Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29895 del 25/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/10/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 25/10/2021), n.29895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18507-2020 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO N.

57, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA TURRENI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA MARIO APREA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7987/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 22/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LA

TORRE MARIA ENZA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

A seguito di rinvio da Cass. 29886/2018, la CTR Campania ha rigettato l’appello del contribuente, con decisione impugnata col presente ricorso per cassazione, in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2010, emesso dall’Agenzia delle entrate sulla scorta delle risultanze di indagini bancarie condotta sui conti correnti intestati o comunque riconducibili al contribuente, C.C., di professione fisioterapista.

La Cass., preso atto della errata statuizione della CTR sulla mancanza di specificità dei motivi di appello, ha accolto il ricorso in relazione al detto motivo, con rinvio alla CTR della Campania, che con la sentenza impugnata ha respinto l’appello del contribuente nel merito.

La CTR, rilevata preliminarmente l’inammissibilità del motivo sulla contestazione dell’Irap, in quanto nuovo, ha ritenuto validamente motivato l’accertamento e carente la prova da parte del contribuente circa la riconducibilità al contribuente dei due conti correnti sui quali erano stati effettuati i versamenti.

L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo si deduce nullità della sentenza, per avere dichiarato inammissibile in quanto nuova la contestazione sulla debenza dell’Irap.

2. Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, in ragione delle seguenti considerazioni.

a) Il giudizio di cassazione, in quanto giudizio a critica vincolata, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, esige una precisa emanazione dei motivi medesimi, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., e secondo il principio di autosufficienza si impone che esso contenga tutti gli elementi necessari in modo da porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 767 del 2011).

b) Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sé tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate.

c) Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumono rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso. d) Con specifico riferimento alle denunce riferite al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017).

3. E’ stato, altresì, precisato che: “l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena di inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da una elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tale fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte” (Cass. n. 23452 del 2017). A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015). Nella specie, non risulta neppure riportato il testo della motivazione della sentenza di primo grado (come preannunciato a pag. 10 del ricorso), non essendo comunque sufficiente affermare che dal giudizio di primo grado era stato contestato in toto l’accertamento.

3. Col secondo motivo, si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 in connessione con gli artt. 115 e 116 c.p.c..

Il motivo è infondato.

Va sul tema richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, In tema di accertamenti bancari, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. n. 13112/2020).

E’ stato altresì statuito che il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Sez. 6 – 5, n. 10480 del 03/05/2018).

Nella fattispecie la CTR, ha rilevato il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del contribuente, che “non ha prodotto in sede giudiziale alcuna prova documentale e/o logica”, “tantomeno degli allegati pregressi e ripetuti prestiti effettuati in favore di stretti congiunti”, limitandosi “ad asserire di aver giustificato tali versamenti contestatigli”.

E’ mancata pertanto la prova analitica (sul punto, vedi Cass. 26111 del 2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014), che ha impedito al giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Nulla sulle spese in mancanza di costituzione dell’Agenzia delle entrate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2021

 

 

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