Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29899 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. I, 18/11/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 18/11/2019), n.29899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19592/2015 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio

Emanuele II n. 269, presso lo studio dell’avvocato Vaccarella

Romano, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

di Porta Pinciana n. 4, presso lo studio dell’avvocato De Sensi

Vincenzo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Bonfatti Sido, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso incidentale proposto da:

Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c.;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

B.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4231/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del quarto

motivo del ricorso principale, che assorbe il ricorso incidentale

diversamente fondato. Infondatezza degli altri motivi di ricorso

principale, in particolare del sesto motivo;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Vaccarella che ha chiesto

l’accoglimento;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Dazzi, con delega, che ha

chiesto il rigetto, con accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.C. conveniva in giudizio la Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c. (in seguito BPER o la banca) chiedendo che enisse dichiarata la nullità, l’annullabilità o la risoluzione dei contratti di compravendita di obbligazioni (OMISSIS) stipulati in data 14.3.03 e 27.3.03, previo accertamento della responsabilità (precontrattuale o contrattuale ovvero extracontrattuale) della stessa banca convenuta con conseguente condanna di quest’ultima a restituire all’attore la somma da questi corrisposta pari a Euro 72.885,34, oltre il risarcimento del danno. Assumeva a fondamento della domanda, che l’istituto di credito aveva violato gli obblighi d’informazione attiva (obbligo di illustrare preventivamente i rischi dell’operazione) e passiva (obbligo di raccogliere dal cliente le informazioni utili a valutare l’adeguatezza dell’operazione e conseguentemente di astenersi dall’operazione ove inadeguata), eseguendo operazioni rischiose e inadeguate, in obbligazioni emesse all’estero, prive di rating, fuori mercato ed in conflitto d’interessi, senza avvertire l’investitore.

Nella resistenza della banca, il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo sussistente la violazione degli obblighi informativi.

La BPER proponeva gravame che la Corte d’Appello di Roma accoglieva con sentenza n. 4231/14 pubblicata il giorno 25.6.2014, ritenendo che l’Istituto di credito non avesse violato alcuna delle norme di comportamento denunciate dall’investitore.

B.C. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte d’Appello di Roma affidando l’impugnazione a sette motivi. Resiste la banca con controricorso e ricorso incidentale, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia il vizio di nullità della sentenza o del procedimento, per violazione degli artt. 2712 e 2719 c.c. e art. 345 c.p.c. e conseguente violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. b) e dell’art. 28, lett. a) del reg. Consob n. 11522/98, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello aveva ritenuto corretto il comportamento della banca nella prestazione del servizio d’intermediazione finanziaria, sulla base del documento disconosciuto dall’investitore – che attestava il rifiuto del B. di fornire le informazioni richiestegli in merito alla propria esperienza in materia di investimenti finanziari.

Il secondo motivo prospetta il vizio di omesso esame circa uno o più fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e conseguente violazione dell’art. 21, comma 1, lett. b) e dell’art. 28, comma 1, lett. a) del reg. Consob n. 11522/98, in quanto la Corte d’Appello non aveva considerato che, pur in presenza del rifiuto del B. di fornire informazioni sul proprio profilo di rischio, la stessa banca aveva ritenuto la non adeguatezza dell’operazione per cui, in relazione a tutta una serie di indici, tra cui l’età del B., non era affatto esonerata dall’obbligo di un’informazione specifica sul prodotto finanziario richiesto, alla luce della situazione di mercato emergente dal report interno del 3.3.03 che indicava una chiara situazione di crisi della società emittente che richiedeva di essere comunicata all’investitore.

Il terzo motivo, deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2702 e 2709 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, giudici d’appello avevano attribuito rilevanza decisiva al doc. VI (costituito da” “un foglietto dattiloscritto di provenienza esclusiva della banca nel quale si indica la composizione del deposito titoli intestato al Sig. B.”), documento che era stato contestato nel suo contenuto dalla difesa dell’investitore e non costituiva scrittura privata, ai sensi dell’art. 2702 c.c., nè poteva avere il rilievo probatorio delle scritture contabili, ex art. 2709 c.c..

Il quarto motivo denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare degli artt. 1175,1337,1375 c.c. e del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23 e degli artt. 26-29 reg. Consob n. 11522/98, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avevano ritenuto che la banca non avesse violato alcuna delle norme che impongono gli obblighi informativi nell’attività d’intermediazione, sulla base del diniego di fornire informazioni sul proprio profilo di rischio da parte del B. e sull’adeguatezza dei titoli acquistati rispetto al portafoglio posseduto, nonchè sulla base del generico avvertimento “circa la non adeguatezza dell’operazione in relazione agli obiettivi, esperienza e propensione al rischio dell’investitore”, per come risulterebbe dall’ordine d’investimento.

Il quinto motivo denuncia il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e conseguente violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, anche se le istruzioni diffuse all’interno della banca, in merito alla situazione economico-finanziaria dell’emittente, erano del 31.3.03 e, quindi, di poco successive agli ordini d’investimento del 14.3.03 e del 27.3.03 ciò non significava che la stessa banca non ne fosse già a conoscenza in precedenza. Infatti il report interno della banca del 3.3.03 evidenziava già una situazione di allerta di cui il B. non era stato informato. Inoltre la banca convenuta era creditrice diretta della stessa banca (v. p. 21 del ricorso, penultimo cpv. ai fini dell’autosufficienza) e, quindi, era direttamente interessata alla collocazione dei titoli.

Il sesto motivo denuncia il vizio di nullità della sentenza, ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e il vizio di violazione degli artt. 1175,1375 e 1453 c.c. e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a, b, d ed e e art. 28, commi 3 e 4 reg. Consob n. 11522/98, in quanto, la Corte d’Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla correttezza dei comportamenti successivi all’ordine di acquisto impartito alla banca, quindi, sugli obblighi informativi in corso di rapporto di cui la banca si era resa gravemente inadempiente.

Il settimo motivo denuncia il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ovvero violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero dichiarato nulla la richiesta della banca di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, per mancanza di prova, allo stato, dell’avvenuto pagamento.

Il quarto motivo è fondato e va accolto con conseguente assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “La dichiarazione del cliente, contenuta nell’ordine di acquisto di prodotti finanziari e formulata in modo riassuntivo e generico, nella quale egli affermi di aver ricevuto un’informazione completa sulle caratteristiche e sui rischi dei medesimi prodotti, non può essere considerata una confessione stragiudiziale, a norma dell’art. 2735 c.c., perchè rivolta alla formulazione di un giudizio (sull’adempimento dell’obbligazione della controparte) e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo, ed intrinsecamente inidonea ad accertare quali concrete informazioni siano state fornite al cliente in ordine allo specifico prodotto finanziario; ne consegue che, in tal caso, 1 ordine del cliente di volere “comunque dare corso all’operazione”, a norma dell’art. 29, comma 3, del regolamento Consob n. 11522 del 1998, benchè impartito o registrato per iscritto, non vale ad esonerare da responsabilità la banca che non abbia offerto prova rigorosa di avere adempiuto agli obblighi informativi inerenti anche alle ragioni della ritenuta inadeguatezza dell’operazione.” (Cass. civ. sez. I n. 17726 del 6.8.2014 – massima non ufficiale Cass. civ. sez. I n. 11412 del 6.7.2012 e n. 18039 del 19.10.2012).

In particolare, la valutazione dell’adeguatezza delle operazioni al profilo di rischio del cliente ed alla sua buona conoscenza del mercato finanziario non escludono la gravità dell’inadempimento degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario finanziario (Cass. civ. sez. I n. 8333 del 4.4.2018), anche nel caso in cui l’investitore, nel contratto-quadro, si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi d’investimento e sulla propria propensione al rischio, in quanto l’intermediario deve comunque valutare l’adeguatezza dell’operazione d’investimento in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso, come, ad esempio, l’età, la professione, la presumibile propensione al rischio alla luce delle operazioni pregresse ed abituali, la situazione di mercato, (Cass. civ. sez. I n. 5250 del 16.3.2016). Nella presente vicenda, erroneamente la Corte d’Appello ha basato il suo giudizio su documentazione prodotta dalla banca che non solo era stata contestata dall’investitore, ma non aveva la valenza probatoria necessaria per far ritenere sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi sulla stessa incombenti. Inoltre la Corte di appello non ha tenuto conto delle informazioni di cui la banca era a conoscenza, nella sua posizione di creditrice dell’emittente e alla luce del report interno del 3.3.2003 (si veda, ai fini dell’autosufficienza, a pagina 20 e 21 del ricorso nonchè a pagina 20 e 21 del controricorso).

Va accolto il quarto motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti motivi e il ricorso incidentale, conseguentemente la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Roma, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

La Corte:

accoglie il quarto motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti e assorbito il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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