Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29907 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. II, 20/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 20/11/2018), n.29907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16252/2015 proposto da:

D.A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

FRANCESCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO SCIANNAMEA

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M., L.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA POMPONIO LETO 2, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

STRONATI, rappresentati e difesi dagli avvocati GIULIA ROMANELLI,

ALFONSO CAMPANILE giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2154/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/10/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.A.A. ha convenuto in giudizio L.R. e T.M. dinanzi al Tribunale di Trani, esponendo di esser comproprietario al 50% del fondo rustico sito in (OMISSIS), meglio descritto in citazione, acquistato in virtù di successione legittima da D.F.; che l’ulteriore quota del 50% era stata devoluta alla moglie del de cuius, C.M.C.A. ed era stata successivamente trasferita al dante causa dei convenuti, T.R., poi deceduto, con decreto di trasferimento del G.E. del tribunale di Trani del 24.5.1993 all’esito della procedura esecutiva intentata nei confronti della C..

Aggiungeva altresì che i convenuti occupavano il bene per l’intero, ledendo i diritti del D..

Nella resistenza dei convenuti, che eccepivano che il ricorrente aveva rinunciato all’eredità paterna in data 12.5.1988 e che, pertanto, C.M.C. era esclusiva proprietaria dell’immobile al momento della vendita, il Tribunale – con sentenza parziale n. 91/2011 – ha accolto la domanda ed ha dichiarato il ricorrente comproprietario dell’immobile, disponendo la prosecuzione del giudizio per la divisione ed il calcolo dei frutti dovuti.

La pronuncia è stata integralmente riformata in appello.

La Corte distrettuale di Bari con la sentenza n. 2154 del 30/12/2014 ha respinto la domanda del ricorrente.

In primo luogo ha confermato la correttezza della decisione del Tribunale quanto alla validità formale della rinuncia all’eredità paterna da parte dell’attore, trattandosi di questione che perdeva di rilievo, nel ragionamento del Tribunale, che aveva fatto leva sul principio “semel heres semper heres”, reputando quindi irrilevante la successiva rinuncia.

Tuttavia, ancorchè sia corretto il principio secondo cui non è dato rinunciare all’eredità una volta che la stessa sia stata accettata, secondo i giudici di appello non si era fatta corretta applicazione delle norme in tema di trascrizione, ed in particolare delle regole in punto di efficacia ed opponibilità ai terzi.

Ed, infatti, il dante causa degli appellanti aveva acquistato nel 1993, allorquando era stata già trascritta la rinuncia all’eredità del D.B., il che aveva condizionato la corretta ricognizione del regime dominicale del bene oggetto di causa.

A tal fine giovava agli appellanti la previsione di cui all’art. 2666 c.c., che dispone che la trascrizione da chiunque fatta, giova a tutti coloro che vi hanno interesse, sicchè, avendo l’attore fatto trascrivere la rinuncia, senza mai premurarsi di farla cancellare, la presenza della formalità non poteva che giovare anche ai convenuti, che avevano quindi fatto affidamento sulla titolarità esclusiva del bene in capo alla C..

Per la cassazione di questa sentenza ricorre D.A. sviluppando quattro motivi di ricorso, cui resistono con controricorso L.R. e T.M..

Il ricorrente ha depositato tardivamente memorie ex art 378 c.p.c., sicchè delle stesse non è possibile tenere conto ai fini della decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,342,346 c.p.c. e art. 2666 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la sentenza ritenuto decisiva la trascrizione della rinuncia all’eredità effettuata al ricorrente, benchè l’appellante non avesse denunciato in appello la violazione dell’art. 2666 c.c., per cui la questione non poteva essere esaminata d’ufficio, essendo oggetto di un’eccezione non riproposta in secondo grado e da ritenere rinunciata ai sensi dell’art. 346 c.p.c..

Il motivo è infondato.

Il D. ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento della comproprietà, per la quota del 50%, dell’immobile acquistato dalla resistente con decreto di trasferimento del giudice dell’esecuzione emesso il 24.5.1993.

Il Tribunale ha dichiarato la comproprietà dell’immobile, ritenendo inefficace la rinuncia all’eredità effettuata dal D., in quanto compiuta dopo che questi aveva accettato la predetta eredità con beneficio di inventario.

Di conseguenza la questione (concernente l’avvenuto acquisto della qualità di erede da parte del ricorrente, gli effetti della rinuncia all’eredità e della sua successiva trascrizione) era stata oggetto di dibattito in primo grado e costituiva uno dei punti decisivi della causa, il cui esame doveva ritenersi devoluto al giudice di appello.

Giova difatti considerare che, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico.

Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione (Cass. 16.5.2017, n. 12202; Cass. 4.2.2016, n. 2217), consentendo peraltro al giudice di appello di poter pervenire alla soluzione della controversia anche facendo applicazione di norme, che ritenga correttamente applicabili alla vicenda sottoposta al suo esame, ancorchè non richiamate espressamente dalle parti (da mihi factum, dabo tibi ius).

2. Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 519 e 674 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza conferito efficacia sanante alla trascrizione della rinuncia all’eredità, ritenendo erroneamente che la quota ereditaria spettante del D. si fosse accresciuta a vantaggio della C., non considerando che il ricorrente aveva accettato validamente l’eredità e non poteva più rinunciarvi, per cui doveva esser riconosciuto comproprietario dell’immobile.

Il terzo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2644 e 2666 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza trascurato che la trascrizione era idonea esclusivamente a produrre l’opponibilità della rinuncia nei confronti dei terzi ma non a sanare l’acquisto a non domino da parte della resistente, non potendo invocarsi la continuità delle trascrizioni, posto che sia l’accettazione dell’eredità che la successiva rinuncia, effettuate dal D., erano state trascritte.

Il quarto motivo censura l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la Corte di merito ritenuto efficace la rinuncia all’eredità effettuata dal ricorrente, pur avendo considerato che essa era stata compiuta dopo l’accettazione dell’eredità.

I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati nei limiti di cui in motivazione.

2.1. Il D. aveva accettato l’eredità in data 24.10.1979, allorquando era ancora minorenne, e l’inventario è stato redatto il 25.10.1979.

Su tali premesse la Corte di merito ha correttamente escluso che il ricorrente fosse incorso nella decadenza sancita dall’art. 485 c.c., per non aver eseguito l’inventario nel termine di tre mesi, poichè, a norma dell’art. 489 c.c., il minore accettante può provvedervi entro un anno dal raggiungimento della maggiore età (Cass. n. 9648/2000; Cass. n. 8832/1999; Cass. n. 9142/1995).

La sentenza impugnata ha però conferito indebito rilievo alla trascrizione della successiva rinuncia all’eredità, ritenendola idonea a determinare l’accrescimento della quota in favore della C., e a consolidare l’acquisto dell’intero immobile da parte della resistente sulla scorta della continuità delle trascrizioni, incorrendo nell’errore denunciato in ricorso.

Deve anzitutto rilevarsi che, mentre nel regime anteriore all’entrata in vigore del codice civile, la trascrizione della rinuncia era contemplata dal R.D. 30 dicembre 1933, n. 3272, art. 19, lett. c), (il quale – ai soli fini dell’imposta ipotecaria – sottoponeva alla trascrizione le sentenze dalle quali risultasse la qualità di erede o di legatario di beni immobili, l’accettazione o la rinuncia alla eredità, sia legittima, sia testamentaria), l’art. 2643 c.c., comma 1, n. 5, si limita a prevedere che devono rendersi pubblici con il mezzo della trascrizione gli atti tra vivi di rinuncia ai diritti immobiliari.

Parimenti, l’art. 2645 c.c., statuisce che deve rendersi pubblico – agli effetti previsti dall’art. 2644 c.c. – ogni altro atto che produca, in relazione a beni o diritti immobiliari, taluni degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643, salvo che dalla legge risulti che la trascrizione non è richiesta o è richiesta ad altri fini.

Come osservato in dottrina, le citate disposizioni ricollegano gli effetti previsti dagli artt. 2644 e 2650 c.c., alla trascrizione dei soli atti con cui il soggetto che sia già titolare di un diritto immobiliare dichiari di volervi rinunciare.

Tale condizione non ricorre nella rinuncia all’eredità poichè il chiamato alla successione non acquista, per effetto della mera delazione, alcun diritto sui beni facenti parte dell’asse ereditario ma la sola facoltà di accettare o di esercitare un rifiuto impeditivo di qualsivoglia acquisto iure successionis, dato che, come previsto dall’art. 521 c.c., comma 1, chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.

Si spiega in tal modo che, anche qualora l’acquisto per causa di morte si colleghi alla rinuncia di uno dei chiamati, non è necessaria la trascrizione della rinuncia, occorrendo solo presentare il documento che la comprovi e menzionarlo nella nota (art. 2662 c.c.).

2.2. Nel caso in esame, il ricorrente aveva accettato l’eredità ed aveva compiuto l’inventario nel termine di cui all’art. 489 c.c., per cui la successiva rinuncia del 12.5.1988 doveva considerarsi priva di effetto.

Nessun accrescimento della quota poteva determinarsi in favore della C., non potendo la trascrizione sanare l’inefficacia della rinuncia (Cass. n. 23127/2016; Cass. n. 2162/2005; Cass. n. 970/1967), nè comportare il consolidamento dell’acquisto della quota da parte del T. in base all’art. 2650 c.c., avendo la trascrizione solo effetti di mera pubblicità-notizia.

Occorreva semmai considerare che mentre il D. aveva ricevuto la quota per successione paterna, ed aveva trascritto l’accettazione dell’eredità, il dante causa dei resistenti aveva acquistato successivamente la medesima quota nell’ambito della procedura esecutiva intentata nei confronti della C., dovendo risolvere il conflitto tra l’erede accettante ed il terzo acquirente in base al regime di opponibilità disciplinato dall’art. 2919 c.c., comma 1 (cfr. Cass. 5888/1992), ovvero in base alle previsioni in tema di acquisto dall’erede apparente (per effetto delle quali, e risultando la trascrizione dell’acquisto dell’eredità da parte del D.B. anteriore all’acquisto del T., quest’ultimo sarebbe del pari risultato soccombente, come appunto esplicitato dalla previsione di cui dell’art. 534 c.c., u.c., specificamente dettato in tema di acquisti immobiliari).

3. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, e rigettato il primo motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, a diversa sezione della Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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