Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29894 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29894 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 3602-2017 proposto da:
BUSIELLO

elettivamente domiciliato in ROM_L-,

V.G.PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato VALERIA DI
DUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato LIVIO PROVITERA;

– ricorrente contro
IMPERATO ROSA nella qualità di erede di FORMICOLA CIRA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI MISENATI 11,
presso lo studio dell’avvocato CRISTINA STALTARI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BASSO;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2684/2016 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 04/07/2016;

/-7

Data pubblicazione: 13/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/11/2017 dal Consigliere Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Ric. 2017 n. 03602 sez. M3 – ud. 15-11-2017
-2-

rilevato che, con sentenza resa in data 4/7/2016, la Corte
d’appello di Napoli ha confermato la sentenza con la quale il giudice di
primo grado, in accoglimento della domanda proposta da Mario
Busiello, ha condannato Cira Formicola al risarcimento, in favore del
primo, dei danni dallo stesso subiti a carico del proprio appartamento,

di proprietà della Formicola;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale,
disattendendo l’appello principale della Formicola e quello incidentale
proposto dal Busiello, ha confermato la sussistenza dei presupposti
per il riconoscimento della pretesa risarcitoria del Busiello,
contestualmente evidenziando la correttezza della liquidazione dei
danni operata dal primo giudice, in contrasto con le corrispondenti
censure infondatamente sollevate dal danneggiato;
che, avverso la sentenza d’appello, Mario Busiello propone ricorso
per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
che Rosa Imperato, in qualità di erede di Cira Formicola, resiste
con controricorso;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla
proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis le
parti non hanno presentato memoria;
considerato che, con il primo motivo, il ricorrente censura la
sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente
recepito le indicazioni della consulenza tecnica d’ufficio ai fini della
liquidazione del danno subito dall’odierno ricorrente, senza neppure
individuare le evidenti carenze logiche, le inesattezze e le
contraddizioni da cui la stessa consulenza tecnica risultava affetta;
che il motivo è inammissibile;

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a seguito di infiltrazioni d’acqua provenienti dal soprastante immobile

che, sul punto, osserva il Collegio come al caso di specie (relativo
all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del
11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
(quale risultante dalla formulazione dell’art. 54, co. 1, lett. b), del d.I
n. 83/2012, conv., con modif., con la legge n. 134/2012), ai sensi del
quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per

oggetto di discussione tra le parti”;
che, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza
di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il
sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della
motivazione in sé (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto
irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa
e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di
cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del
giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale)
o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che
abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi
istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là
dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di
tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez.
Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014,
Rv. 629830);
che, dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il
principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito
richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa,
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omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato

l’odierna doglianza del ricorrente deve ritenersi inammissibile,
siccome diretta a censurare, non già l’omissione rilevante ai fini
dell’art. 360 n. 5 cit., bensì la congruità del complessivo risultato
della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo
all’intero materiale probatorio (e segnatamente alle valutazioni
espresse nella consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del

modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo
dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza
incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente
rilevanti in questa sede;
che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione dell’art. 92 c.p.c. e del d.m. n. 127/2004 (in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché per omesso esame di un
fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per
avere la corte territoriale erroneamente confermato l’avvenuta
parziale compensazione delle spese disposta dal giudice di primo
grado, sulla base di un erroneo riferimento giuridico, nella specie
riferito alla pretesa (sostanziale) parziale soccombenza dell’attore,
nonché per aver omesso di rilevare l’avvenuta determinazione delle
spese relative al giudizio di primo grado sulla base di un’errata
applicazione delle tabelle richiamate dalla legge;
che il motivo è manifestamente infondato;
che, al riguardo, la corte territoriale, nel confermare la legittimità
della liquidazione delle spese del giudizio operata dal giudice di primo
grado, si è correttamente allineata al principio sancito nella
giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio,
ritenendo di doverne assicurare continuità), in forza del quale la
regolazione delle spese di lite, oltre ad essere legata al rilievo della
soccombenza integrale (che determina la condanna dell’unica parte
soccombente al pagamento integrale di tali spese: art. 91 c.p.c.), può
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giudizio), che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in

avvenire in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul
principio di causalità degli oneri processuali, e che comporta la
possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2,
c.p.c.);
che, a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in
ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo

dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata
articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto
nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità
abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo
accoglimento (Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 22/02/2016, Rv. 638888
– 01);
che, ciò posto, avendo la corte territoriale evidenziato la sensibile
sproporzione tra l’entità della domanda risarcitoria originariamente
proposta dal Busiello (per la somma di euro 45.000,00) e l’importo
effettivamente liquidato in favore dello stesso (per la somma di euro
19.948,00), ha correttamente applicato l’art. 92 c.p.c., valorizzando
la decisiva incidenza del principio di causalità degli oneri processuali
in relazione al carattere ingiustificato dei maggiori oneri affrontati
dalla convenuta per difendersi dalle avverse pretese infondate;
che, infine – ferma l’inammissibilità del rilievo riferito al preteso
omesso esame rilevante ex art. 360 c.p.c. – del tutto correttamente la
corte territoriale ha confermato la legittimità della decisione del primo
giudice, con riguardo alla misura della liquidazione delle spese
relative al giudizio di primo grado, avendo lo stesso ritualmente
adeguato l’entità di tale liquidazione al credito effettivamente
riconosciuto in favore del danneggiato (c.d. decisum), in conformità
alla previsione di cui all’art. 6, co. 2. del d.m. n. 127/2004 (ai sensi
del quale, nella liquidazione degli onorari, può aversi riguardo al
valore effettivo della controversia, quando esso risulti
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processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale

manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di
procedura civile), senza alcuna violazione dei minimi tariffari stabiliti
in detto decreto;
che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, rilevata la
complessiva infondatezza dei motivi d’impugnazione proposti,
dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna

del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui
dispositivo;

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in complessivi euro 7.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come
per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 15 novembre 2017.

del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese

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