.G., proposto da:

R.C., rappresentata e difesa dall’Avv. Fiorini Tiziana e

dall’avv. Falco Francesco, con studio in Pomezia (RM), ove

elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.:

tiziana.fiorini.legalmail.it), giusta procura in margine al ricorso

introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

il Comune di Pomezia (RM), in persona del Sindaco pro tempore,

autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di

deliberazione adottata dalla Giunta Municipale il 29 dicembre 2009

n. 304, rappresentato e difeso dall’Avv. di Benedetto Pietro, con

studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in

margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente avverso –

la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del

Lazio il 20 settembre 2018 n. 6275/07/2018, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

ottobre 2020 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

R.C. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 20 settembre 2018 n. 6275/07/2018, non notificata, la quale, in controversia su impugnazione avverso avviso di accertamento per la T.A.R.S.U. relativa all’anno 2009, ha accolto l’appello proposto dal Comune di Pomezia (RM) nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 28 aprile 2016 n. 11884/62/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha riformato la decisione di primo grado, sul rilievo della facoltà per l’ente impositore di desumere – la superficie dell’immobile – per il calcolo della tassa dall’incrocio dei dati posseduti con quelli risultanti dal Catasto. Il Comune di Pomezia (RM) si è costituito con controricorso. CONSIDERATO CHE:

Con unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione “dell’art. 2909 c.c. relativamente all’applicazione del D.P.R. n. 138 del 1998 e delle regole tecniche del 3.04.13”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente escluso l’applicabilità della circolare emessa dall’Agenzia delle Entrate il 7 dicembre 2005 n. 13/2005, senza pronunciarsi sul D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138 e sulle regole tecniche del 3 aprile 2013 di cui al provvedimento reso dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate 29 marzo 2013, prot. n. 39724/2013, art. 3, comma 2.

Diritto

RITENUTO

Che:

1. Il motivo – al limite dell’ammissibilità per la formulazione confusa e disorganica, essendone disagevole la stessa intelligibilità – è infondato.

1.1 Là ricorrente ha denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., deducendo la presunta formazione di un “giudicato interno” in relazione all’affermazione del giudice di prime cure circa l’applicazione del D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138 per la determinazione della superficie tassabile, sul presupposto che la controparte non avesse proposto appello sul punto.

1.2 Tuttavia, rileggendo il testo del ricorso in appello, si evince che il gravame atteneva proprio all’individuazione dei criteri di calcolo della superficie tassabile, essendo stata espressamente contestata, tra l’altro, l’applicabilità della Circ. A.d.E. 7 dicembre 2005, n. 13/2005. Per cui, tale censura involgeva per implicito anche il riferimento ad altre fonti legislative o amministrative (nella specie, al D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138 ed alle regole tecniche del 3 aprile 2013) che riguardassero, direttamente o indirettamente, il computo della superficie tassabile.

Il che esclude a monte la stessa formazione di un giudicato interno sulla predetta questione. Invero, è pacifico che il giudicato interno può formarsi soltanto in relazione al petitum e alla causa petendi, ma non anche alle argomentazioni difensive nè alla ratio decidendi, e a maggior ragione, quindi, in relazione all’applicazione di parametri fissati da norme legislative o regolamentari per la determinazione o la misurazione dei presupposti di imposta.

1.3 Per il resto, è pacifico che, in sede di accertamento per omessa denuncia della contribuente D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ex art. 71, comma 1, l’ente impositore ha desunto l’estensione della superficie di riferimento per il calcolo della T.A.R.S.U. attraverso l’incrocio dei dati posseduti con quelli risultanti dai registri catastali.

Tale modus operandi è conforme alla previsione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 70, comma 3, nel testo novellato L. 30 dicembre 2004, n. 311,, art. 1, comma 340, il quale, nel disciplinare il contenuto delle “denunce” da parte dei contribuenti, ha disposto: “A decorrere dal 1 gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del Comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio ‘la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il Comune, della consistenza di riferimento”.

Le “Modalità di interscambio tra l’Agenzia delle Entrate e i Comuni dei dati inerenti la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte nel catasto edilizio urbano, ai sensi del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 14, comma 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214” sono state stabilite con provvedimento reso dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate il 29 marzo 2013, prot. n. 39724/2013, che ha fatto rinvio (art. 3, comma 2) a “regole tecniche” pubblicate il 3 aprile 2013.

1.4 Ai sensi del citato provvedimento, art. 2, comma 1, l’Agenzia delle Entrate rende disponibili ai Comuni i dati relativi alla superficie catastale, determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138, con riferimento alle unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte in catasto e corredate di planimetria.

1.5 Posto che il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 70, comma 3, quale integrato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 340, ha onerato i contribuenti, con decorrenza dall’1 gennaio 2005, di dichiarare ai fini T.A.R.S.U. una superficie non inferiore all’80% della superficie catastale con riguardo a tutti gli immobili censiti nel catasto edilizio urbano, i Comuni hanno piena facoltà – in sede di attività di accertamento con riguardo agli immobili che sono stati già oggetto di una precedente denuncia – di attingere ai dati dell’Agenzia delle Entrate per la determinazione delle superfici tassabili e, in caso di denuncia di una misura inferiore alla predetta percentuale (ma altrettanto, a maggior ragione, in caso di omessa denuncia e di constatazione d’ufficio di una misura maggiore della predetta percentuale), di modificare d’ufficio la superficie stessa, dandone comunicazione agli interessati. Ovviamente, se la superficie da dichiarare è maggiore, la tassa dovrà essere assolta su quest’ultima, ovvero su quella effettiva.

In concreto, i Comuni, dopo l’incrocio con i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, qualora si verifichino scostamenti fra le superfici dichiarate e quelle effettivamente da dichiarare, devono procedere d’ufficio all’emanazione di appositi avvisi di accertamento in rettifica.

1.6 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio enunciato, avendo ritenuto che l’ente impositore aveva correttamente operato nella determinazione della superficie tassabile, in sede di accertamento per omessa denuncia, attraverso l’incrocio dei dati in proprio possesso con quelli in disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, con riferimento alle dimensioni effettive dell’immobile.

2. Pertanto, stante l’infondatezza del motivo dedotto, il ricorso deve essere rigettato.

3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, che liquida nella somma complessiva di Euro 1.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie ed altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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