Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29896 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. II, 20/11/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 20/11/2018), n.29896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26746/2014 proposto da:

COMPAGNIA ELETTRICA ITALIANA s.r.l., in persona del legale

rappresentante V.F., rappresentata e difesa

dall’Avvocato ANTONIO BALDASSARRA ed elettivamente domiciliata

presso il medesimo in ROMA, VIALE IPPOCRATE 92;

– ricorrente –

contro

Q.G., V.P., C.U.,

CA.OR., D.P.C., c.e., D.P.G.,

F.A. e D.P.A. DCONDOMINIO (OMISSIS), rappresentati e difesi

dall’Avvocato DOMENICO LECCE, ed elettivamente domiciliati presso lo

studio di questo in SORA, VIA VITTORIO EMANUELE III 31;

– controricorrenti –

e contro

P.A.M., in proprio e quale unica erede di D.P.A.,

rappresentata e difesa dall’Avvocato BERNARDO MONTESANO CANCELLARA

ed elettivamente domiciliata (c/o Edonè s.r.l.) in ROMA,VIA L. CARO

50;

– controricorrente –

e contro

Q.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1566/14 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 7/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/05/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 3.6.1999, LIRI ENERGIA s.r.l. (successivamente incorporata da COMPAGNIA ELETTRICA ITALIANA s.r.l.), proprietaria in (OMISSIS) di due strisce di terreno, correnti lateralmente al canale derivatore delle acque del fiume (OMISSIS) verso la centrale idroelettrica, conveniva in giudizio i proprietari dei terreni finitimi a tali porzioni, instando per il regolamento dei confini, la restituzione delle aree abusivamente occupate e il risarcimento dei danni.

Instaurato il contraddittorio, all’esito di C.T.U. e dell’escussione di testi, il Tribunale di Cassino, Sezione distaccata di Sora, con sentenza n. 146/2008, accertava la linea di confine tra i fondi della società attrice – foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS) (lato sinistro del canale) e particelle (OMISSIS) (lato destro del canale) – e i fondi dei convenuti – foglio (OMISSIS), mappali (OMISSIS) – in conformità alle indicazioni del C.T.U.; dichiarava acquisita per accessione invertita, da parte dei convenuti CA.OR., D.P.C., c.e., D.P.G., D.P.A., F.A., la porzione di fondo occupata dai rispettivi tre edifici prevalentemente sui mappali (OMISSIS); dichiarava acquisita per usucapione, da parte di P.A.M. e DI.PA.AN. la proprietà della porzione delle particelle (OMISSIS), racchiuse all’interno della recinzione comune alla particella (OMISSIS), così come identificata nella C.T.U.; condannava i convenuti, titolari di fondi sulla sponda sinistra, al rilascio delle porzioni che erano risultate abusivamente occupate; le spese processuali erano compensate integralmente nei confronti di P. – Di.Pa. (sponda destra) e al 50% nei riguardi degli altri convenuti (sponda sinistra), con ripartizione in parti uguali delle spese di C.T.U..

Avverso detta sentenza la Compagnia Elettrica Italiana s.r.l. proponeva appello concludendo per l’accoglimento delle domande svolte, con condanna di tutti i convenuti al rilascio delle aree occupate, ivi comprese quelle edificate e quelle usucapite, oltre al risarcimento dei danni. Deduceva che P. e Di.Pa. non avevano provato l’esercizio del possesso utile per l’usucapione (secondo alcune testimonianze i dipendenti della Centrale avevano sempre effettuato ispezioni e provveduto alla pulizia delle sponde del canale, aprendo anche un cancello con una chiave) e non avevano svolto alcuna domanda riconvenzionale. Per quanto riguardava gli altri convenuti non avevano formulato alcuna domanda riconvenzionale, nè alcuna eccezione di accessione invertita ex art. 938 c.c., sicchè erastato violato l’art. 112 c.p.c. e difettava la prova della buona fede.

Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto del gravame. P.A.M. e DI.PA.AN. riconoscevano di aver formulato solo un’eccezione e non una domanda di usucapione. Q.G., V.P., C.U., CA.OR., D.P.C., c.e.; D.P.G., F.A., D.P.A. svolgevano appello incidentale ai fini della declaratoria di inammissibilità o del rigetto della domanda, volta alla nuova determinazione dei confini rispetto a quelli preesistenti. Deducevano che Liri Energia aveva acquistato i fondi con atto pubblico del 5.11.1996, “nello stato di fatto e di diritto in cui si trovavano” e il confine era da ritenersi certo, così come delineato dal dislivello esistente tra i fondi dell’attrice e quelli dei convenuti e dalla strada, realizzata dalla comune venditrice sul terreno residuo dopo le alienazioni dei terreni ai convenuti, previa delimitazione delle porzioni con picchetti infissi al suolo in conformità al frazionamento eseguito.

Con sentenza n. 1566, depositata il 7.3.2014, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cassino – Sezione distaccata di Sora n. 146/2008, accertava la linea di confine tra i fondi di Compagnia Elettrica Italiana s.r.l. – foglio (OMISSIS), part.lle 150, 178, 179, 181 (lato sinistro del canale) e part.lle 179, 177, 147, 245, 274 (lato destro del canale) – e i fondi di P.A.M. e Di.Pa.An., Q.T., Q.G., V.P., C.U., Ca.Or., D.P.C., c.e., D.P.G., F.A., D.P.A. – foglio (OMISSIS), mappali (OMISSIS) – in conformità al rilievo dello stato di fatto del C.T.U. di cui all. 5 della relazione depositata in data 24.1.2003; rigettava le domande di rilascio e dichiarava compensate le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, accollando le spese della C.T.U. in pari misura tra le parti.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la Compagnia Elettrica Italiana s.r.l. sulla base di tre motivi; resistono tutti i controricorrenti; la ricorrente e i controricorrenti Q.G., V.P., C.U., Ca.Or., D.P.C., c.e., D.P.G., F.A. e D.P.A. hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 1362 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto prevalente il contenuto negoziale del titolo di provenienza (atto pubblico del 5.11.1996) sulla autonoma ricostruzione delle particelle catastali operata dal CTU. Secondo la società ricorrente, la Corte di merito ha erroneamente applicato l’art. 950 c.c., il quale, nel disciplinare l’azione di regolamento di confini tra fondi contigui, prevede l’ammissibilità di ogni mezzo di prova e che, in mancanza di altri elementi, il giudice deve attenersi al confine indicato dalle mappe catastali. Osserva la ricorrente che la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la base primaria dell’indagine del Giudice di merito è costituita dall’esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà (Cass. n. 21686/2006; n. 8814/2003); ove si tratti di fondi appartenenti originariamente come unico appezzamento a un solo proprietario, deve farsi riferimento agli atti di frazionamento allegati ai contratti di vendita o di divisione (Cass. n. 512/2006; n. 6770/2001). E tale principio vale anche quando vi siano più acquisti successivi.

1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 1363 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3”. Secondo la Corte di merito, poichè Liri Energia ha acquistato i fondi nello stato di fatto e di diritto in cui si trovavano, il confine coinciderebbe con quello delineato dal dislivello esistente tra i fondi dell’attrice e quelli dei convenuti e dalla strada realizzata dalla comune venditrice. Osserva la ricorrente che la decisione impugnata trova fondamento nell’interpretazione di una mera clausola di stile, che non è idonea a esprimere una specifica volontà delle parti. La Corte d’Appello non ha fatto corretta applicazione delle regole che governano l’interpretazione del contratto e, in particolare, del canone che impone all’interprete di indagare la comune intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 c.c..

1.3. – Con il terzo motivo, la ricorrente deduce l'”Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5″, là dove la Corte d’appello, determinati i confini in conformità al rilievo dello stato di fatto, ha affermato che restavano assorbite le questioni afferenti ai presunti acquisti per accessione invertita o per usucapione, sicchè restavano caducati i relativi capi di sentenza dichiarativi degli acquisti ex artt. 938 e 1158 c.c.. Dichiarando assorbite le suddette questioni, il Giudice non ha svolto alcuna valutazione intorno ai fatti posti a fondamento del gravame; ciò, nonostante il fatto che, quanto all’accessione invertita, i convenuti non hanno mai formulato nè domanda riconvenzionale nè eccezione ex art. 938 c.c.; e che, riguardo alla usucapione si era eccepita l’assenza di prove e l’assenza di domanda specifica.

2. – Il primo motivo è fondato.

2.1. – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’accertamento del confine tra due fondi limitrofi, costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, la fonte primaria di valutazione è rappresentata dall’esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà e del frazionamento agli stessi allegato, potendo il giudice di merito ricorrere ad ogni altro mezzo di prova solo qualora, sulla base delle risultanze dei predetti elementi, il confine risulti comunque incerto (Cass. n. 189 del 2018; Cass. n. 6740 del 2016). A norma dell’art. 950 c.c., è ammissibile qualsiasi mezzo di prova per la determinazione del confine tra due fondi: tuttavia, qualora si tratti di fondi appartenenti originariamente come unico appezzamento ad un solo proprietario, deve necessariamente farsi riferimento agli atti di vendita o di divisione e al tipo di frazionamento ad esso allegato, che ne costituisce parte integrante (Cass. n. 4544 del 1979; Cass. n. 2670 del 1975; Cass. n. 392 del 1973).

La Corte di merito ha sottolineato che “tutti gli originari convenuti hanno acquisito la rispettiva proprietà dal medesimo dante causa, con atto pubblico in data 18.12.1980, sulla base del frazionamento operato dal geom. Ve.”. Tuttavia, anzichè considerare tutti gli elementi desumibili da tale frazionamento allegato all’atto di acquisto di provenienza (eventualmente chiarendone la portata), la Corte d’appello ha conferito preminente valore alla consistenza di fatto dei rispettivi fondi; con ciò, tuttavia, urtando contro il consolidato principio, secondo il quale, in tema di compravendita immobiliare, qualora le parti abbiano fatto riferimento, ad ulteriore e conclusiva precisazione rispetto alle altre indicazioni, al tipo di frazionamento allegato all’atto di vendita, detto frazionamento, quale elemento testuale della volontà negoziale, costituisce il dato primario per l’esatta identificazione del bene trasferito, in quanto la sua specificità non lascia margini di incertezza nella determinazione dei relativi confini (Cass. n. 6557 del 2015; Cass. n. 10600 del 2014; Cass. n. 10914 del 2011; cfr. in tal senso Cass. n. 501 del 2006; Cass. n. 3633 del 2004; nonchè Cass. n. 6770 del 2001, secondo cui nell’indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi contigui costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico rivestono importanza fondamentale i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamati con valore negozialmente vincolante).

2.2. – Per verificare i confini delle proprietà della società ricorrente, occorre prendere in esame l’atto di frazionamento ed alienazione del 18 dicembre 1982, giacchè la soluzione della controversia riguardante il più recente atto di alienazione del 5 novembre 1996 (cessione dal Fallimento (OMISSIS) s.p.a. alla Liri Energia successivamente incorporata dalla ricorrente) va ricercata nell’originario atto pubblico di frazionamento del 1982, posto in essere dalla C.R.D.M. s.p.a. (originaria unica proprietaria dei terreni) in favore degli odierni convenuti.

3. – Il primo motivo deve, pertanto, essere accolto; con assorbimento del secondo e del terzo motivo.

La sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, con assorbimento del secondo e del terzo motivo. Cassa e rinvia alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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