Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29892 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 7589/2014 RG proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis.

– ricorrente –

contro

Fall.to Verde s.p.a. in liquidazione (già Zago Adriano S.p.A.), in

persona del curatore, giusta autorizzazione del giudice delegato

dell’11/04/2014, rappresentato e difeso, per procura in margine al

ricorso, dall’Avv. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente

domiciliato in Roma, viale Parioli n. 43.

– controricorrente –

Avverso la decisione n. 64/25/2013 della Commissione Tributaria

regionale del Veneto, sezione distaccata di Mestre, depositata il

04/09/2013 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre

2020 dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

A seguito di verifica fiscale eseguita dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Treviso, l’Agenzia delle entrate, notificava alla società Zago Adriano s.p.a., poi Verde s.p.a. in Liquidazione, ora Fall.to Verde s.p.a., cinque avvisi di accertamento a mezzo dei quali erano recuperati complessivamente Euro 6.243.128,78 a titolo di imposte (Ires, Irap, Iva) ed Euro 6.507.381,60, a titolo di sanzioni, oltre interessi. Avverso tali avvisi la società contribuente proponeva cinque distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso (di seguito, per brevità, CTP) lamentandone l’illegittimità per questioni sia formali (mancata autorizzazione all’accesso), sia sostanziali (mancanza di elementi di prova a sostegno dell’ipotesi avanzata dai verificatori).

La CTP, riuniti i ricorsi, li accoglieva per quanto di ragione.

Entrambe le parti appellavano la sentenza di primo grado nei capi di rispettiva soccombenza.

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, sezione distaccata di Mestre, (di seguito, per brevità, CTR), accoglieva parzialmente l’appello della società contribuente, dichiarando non dovuta l’Iva sul contratto di leasing e confermando nel resto la sentenza di primo grado.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a sei motivi.

Il Fallimento Verde s.p.a. resiste con controricorso, propone ricorso incidentale e presenta memoria ex art. 380 bisl c.p.c.

Il P.M. ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali rileva la fondatezza di tutti i motivi di ricorso principale e l’infondatezza di quello incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’Agenzia delle Entrate propone sei motivi d’impugnazione, che risultano in parte inammissibili (primo e secondo) ed in parte infondati (terzo, quarto, quinto e sesto).

2. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione di legge (artt. 61,115,116,191 c.p.c., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 5) per aver i Giudici della CTR erroneamente ridotto, ai fini della determinazione della sopravvenienza attiva tassabile, ad Euro 9.659.695,00 il valore dell’immobile di Villorba, via Torricelli 24, oggetto del contratto di leasing, ceduto in data 01/07/2006 dalla Zago s.p.a. (poi, Verde s.p.a. in liquidazione) alla società Euroingross, così violando i principi in tema di disponibilità della prova e della valutazione dei cd. argomenti di prova (artt. 115 e 116 c.p.c.), delle modalità di valutazione della c.t.u. (artt. 61 e 191 c.p.c.) e dell’accertamento analitico-induttivo in relazione al calcolo della sopravvenienza attiva (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, lett. d), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 5).

3. La CTR, con la sentenza che qui s’impugna, ha riformato la sentenza dei primi giudici, accogliendo l’appello del contribuente relativamente al rilievo fiscale riguardante la realizzazione della plusvalenza derivante dalla cessione del contratto di locazione finanziario, (v. punto 5 dell’esposizione in fatto della sentenza impugnata, nonchè prima parte della motivazione), confutando l’accertamento dell’Ufficio in base alle risultanze della perizia asseverata del 05/10/2009, a firma del geometra Z., che stabiliva in Euro 9.609,695,00 il valore dell’immobile oggetto del contratto di leasing, contro il valore di Euro 12.000.000,00 stabilito dai primi giudici anche con riferimento alla perizia di stima del Banco Antonveneta effettuata per il riconoscimento di un mutuo fondiario inerente al contratto di leasing. In particolare, i secondi giudici hanno confutato il ragionamento della CTP osservando che il valore maggiore di cui alla perizia per il mutuo fondiario era da intendersi strettamente connesso al finanziamento richiesto e non riguardava il valore di mercato del bene; hanno affermato che solo una CTU avrebbe potuto superare le risultanze della perizia asseverata che, in mancanza, costituiva prova “certa”.

4. La questione posta con il primo motivo di ricorso investe essenzialmente il tema dei limiti del potere di controllo del giudice di legittimità, considerato che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso (ex plurimis, cfr. Sez. 5, Sentenza, n. 961 del 21/01/2015, Rv. 634470-01).

4.1. In tal senso, si è chiarito che il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi di fatto portati al suo esame ma può senz’altro limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purchè tale valutazione risulti logicamente coerente (v. sentenza n. 961 del 2015, cit.).

4.2. Sotto tale profilo l’odierna censura del ricorrente – secondo cui il primo giudice avrebbe malamente applicato le regole in materia di prova presuntiva, in materia di disponibilità delle prove nel giudizio ed alla loro valutazione, anche degli elementi presuntivi posti a base dell’accertamento induttivo – è inammissibile in quanto sottende un riesame di quegli stessi elementi di fatto che i secondi giudici hanno valutato come determinanti ai fini del decidere.

4.3. Va considerato che, nella specie, i secondi giudici più che essere incorsi nella violazione delle norme indicate, hanno posto a fondamento della decisione i fatti (nel cui ambito sono compresi gli argomenti di prova di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c.) e gli atti dedotti in giudizio che, secondo il loro insindacabile apprezzamento, erano idonei a fondare la decisione. Nè tale ragionamento può considerarsi errato, in quanto l’argomento di prova è dotato di efficacia probatoria propria e può essere posto anche da solo a fondamento della decisione in fatto (cfr., ex plurimis, Sez. 1, Sentenza n. 5148 del 03/03/2011, Rv. 616967-01, che esclude l’efficacia vincolante della c.t.u. potendo il giudice di merito fondare la decisione su elementi probatori, criteri di valutazione e argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u.; su come il comportamento processuale delle parti può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori e può anche costituire unica e sufficiente fonte di prova, cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 10268 del 16/07/2002, Rv. 555756-01).

5. Col secondo motivo, la ricorrente amministrazione erariale si duole dell’omesso esame di fatti decisivi e discussi tra le parti e, comunque, dell’omessa o insufficiente motivazione sul valore commerciale dell’immobile oggetto del contratto di leasing ceduto.

5.1. Anche tale motivo è inammissibile considerato che alcuna omissione di fatti decisivi e controversi v’è stata, se non una valutazione di tali fatti che il giudice di merito ha effettuato secondo il suo libero apprezzamento; quanto alla motivazione, essa è, sì, concisa, ma non è apparente o totalmente omissiva. Inoltre, l’elemento che si assume come trascurato dai secondi giudici non risulta decisivo, in quanto, anche se i giudici di secondo grado non avessero operato il raffronto con il valore ipotecario del bene ceduto, il valore di esso è stato ricavato dalla perizia asseverata, ritenuto argomento di prova decisivo.

6. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la gravata sentenza con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed agli esiti della giurisprudenza unionale, nella parte in cui ha escluso la sussistenza di un disegno elusivo nonostante la fatturazione anticipata, in data 01/06/2006, di tutti i canoni di locazione dei successivi dodici anni, operata dalla Euroingross (cessionaria) alla Zago (cedente).

6.1. Con il quarto mezzo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione di legge (art. 2727 c.c.) nella parte in cui la CTR per escludere la configurazione di un abuso di diritto, ha affermato che “l’anomalia supposta dalla CTR risulta per lo più una presunzione su presunzione”.

6.2. Con il quinto motivo censura la gravata sentenza con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame e comunque omessa motivazione su fatti decisivi e controversi volti a provare l’elusione (la Zago e la Euroingross appartenevano alle stesse persone; la Zago aveva sede nell’immobile ceduto in leasing; la cessione del leasing generava in capo a Zago un ingente debito Iva ed in capo a Euroingross un ingente credito Iva inutilizzabile, per il quale, poi, è stato effettuata la fatturazione dei canoni anticipati).

7. Tali motivi riguardano tutti l’annullamento, da parte della CTR, del recupero a tassazione di Euro 1.497.600,00 a titolo di Iva, portata a detrazione dalla Zago s.p.a. e recuperata dall’Ufficio che ha ipotizzato un’operazione elusiva in riferimento all’emissione di fattura anticipata per tutti i canoni di locazione relativi all’intera durata del contratto di leasing ceduto da Zago ad Euroingross. Essi, stante la loro stretta connessione logica e giuridica, si esaminano congiuntamente.

8. La CTR ha escluso la sussistenza di un disegno elusivo per carenza dei presupposti idonei a determinarlo e, in specie, ha escluso il comportamento illecito avendo considerato: a) la mancanza di disposizione di legge che vieti la fatturazione anticipata e la previsione di norme specifiche che regolano l’Iva sui pagamenti (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 6, comma 3 e comma 4); b) la possibilità di ottenere con la fatturazione anticipata un risparmio di imposta (agevolazione fiscale); c) il valore debole della presunzione dell’Ufficio secondo cui alla fatturazione anticipata corrispondeva una presunta mancata fatturazione di ricavi in relazione a passività di Iva per circa 438.290,00, e, quindi, la volontà elusiva – di mantenere l’immobile all’interno del gruppo societario facente capo agli stessi soggetti che si sarebbero così doppiamente avvantaggiate del credito d’Iva.

8.1. Dagli elementi circostanziali evidenziati emerge chiaramente il processo cognitivo tramite il quale i giudici di secondo grado sono pervenuti alla decisione, il che esclude la configurabilità del vizio denunciato col quinto mezzo che quindi, risulta infondato.

Va considerato che, per potersi configurare il vizio di motivazione su un punto decisivo per la controversia, è necessario un rapporto di causalità tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza con un giudizio di certezza e non di mera probabilità; viceversa, nella specie, la motivazione della sentenza impugnata è legittima, proprio perchè esclude il disegno elusivo sulla base di considerazioni oggettive, circostanziate, pertinenti e non contraddette dagli elementi individuati dalla ricorrente nei giudizi di merito nonchè in seno al giudizio di impugnazione.

8.2. Quanto alla violazione di legge di cui al terzo e quarto mezzo, il vizio dedotto implicherebbe, ancora una volta, un’analisi degli elementi fattuali emergenti dalla controversia, al fine di stabilire se accanto all’agevolazione fiscale ottenuta con l’operazione ci sarebbe potuta essere anche una predominante finalità elusiva, il che esorbita dal sindacato di legittimità rendendo entrambi i mezzi inammissibili. D’altro canto è principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in sintonia col diritto unionale, che integra abuso del diritto, il cui divieto costituisce principio generale antielusivo, l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicchè il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 5090 del 13/04/2017, Rv. 643956-01; Sez. 5, Sentenza n. 15321 del 06/06/2019, Rv. 654153-01).

8.3. In ogni caso, questa Corte ha recentemente chiarito la portata normativa del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, affermando che: “Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, prevede poi che la fattura debba essere emessa “al momento di effettuazione dell’operazione” determinata a norma del medesimo D.P.R., art. 6, il quale stabilisce in via generale, al 3 comma, che le prestazioni di servizi (fra cui rientrano quelle dipendenti da contratti d’appalto) si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo. Lo stesso art. 6, al comma successivo, fa tuttavia salva l’ipotesi che la fattura sia emessa anteriormente o indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, nel qual caso l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data di emissione. Ben può darsi, pertanto, che una fattura in acconto sia emessa in via anticipata rispetto alla data del suo pagamento, senza che per questo venga meno il diritto del cessionario alla detrazione dell’IVA in essa addebitata, esigibile dal momento della sua emissione” (così, Sez. 5, Sentenza, 11/03/2020 n. 6794, indicata anche nella memoria difensiva del fallimento).

8.4. Va considerato, altresì, che sulla legittimità della procedura di fatturazione anticipata e di detrazione Iva, si era espresso, con la Risoluzione del 18/11/1974 n. 503772, il Ministero delle Finanze- Tasse e Imposte Indirette sugli Affari, secondo cui: “le società operanti nel settore delle locazioni finanziarie possono procedere alla emissione di fattura unica per l’importo relativo a tutti o a parte dei canoni che dovranno essere corrisposti in base a contratto e, relativamente a detto importo indicato in fattura le predette società dovranno scontare l’imposta. Quanto ai successivi addebiti per canoni divenuti esigibili e già regolarmente assoggettati ad Iva, le relative note dovranno scontare l’imposta di bollo”.

9. Con l’ultimo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, per omissione totale di motivazione nella parte della sentenza ove è affermato: “In merito ad altri rilievi ed argomentazioni non esplicitati il Collegio è del medesimo parere di quanto espresso, addotto e motivato dai giudici di prime cure, conseguentemente tutte le eccezioni ne vengono assorbite”.

9.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la motivazione per relationem della sentenza di appello è legittima sempre che renda percepibili e comprensibili le ragioni della decisione, in relazione ai motivi di appello proposti; viceversa, nel caso in cui il giudice di merito non compia, o compia inadeguatamente, una disamina logica e giuridica degli elementi dai quali trae il proprio convincimento, rinviando genericamente e acriticamente alle motivazioni di altro giudice (o al quadro probatorio acquisito, o, ancora, al nome della normativa ritenuta applicabile senza sussunzione alcuna della fattispecie concreta al precetto generale) incorre nel vizio di omessa o di apparente motivazione con conseguente nullità della sentenza (cfr., Cass., 18/04/2017, n. 9745; Cass., 26/06/2017, n. 15884; Cass., 21/09/2017, n. 22022; Cass., 25/10/2018, n. 27112; Cass., 05/10/2018, n. 24452; Cass., 07/04/2017, n. 9105, tutte che richiamano i parametri minimi di motivazione indicati da Cass., Sez. U., 07/04/2014 n. 8053 e 03/11/2016n. 22232; cfr., altresì, per il vizio di motivazione collegato alla funzione dell’appello, Cass., 10/01/2003 n. 196).

9.2. Alla luce dei principi richiamati, la sentenza della CTR non appare affetta dal denunciato vizio di nullità, in quanto, seppur nella sinteticità dello scritto, consente di cogliere il thema e la ratio decidendi anche in relazione ai recuperi fiscali già annullati dal primo giudice e confermati con la parte di motivazione impugnata – dai giudici di appello. Determinante a tal fine è il collegamento della parte motivazionale aggredito col sesto mezzo, con la parte della sentenza che riguarda lo “svolgimento del processo”, dove sono puntualmente illustrati tutti i rilievi di cui alla ripresa a tassazione (v. sentenza pag. 1 dello svolgimento del processo), la decisione su essi effettuata dai primi giudici, nonchè i motivi di appello fatti da entrambe le parti con riguardo alle diverse riprese a tassazione ed alla decisione che i primi giudici avevano adottato (v. sentenza pagg. 2-3-4 delle sentenza, fino a chiusura della parte espositiva della sentenza).

9.3. In altri termini, non v’è omissione di motivazione in quanto la CTR, sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto di dovere confermare, anche per relationem, quanto statuito dai giudici di primo grado in ordine all’annullamento degli atti impositivi nei termini da essi indicati.

10. Il ricorso incidentale è inammissibile.

Con esso la società fallita deduce che l’Amministrazione finanziaria prima ed i giudici di merito, poi, non hanno considerato che i costi riguardanti la gestione degli automezzi della società potevano essere portati in deduzione in virtù dell’uso promiscuo delle autovetture, così applicandosi il 20% di deducibilità previsto dalla L. 3 agosto 2007, n. 127, art. 15 bis, applicabile ratione temporum.

10.1. Anche tale censura, richiederebbe un riesame degli elementi di fatto già presi in considerazione dai giudici di merito – i quali hanno escluso la deducibilità dei costi sul rilevo, in fatto, che trattavasi di autovetture utilizzate ad uso personale e quindi non strettamente strumentali all’impresa-con conseguente inammissibilità del ricorso incidentale implicante “una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (così, Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 643690-01).

10.2. Va, altresì, considerato che per le auto e veicoli aziendali opera la deducibilità dei costi solo se si prova che sono inerenti allo svolgimento dell’attività d’impresa (v. Sez. 5, Ordinanza, 05/12/2018, n. 31423) e solo dopo la positiva verifica scattano le percentuali fissate dalla legge per gli eventuali usi promiscui (artt. 164 t.u.i.r., L. 127 del 2007, art. 15-bis, comma 9). Il ragionamento della CTR si innesta, dunque, sulla retta applicazione della legge considerato che, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente incidentale, le percentuali previste dalle norme in materia, non scattano automaticamente ma soltanto se – come prevede dell’art. 164 t.u.i.r., comma 1 – “rientranti in una delle fattispecie previste nel successive lettere a), b), e b)bis”.

11. Stante la soccombenza reciproca, le spese del presente giudizio vengono interamente compensate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Doppio contributo a carico del ricorrente incidentale.

Compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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