Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29902 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24195/2015 proposto da:

L.L., Lo.Lu., elettivamente domiciliati in Roma, V. G.

Nicotera 29, presso lo studio dell’avvocato Guzzo Michele,

rappresentati e difesi dall’avvocato Torchia Francesco, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

O.A., M.N., O.D., O.G.,

domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Taverna

Anna, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 574/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/06/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 9 giugno 2008, il Tribunale di Cosenza ha dichiarato inefficace la scrittura privata con cui O.A. e O.D. hanno ceduto rispettivamente a L.L. e Lo.Lu. le proprie quote (pari rispettivamente al 49% ed al 1%) della Lotrans s.r.l., convenzione contenente, peraltro, l’impegno degli acquirenti di manlevare i cedenti ed i signori O.G. e M.N. dalle fideiussioni da quest’ultimi assunte verso terzi nell’interesse della Lotrans nonchè di manlevare l’amministratore O.A. dalle obbligazioni derivanti dalla sua carica precedentemente rivestita.

Il giudice di primo grado ha, altresì, rigettato la domanda di condanna dei signori L. ad anticipare o rimborsare agli attori le somme che questi fossero stati eventualmente condannati a pagare ai creditori.

Aveva osservato il Tribunale di Cosenza che le parti non avevano provveduto a stipulare l’atto di cessione di quote con le formalità previste dall’art. 2470 c.c. e comunque la scrittura privata doveva ritenersi simulata atteso che, successivamente, O.A. e O.D. avevano ceduto le proprie quote sociali ad I.F..

Con sentenza depositata il 30 aprile 2015 la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato valida ed efficace tra le parti la scrittura privata del 13.9.2001 e per l’effetto ha dichiarato Lo.Lu. e L.L. tenuti a manlevare gli attori da ogni obbligazione afferente il loro status di fideiussori nei confronti delle banche e delle società di leasing nonchè O.A. da ogni obbligazione derivante dalla funzione di amministratore dallo stesso svolta, anche per periodi antecedenti alla scrittura privata.

Il giudice di secondo grado ha evidenziato che le formalità previste dall’art. 2470 c.c., sono richieste solo per rendere opponibile alla società l’atto di cessione di quote, che è comunque valido ed efficace tra le parti.

La Corte d’Appello ha, inoltre, ritenuto insussistente la simulazione della cessione ravvisata dal giudice di primo grado.

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione L.L. e Lo.Lu. affidandolo a tre motivi.

O.A., O.D., O.G. e M.N. si sono costituiti in giudizio con controricorso sollevando alcune eccezioni preliminari.

In particolare, i controricorrenti hanno, in primo luogo, eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere la sua notifica – avvenuta in un luogo diverso da quello dovuto – radicalmente nulla. In particolare, i controricorrenti hanno dedotto che il ricorso per cassazione era stato notificato al loro legale, avv. Francesco Riso Alimena, non a mani proprie, ma ad altro soggetto, ovvero nelle mani dell’avv. Sabrina Greco, e il loro stesso legale non aveva eletto domicilio nel precedente grado del giudizio presso la circoscrizione della Corte d’Appello di Catanzaro, con la conseguenza che il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere notificato presso la cancelleria della Corte d’Appello di Catanzaro.

I controricorrenti hanno, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere lo stesso stato notificato attraverso l’Ufficio notifiche del Tribunale di Cosenza anzichè di quello di Catanzaro, ove la sentenza impugnata era stata pronunciata, o di Roma.

Infine, i controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 3, per avere, ai fini dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, copiato pedissequamente gli scritti difensivi e le sentenze dei precedenti gradi di giudizio.

Il Procuratore Generale ha depositato una requisitoria scritta.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 180 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Prima di provvedere all’illustrazione dei motivi del ricorso, devono pregiudizialmente esaminarsi le eccezioni di rito sollevate dai controricorrenti, che sono infondate.

Va, in primo luogo, rigettata l’eccezione di inammissibilità per essere il ricorso stato notificato presso lo studio dell’avv. Riso in Cosenza e non presso la cancelleria della Corte d’Appello di Catanzaro.

In proposito, il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, comma 2, nello stabilire che, se il procuratore esercente il proprio ufficio fuori della circoscrizione del tribunale al quale è assegnato non ha eletto domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria procedente, il domicilio si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che tutte le notificazioni degli atti del processo, ivi compresa la sentenza conclusiva dello stesso, possono essere eseguite presso la cancelleria di detto giudice. La suddetta disposizione, essendo dettata al solo fine di esonerare la parte alla quale incombe la notificazione dai maggiori oneri connessi all’esecuzione della stessa fuori del circondario, non implica, tuttavia, alcuna nullità della notificazione eseguita al domicilio eletto dalla controparte presso lo studio del difensore esercente fuori del circondario (ma nei medesimo distretto), giacchè, in tal caso, la parte interessata alla notificazione adempie in maniera ancor più diligente agli obblighi che le incombono ai fini della ritualità della notifica stessa, che, in siffatta forma, vale ancor più a far raggiungere all’atto lo scopo previsto dalla legge (Cass. n. 4247 del 03/03/2015).

Deve essere parimenti rigettata l’eccezione di inammissibilità per essere la notifica stata effettuata da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente.

In proposito, questa Corte ha già più volte affermato che la notificazione del ricorso è in tal caso nulla, e non già inesistente, sicchè il corrispondente vizio deve intendersi sanato, per raggiungimento dello scopo e con efficacia “ex tunc”, dalla costituzione in giudizio del soggetto intimato. (Cass. n. 22995 del 29/10/2014).

Infine, il ricorso per cassazione non incorre nella sanzione di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 3, non avendo i ricorrenti provveduto alla mera riproduzione del contenuto degli atti processuali e delle sentenze dei precedenti gradi del giudizio, essendo state sintetizzate in modo adeguato le premesse fattuali dell’intera vicenda e rendendo il ricorso pienamente comprensibile la dinamica processuale.

2. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e 5, in relazione agli artt. 99, 112, art. 132 n. 4 e art. 164, l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della controversia (nel testo in vigore ante novella) nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (secondo il testo post novella).

Ad avviso dei ricorrenti, il thema decidendum che la Corte d’Appello avrebbe dovuto prendere in considerazione non era se il contratto dedotto a fondamento della domanda presentasse la forma prescritta per il definitivo, bensì se le parti avessero rispettato o meno i termini indicati per riprodurre il contratto nella forma prescritta per il definitivo.

Il giudice di secondo grado non aveva valutato correttamente la fattispecie concreta prospettata in entrambi i gradi del giudizio, ponendo a fondamento della pronuncia un fatto giuridico diverso da quello dedotto in giudizio.

Lamentano, inoltre, i ricorrenti che la Corte d’Appello, nell’escludere la fattispecie simulatoria, ha preso in considerazione la sola simulazione oggettiva non tenendo conto che la simulazione può avvenire anche per interposizione fittizia di persona.

2. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

Va preliminarmente osservato che il giudice di secondo grado, nell’inquadrare la fattispecie giuridica sottoposta al suo esame, ha tenuto conto del thema decidendum già definito dal giudice di primo grado alla luce delle deduzioni degli stessi odierni ricorrenti, convenuti in primo ed appellati in secondo grado.

Costoro, come riportato nel ricorso per cassazione alle pagg. 4 e 5, nel costituirsi in giudizio in primo grado e nel contestare la domanda attorea, avevano dedotto che la scrittura privata del 13.9.2001 “era da ritenersi assolutamente invalida ed inefficace, atteso che la stessa non era stata formalizzata nel termine stabilito ex art. 2470 c.c.”.

Le argomentazioni difensive degli odierni ricorrenti erano state accolte dal giudice di primo grado, il quale aveva ritenuto la scrittura privata “invalida, ed inefficace anche tra le parti, a determinare la cessione di quote sociali. Non avendo le parti stesse provveduto, nel termine contrattualmente stabilito, a stipulare l’atto di cessione delle quote sociali con le formalità previste dall’art. 2470 c.c.”.

Il giudice di secondo grado, nel riformare la sentenza di primo grado, non ha affatto stravolto il petitum/o la causa petendi su cui ha deciso il primo giudice, osservando, conformemente all’orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 23203/2013; conf. 25626/2017), che l’art. 2470 c.c., disciplina la forma del trasferimento di quota di società a responsabilità limitata perchè sia opponibile alla società, mentre, nei rapporti tra le parti, in forza del principio di libertà delle forme, la cessione medesima è valida ed efficace in virtù del semplice consenso manifestato dalle stesse, non richiedendo, la forma scritta nè “ad substantiam”, nè “ad probationem”.

Peraltro, si appalesa fuorviante l’odierna difesa dei ricorrenti secondo cui la questione giuridica sottesa non sarebbe tanto se il contratto presentasse la forma prescritta per il definitivo quanto se le parti avessero rispettato o meno i termini per riprodurre il contratto nella forma prescritta per il definitivo.

Il preciso riferimento contenuto nella comparsa di risposta (depositata in primo grado dagli odierni ricorrenti) alla mancata formalizzazione dell’atto di cessione dii quote nel termine stabilito ex art. 2470 c.c., evidenzia che gli stessi ricorrenti non hanno mai sollevato una questione di essenzialità del termine ex art. 1457 c.c., prospettando, invece, la questione dei termini sempre nel contesto della fattispecie dell’art. 2470 c.c. (non a caso si sono espressi in termini di “formalizzazione”), nella quale è previsto che affinchè l’atto di cessione di quote societarie abbia effetto, oltre che tra le parti, anche nei confronti della società è indispensabile che il consenso sia riprodotto con sottoscrizione autenticata e l’atto di trasferimento sia depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale.

Ne consegue che le censure dei ricorrenti sono infondate.

Si configurano, invece, come inammissibili, in quanto di merito, le doglianze con cui i ricorrenti censurano la valutazione del giudice di secondo grado di insussistenza della fattispecie della simulazione. Si tratta, infatti, di un apprezzamento in fatto che, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità a meno che la motivazione non sia omessa o apparente o perplessa o frutto del contrasto irriducibile di affermazioni inconciliabili e come tali incomprensibili (secondo i principi di cui alla sentenza del Supremo Collegio n. 8053/2014).

Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello, oltre ad essere immune da vizi logici, soddisfa pienamente “il minimo costituzionale”, essendo stato evidenziato, alla luce della relazione ex art. 22 L. Fall. e delle dichiarazioni testimoniali acquisite (per escludere che l’atto di cessione quote fosse simulato), che tutti i rapporti societari successivi all’atto di cessione di quote erano stati effettivamente gestiti dai cessionari signori L..

Va, peraltro, osservato che la Corte d’Appello, proprio con il mettere in luce che gli acquirenti delle quote avevano personalmente gestito i rapporti societari successivi all’atto di cessione, ha implicitamente escluso non solo la fattispecie della simulazione c.d. oggettiva, ma anche quella soggettiva o per interposizione fittizia di persona.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 12 preleggi, art. 111 Cost., n. 1, artt. 1962 e segg., artt. 1414 e 2729 c.c. ed art. 118 dis. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4.

Espongono i ricorrenti che la Corte d’Appello non ha valutato il petitum sostanziale, non ha considerato elementi di giudizio di fondamentale e decisiva importanza, come le presunzioni gravi, precise e concordanti derivanti da tutto il contesto logico/giuridico descritto, con una manchevole rappresentazione dello svolgimento del processo ad opera del giudice d’appello che non ha realizzato la concisa ma esauriente esposizione dei fatti di causa voluta dall’art. 132 c.p.c..

Osservano, inoltre, i ricorrenti che se i signori O. e M. avessero effettivamente già precedentemente ceduto le proprie quote societarie, non si spiegherebbe la ragione giustificatrice della successiva stipula con atto pubblico del 6.7.2004.

La successiva stipula del “definitivo” avrebbe dovuto indurre il giudice di secondo grado a ritenere il primo contratto improduttivo di effetti in quanto mancante di giustificazione causale.

4. Il motivo è inammissibile.

Come emerge inequivocabilmente dalla illustrazione dello stesso motivo di cui sopra, le censure dei ricorrenti – non facilmente intellegibili – si configurano, oltre che palesemente generiche, anche inammissibili in quanto di merito, essendo finalizzate a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice di secondo grado, allo scopo di far valere la simulazione esclusa dalla sentenza impugnata.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della controversia (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, nel testo in vigore ante novella), l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (secondo il testo post novella) nonchè l’erronea motivazione della decisione della Corte d’Appello di Catanzaro.

Lamentano i ricorrenti l’erroneità della decisione del giudice di secondo grado, ribadendo che quest’ultimo avrebbe dovuto esaminare la totalità delle figure della simulazione, compresa la simulazione soggettiva o interposizione fittizia di persona, oltre alla diversa fattispecie (rispetto a quella considerata dalla Corte) del negozio improduttivo di effetti in quanto scaduto il termine fissato pattiziamente per la conversione in negozio formale.

6. Il motivo va rigettato alla stregua delle motivazioni svolte a proposito del rigetto e/o declaratoria di inammissibilità dei primi due motivi.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA