Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29890 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 29/12/2011), n.29890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14921-2010 proposto da:

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del

Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5132/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

15.6.09, depositata il 20/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARCELLO

MATERA.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza di primo grado, appellata sia da che dall’IPOST-Gestione Commissariale Fondo buonuscita lavoratori Poste, la quale, dopo avere rigettato le domande dirette ad un diverso computo, rispetto alla somma corrisposta dal suindicato ente, dell’indennità di buonuscita componente del complessivo trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, riconosceva il diritto di quest’ultimo agli interessi e alla rivalutazione maturati dalla data della cessazione del rapporto a quella della corresponsione di tale componente del trattamento di fine rapporto. La Corte, infatti, quanto ai tempi della corresponsione da parte dell’Ipost della componente del trattamento di fine rapporto a suo carico, ha ritenuto non più applicabili i termini previsti dal D.L. n. 79 del 1997, art. 3 convertito in L. n. 140 del 1997, a seguito della trasformazione dell’Ente poste in società per azioni.

2. Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con tre motivi. L’intimato non si è costituito. Memoria della gestione commissariale.

3. Il primo motivo, lamentando violazione del D.L. n. 79 del 1997, art. 3 convertito in L. n. 140 del 1997 e della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36, sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, le previsioni dell’art. 3 cit. sui tempi del pagamento del trattamento di fine servizio si applicano ai pagamenti in favore dei dipendenti postali a carico dell’Ipost anche successivamente alla trasformazione dell’Ente poste italiane in società per azioni.

Il secondo e il terzo motivo deducono la violazione (il terzo motivo sotto il profilo del vizio di motivazione) delle norme che prevedono la deroga al termine per il pagamento di complessivi nove mesi operante in favore dell’Ipost solo in relazione a causali di cessazione del rapporto non applicabili nell’ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto, quale quella avvenuta nella specie in data 30.12.2006.

4. Il ricorso è qualificabile come manifestamente fondato, giacchè la legge in questione si applica a tutti i trattamenti di fine servizio erogati da un ente pubblico, e quindi anche all’IPOST, il quale è espressamente menzionato perchè il rapporto di lavoro dei dipendenti postali era stato in precedenza privatizzato (Cass. n. 17987/2009, seguita da numerosi pronunce conformi, quali Cass. n. 16882/2010, 22007/2010 e 25805/2010, anche a superamento della diversa impostazione di cui a Cass. n. 4366/2009). D’altra parte, la vicenda normativa che ha caratterizzato il rapporto di lavoro dei dipendenti postali esclude, come rilevato da Corte cost. nella sentenza n. 366/2006, che la loro posizione possa compararsi a quella dei dipendenti privati in genere.

Peraltro, i termini di legge, pari a complessivi 9 mesi (sei per la liquidazione e ulteriori tre per la corresponsione), sono stati rispettati nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata (cessazione del rapporto in data 31.12.2001; liquidazione il 3.9.2007).

Quanto al secondo e al terzo motivo deve rilevarsi la loro superfluità, dato che la domanda non risulta fondata sulla ricorrenza di uno dei casi previsti dalla legge per l’applicabilità di termini inferiori al procedimento di liquidazione e corresponsione dell’emolumento in questione.

5. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, rigetto della domanda di pagamento di interessi e rivalutazione.

6. Le spese del giudizio sono regolate quanto al giudizio di cassazione in base al criterio della soccombenza, mentre si ritiene che le spese relative al giudizio di merito possano restare regolate nei termini di cui alle sentenze di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di interessi e rivalutazione. Condanna V.A. a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di cassazione, in Euro trenta/00 per esborsi ed Euro ottocento/00 per onorari, oltre accessori di legge, e conferma le statuizioni sulle spese dei giudici di merito.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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