Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29900 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, EMANUELE DE ROSE, che lo rappresenta e difende giusta

mandato speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 935/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del

15/02/2010, depositata il 23/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato Caliulo Luigi (delega Coretti) difensore del

ricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE che aderisce

alla relazione.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. Con ricorso al Tribunale di Bari, l’attuale parte intimata, operaia agricola a tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps chiedendo che venisse accertato il suo diritto ad un conguaglio dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2003. La ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4 sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

La domanda veniva accolta dalla Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza di primo grado. In particolare la Corte, rigettando la contraria tesi dell’Inps, riteneva che la retribuzione giornaliera presa a base del calcolo doveva comprendere la quota corrispondente al t.f.r.

2. Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo. L’intimata non risulta costituita.

3. L’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) nonchè in relazione all’art. 1362 c.c. e segg., all’art. 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

4. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio: Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva.

Tale interpretazione, peraltro ha trovato conferma nella norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18 convertito con modificazioni dalla L. n. 111 del 2011.

6. Il ricorso deve quindi esser accolto con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con decisione nel merito nel senso del rigetto della domanda.

Le spese dell’intero giudizio vengono compensate in considerazione del fatto che lo stesso legislatore ha ritenuto sussistere dubbi interpretativi che era opportuno eliminare con il richiamato intervento normativo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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