Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29888 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 18/11/2019), n.29888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19867-2014 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente –

contro

C.A., N.P., R.A., V.V., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA VIA FLAMINIA N. 79 presso lo

studio degli Avvocati LUCA LENTINI, GIAMPIERO PLACIDI, che li

rappresentano e difendono;

– controricorrenti –

e contro

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAMBATTISTA

VICO n. 1 presso lo studio dell’Avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

D.C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

LOMBARDI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIERDOMENICO DE

CATERINA;

– controricorrente – ricorrente incidentale

Nonchè da:

A.N., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DOMENICO CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

Nonchè da:

AC.AR., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DOMENICO CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

M.T., N.G., P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA VIA DOMENICO CHELINI 5 presso lo studio

dell’Avvocato MARCO TORTORELLA che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2181/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/04/2014 R.G.N. 3057/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del motivo di ricorso

della Presidenza del Consiglio, accoglimento del terzo motivo

ACCIANI e ACCORSI;

udito l’Avvocato ETTORE FIGLIOLA;

udito l’Avvocato MARCO TORTORELLA;

udito l’Avvocato LUCA LENTINI (per C.A.);

udito l’Avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI (per P.C.).

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2181/2014, pronunciando sulla domanda proposta dei nominati in epigrafe unitamente ad altri litisconsorti, tutti medici specializzati, riformando in parte la sentenza del Tribunale di Roma n. 7848/2008 con la quale era stata respinta la domanda dagli stessi proposta per l’accertamento del diritto ad una adeguata remunerazione del periodo di specializzazione ovvero il risarcimento del danno per la mancata remunerazione e l’omesso recepimento delle direttive comunitarie che la prevedevano, ovvero un equo indennizzo ex art. 2041 c.c.;

a) ha accolto l’appello relativamente ai medici appellanti di cui all’elenco contenuto da pagina 26 a pagina 53 della medesima sentenza, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in relazione al rispettivo corso di specializzazione per ciascuno dei medici indicato nel medesimo elenco, per il numero di anni rispettivamente indicato nella tabella, contenente per ciascuna delle parti il nome, la specializzazione, l’Università, l’anno di iscrizione, l’anno di specializzazione e la durata del corso;

b) per l’effetto, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, al pagamento di Euro 6.713,94 nei confronti di ciascuno di essi, oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo, per ciascun anno di corso di specializzazione rispettivamente frequentato;

c) ha rigettato l’appello proposto dai medici indicati da pagina 54 a pag. 55 della medesima sentenza;

d) ha compensato tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

2. Tale sentenza – per quanto ancora rileva nella presente sede -, qualificata la domanda di risarcimento danni per inadempimento dello Stato per omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore nel termine prescritto da direttive comunitarie non autoesecutive e riconosciuta la legittimazione passiva in senso sostanziale all’azione di risarcimento danni esclusivamente dello Stato italiano, esclusa la prescrizione del diritto – ha affermato, in sintesi, quanto segue:

– la domanda va qualificata quale domanda risarcitoria e non retributiva e ai fini della determinazione del quantum va applicato il criterio di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11 (cfr. Cass. n. 23558/2011);

– l’arco temporale di riferimento deve ritenersi quello decorrente dall’anno accademico 1983/1984, essendo fissato al 31 dicembre 1982 il termine per il recepimento della direttiva, e fino all’ottobre 1991 incluso, posto che il recepimento della direttiva 82/76/CEE è avvenuto con il D.Lgs. n. 257 del 1991 a decorrere dall’anno accademico 1991/1992; pertanto, non possono trovare accoglimento le domande connesse alla frequenza presso le scuole di specializzazione la cui immatricolazione sia avvenuta in anni accademici precedenti all’a.a. 1983/1984;

– quanto all’asserito difetto di prova circa la esclusività e la continuità del corsi di specializzazione, i medici non possono essere gravati della prova di non avere percepito, durante il periodo di formazione, altre remunerazioni o borse di studio, trattandosi di circostanze eventualmente rilevanti a titolo di aliunde perceptum, il cui onere della prova va posto a carico del soggetto inadempiente e che nella specie non è stato assolto;

– per la liquidazione dell’indennizzo, occorre fare riferimento al criterio equitativo, ritenuto legittimo da Cass. n. 5842/2010, assumendo a parametro della liquidazione i criteri indicati dal legislatore alla L. n. 370 del 1999, art. 11 ossia la disciplina applicata agli specializzandi iscritti ai corsi ante 1991/1992 che avevano proposto con successo ricorso al Tar, da considerarsi congrui per la contiguità temporale e l’identità della situazione sostanziale – all’epoca della formazione effettuata dagli appellanti e precedente l’emanazione del D.Lgs. n. 257 del 1991;

– di conseguenza, il parametro equitativo della determinazione del danno corrisponde all’importo annuo di lire 13.000.000, pari ad Euro 6.713,94 per il periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 (data a decorrere dalla quale la direttiva comunitaria in materia di specializzandi doveva essere recepita dal legislatore italiano) e l’ottobre 1991 (atteso che il recepimento della direttiva si è verificato con il D.Lgs. n. 257 del 1991 a partire dall’anno accademico 1991/1992);

– va quindi condannata la Presidenza Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore di ciascun medico, della somma di Euro 6.713,94 oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo, per ciascun anno di specializzazione, come indicato per ciascuno di essi nella tabella di cui al dispositivo;

– gli interessi legali spettano dalla data della domanda, alla luce di Cass. n. 1917 del 2012;

– devono invece essere respinte le domande relative ai corsi di specializzazione a cui gli appellanti si erano iscritti prima dell’anno 1983/1984; sul punto va confermata la sentenza appellata, ma con diversa motivazione;

– per taluna delle parti (indicate al capo c del dispositivo) che hanno frequentato due corsi di specializzazione, uno dei quali precedente all’anno 1983/1984, l’appello deve essere accolto solo parzialmente, in relazione al corso frequentato dopo il 1983, mentre deve essere respinto in relazione al corso la cui domanda di iscrizione è precedente a tale anno accademico.

3. Per la cassazione di tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, articolato in due parti.

4. Hanno resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale:

– A.N. e altri 173 litisconsorti, sulla base di tre motivi;

– Ac.Ar. e altri 472 litisconsorti, sulla base di tre motivi;

– M.T. + 2 litisconsorti, sulla base di un motivo;

– D.C.R., sulla base di un motivo;

5. I medici C.A., N.P. e V.V. hanno depositato controricorso. Anche il Dott. Cristiano P. ha proposto controricorso per resistere al gravame della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

6. La causa era stata fissata per l’adunanza camerale. In vista di tale udienza hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c. A.N. e gli altri litisconsorti, D.C.R. e P.C..

All’adunanza del 22.5.2019 il Collegio ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza, non avendo ravvisato i presupposti per la trattazione con rito camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare i ricorsi, principale e incidentali, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto riguardano la stessa sentenza.

1.1. Sempre in via preliminare deve rilevarsi d’ufficio la tempestività di tutte le impugnazioni. Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. (tra le più recenti Cass. 5695 del 2015, 2516 del 2016). Il predetto termine risulta rispettato, atteso che la notifica del ricorso principale è avvenuta, nei confronti di tutti i resistenti, in data 29 luglio 2014, mentre i controricorsi con ricorsi incidentali furono tutti avviati alla notifica entro i predetti termini di decadenza (la causa, introdotta con atto di citazione secondo il rito ordinario, è soggetta alla sospensione feriale dei termini, in forza del principio di ultrattività del rito; cfr., da ultimo, Cass. n. 23052 del 2017). Peraltro, incidentalmente va rilevato che i ricorsi incidentali sono tempestivi anche a volere considerare il termine di cui all’art. 327 c.p.c. (nella specie, annuale), decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata (2 aprile 2014).

2. Ricorso principale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2.1. Con unico motivo di ricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri lamenta violazione della L. n. 370 del 1999, art. 11, dell’art. 2043 c.c., delle Direttive CEE 75/362, 75/363, 82/76, 93/16 (art. 360 c.p.c., n. 3) deducendo che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, i medici non versavano nelle condizioni previste dalla legislazione all’epoca vigente per fruire del trattamento economico reclamato e non corrisposto. In particolare, sostiene:

a) che i n. 167 medici indicati da pag. 6 a pag. 22 del ricorso per cassazione hanno conseguito diplomi di specializzazione che non rientrano tra quelli individuati dalle direttive CEE n. 75/362 e n. 75/363 riconosciuti da due o più paesi dell’Unione Europea; ne consegue che nei loro confronti non può configurarsi una responsabilità dello Stato per il mancato recepimento di direttiva comunitaria;

b) che i n. 25 medici indicati da pag. 22 a pag. 26 del ricorso per cassazione hanno conseguito diplomi di specializzazione relativi a corsi di durata inferiore a quella indicata come minima dalle direttive Europee n. 75/3627CEE e n. 75/368/CEE. Ne consegue che, anche nei loro confronti, non può configurarsi responsabilità dello Stato per il mancato recepimento di direttiva comunitaria.

2.2. Il ricorso principale, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

2.3. Il ricorso investe la natura “comune” ad almeno due Stati membri dei corsi di specializzazione frequentati dai medici attori e la durata dei corsi stessi. Si tratta di una questione che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. Cass., n. 13760 del 2019 e 1059 del 2019 e precedenti ivi richiamati, tra le altre: Cass., n. 6471 del 2015; n. 190 del 2016; n. 16665 del 2016; Cass., n. 21798 del 2016, n. 13760 del 2018), implica anche riscontri fattuali che deve compiere il giudice di merito, sicchè, in mancanza di indicazioni della parte ricorrente circa la sede dei gradi merito in cui detto tema sia stato introdotto e tenuto sub iudice, la relativa questione è inammissibile nel giudizio di cassazione, non configurandosi come una mera quaestio iuris.

2.4. Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non debba necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è tuttavia indispensabile che il ricorso offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonchè delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti. (v., tra le tante, Cass., n. 4937 del 2000, n. 2432 del 2003, n. 5066 del 2003, n. 4403 del 2006). Il disposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservato tramite la mera riproduzione della sentenza impugnata, allorchè quest’ultima non contenga la descrizione dello svolgimento del processo, nè una chiara esposizione del fatto sostanziale e processuale (Cass. n. 21137 del 2013).

2.5. Nè è sufficiente opporre che trattasi di elementi che avrebbero dovuto costituire oggetto di allegazione avversaria, essendo evidente che per un verso nulla è dato sapere di tali allegazioni, e per altro verso che, a fronte della domanda svolta e dell’esito di primo grado, non è dato conoscere quando e come tali questioni, in quanto assorbite dalla decisione di prime cure, sarebbero state riproposte in appello; ne consegue che tali questioni non possono essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità.

2.6. Un ulteriore profilo di inammissibilità riguarda le posizioni dei medici che, seppure destinatari della notifica del ricorso principale, non risultano in alcuno dei due elenchi di cui al precedente punto 2.1. sub a) e sub b).

3. Ricorso incidentale di A.N. più altri.

3.1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione delle norme e di principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento delle direttive comunitarie, nonchè omessa insufficiente contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5):

a) per avere la Corte territoriale liquidato il danno utilizzando come parametro la remunerazione annua stabilita dal legislatore nella L. n. 370 del 1999, art. 11 (Lire 13.000.000, pari ad Euro 6.713,94), in luogo di quella prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991 (Lire 21.500,00, pari ad Euro 11.103,82 per ogni anno di corso);

b) per avere i ricorrenti avanzato anche una richiesta risarcitoria per il mancato paritario riconoscimento dei titoli e di specifici maggiori punteggi, come risultante dalle conclusioni rassegnate nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (pag. 54 in relazione a quanto riportato a pag. 33), in relazione alla perdita di chance di ottenere i benefici resi possibili da una tempestiva attuazione delle direttive.

3.2. In ordine a tale primo motivo, va osservato quanto segue:

a) sulla misura della liquidazione del danno, la giurisprudenza di questa Corte, ormai consolidata, ha da tempo affermato che in materia di trattamento economico dei medici specializzandi, il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 8, comma 2, (secondo cui “le disposizioni del presente decreto si applicano a decorrere dall’anno accademico 1991-1992″), si interpreta nel senso che il precedente art. 6, il quale aveva tardivamente attuato il diritto comunitario, era applicabile soltanto ai medici che si fossero iscritti ad un corso di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 1991-1992, esclusi, quindi, gli specializzandi che, alla data di entrata in vigore del decreto, già frequentavano corsi di specializzazione, per essersi iscritti in un anno precedente senza averli terminati, e ciò non solo per gli anni accademici pregressi, ma anche per i successivi (sentenze 29 agosto 2013, n. 19884, e 31 marzo 2015, n. 6469). Giurisprudenza, questa, che ha ricevuto l’ulteriore autorevole avallo delle Sezioni Unite nella sentenza n. 30649 del 2018. Le S.U. hanno difatti affermato, con la recente pronuncia, che in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con raestimatio del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 abbia proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991/1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente. Il principio è stato più volte ribadito successivamente (tra le più recenti, Cass. n. 20094 del 2019).

Deve ritenersi, quindi, che ai medici odierni controricorrenti spetti la remunerazione nella misura fissata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 pari cioè a lire 13 milioni annui (Euro 6.713,94), come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.

b) sulla questione ulteriore, va osservato che l’applicazione del solo parametro di cui alla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 è di per sè sufficiente a coprire tutta l’area dei pregiudizi causalmente collegabili al tardivo adempimento del legislatore italiano all’obbligo di trasposizione della normativa comunitaria, salva la rigorosa prova, da parte del danneggiato, di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttorie (Cass. 14376 del 2015); ciò che potrebbe rilevare sono soltanto specifici e concreti elementi sull’intenzione di spendere il titolo in ambito Europeo o sull’effettiva penalizzazione in sede di attribuzione di punteggi, ma di tali elementi e della circostanza della loro tempestiva acquisizione in primo grado al thema decidendum e al thema probandum non vi è idonea traccia nel ricorso per cassazione. Dallo stesso tenore del ricorso incidentale (pag. 34), risulta che il Tribunale civile di Roma ritenne non provate le domande relative al mancato riconoscimento comunitario del titolo e dei punteggi aggiuntivi. Poichè nella sostanza si lamenta il mancato esame di un capo di domanda e dunque un’omessa pronuncia in appello, anche a volere riqualificare il motivo di ricorso come error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4, sarebbe stato onere dei ricorrenti incidentali assolvere i connessi oneri processuali di allegazione nel ricorso per cassazione in ossequio al disposto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

Va ribadito, fra l’altro, che la perdita di chance quale danno derivante dall’inadempimento statuale alle note direttive, deve essere allegata con deduzioni specifiche e non in modo generico, cioè con l’individuazione puntuale delle occasioni favorevoli in concreto perdute da ciascuno dei ricorrenti in ragione della mancata possibilità di utilizzare il titolo in modo conforme alle caratteristiche imposte dal diritto comunitario e non già con la mera deduzione dell’impossibilità di utilizzazione del titolo in astratto (si vedano, in termini, Cass. n. 396 del 2017 e n. 5536 del 2012 e da ultimo Cass. n. 20093 del 2019, in motivazione).

3.3. Con il secondo motivo si lamenta violazione falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., L. n. 370 del 1999, art. 11,D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa insufficiente contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Ci si duole che la Corte territoriale non abbia liquidato i cosiddetti interessi compensativi nonostante il debito gravante a carico delle amministrazioni sia un debito di valore.

3.4. Il secondo motivo è infondato. Sin da Cass. n. 1917 del 2012 questa Corte ha costantemente ritenuto che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991 – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11. A seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale.

Il risarcimento dei danni previsto in favore degli specializzandi in medicina frequentanti in epoca anteriore al 1991, è oggetto di un peculiare diritto (para)risarcitorio, la cui quantificazione equitativa – da compiersi sulla base delle indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370 – comporta esclusivamente la decorrenza gli interessi (e non anche la necessità della rivalutazione monetaria, salva la prova del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2) dalla data della messa in mora, in quanto, con la monetizzazione effettuata dalla L. n. 370 del 1999, l’obbligazione risarcitoria ha acquistato carattere di obbligazione di valuta (Cass. 23635 del 2014). Il principio è stato ribadito innumerevoli volte nelle successive pronunce di questa Corte.

Nel caso in esame, correttamente la Corte di appello ha riconosciuto importi parametrati all’ammontare di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11 oltre interessi legali dalla data della domanda, non risultando atti di messa in mora anteriori. Ora, nessuno dei medici resistenti ha sostenuto di aver dedotto in causa elementi sulla base dei quali, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, sarebbe sussistita la dimostrazione del maggior danno.

3.5. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme e principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso o tardivo recepimento direttive comunitarie, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

3.6. Ci si duole che, per i dottori C.A. (per il corso di Igiene e Medicina preventiva) e Ce.Ma. (per il corso di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva), la Corte d’appello abbia rigettato la domanda perchè i medici si erano iscritti prima dell’anno accademico 1983/984 e precisamente nell’anno accademico 1982/1983 (v. pag. 26 del ricorso incidentale) laddove, a partire dal 1 gennaio 1983 sussisteva a carico dello Stato italiano l’obbligo di adeguarsi alla direttiva comunitaria in materia e quindi di retribuire in maniera adeguata il corso di formazione specialistica svolto dai ricorrenti in ipotesi di frequenza già iniziata, se del caso, limitatamente periodi successivi al 31 dicembre 1982.

3.7. Il terzo motivo è fondato relativamente alle posizioni dei due ricorrenti anzidetti e limitatamente ai corsi di specializzazione indicati.

3.8. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 20348 del 31 luglio 2018, hanno chiarito che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.

3.9. Riguardo a tali posizioni e limitatamente ai corsi di formazione iniziati nell’a.a. 1982/1983, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione. Il giudice di rinvio procederà ad una determinazione degli indennizzi rispettivamente spettanti ai due medici richiedenti, nel rispetto dei principi espressi dalla Corte di Giustizia, e quindi tenendo conto, per ciascuno dei ricorrenti: a) della durata del corso rispettivamente frequentato; b) della necessità di commisurare l’indennizzo corrispondente al primo anno accademico 1982-1983 alla frazione di anno accademico successiva al 1.1.1983 e fino alla conclusione dell’anno stesso.

4. Ricorso incidentale Ac.Ar., più altri.

4.1. Quanto al primo e al secondo motivo, del medesimo tenore dei primi due motivi del ricorso Acciani più altri, valgono le medesime considerazioni già espresse ai precedenti punti 3, 31.1., 3.2., 3.3., 3.4., con conseguente rigetto delle relative censure.

4.2. Quanto al terzo motivo, che riproduce la medesima questione di cui al terzo motivo del ricorso A. più altri (v. precedente punto 3.5.), vanno ribaditi i principi espressi ai precedenti punti 3.8. e 3.9. Il terzo motivo va dunque accolto limitatamente ai ricorrenti che hanno iniziato il corso di specializzazione nell’a.a. 1982/1983, che tuttavia non sono tutti i medici indicati a pagg. 61 e 62 del ricorso incidentale.

Vanno esclusi da tale elenco coloro che iniziarono il corso nell’anno 1981 o ancor prima: Ca.Da. ((OMISSIS)), + ALTRI OMESSI.

4.3. Dunque va accolto il terzo motivo limitatamente a tutti i medici indicati nell’elenco contenuto a pag. 61 e 62 del ricorso, esclusi quelli sopra indicati al precedente punto 4.2 e dunque, precisamente: i Dott.ri An.Ad., + ALTRI OMESSI.

4.4. Con riferimento ai medici per i quali il ricorso è accolto, valgono le medesime statuizioni di cui al precedente punto 3.9..

5. Ricorso incidentale dei dottori M.T., N.G. e P.M.

5.1. I due motivi di ricorso ricalcano i primi due dei precedenti ricorsi incidentali ” A. più altri” e ” Ac. più altri”. Questo ricorso incidentale va dunque rigettato.

6. Ricorso incidentale di D.C.R..

6.1. Il Dott. D.C.R. si duole, con unico motivo di impugnazione, della violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. in ordine all’entità della liquidazione equitativa del danno, parametrato ai criteri indicati dal legislatore alla L. n. 370 del 1999, art. 11. Deduce l’illegittimità dell’attribuzione unicamente della borsa di studio, senza considerare gli ulteriori danni legittimamente reclamabili, ossia del danno ulteriore da mancata attribuzione dei punteggi superiori nel conseguimento dei titoli e della piena parificazione a livello comunitario del diploma di specializzazione conseguito.

6.2. Il ricorso incidentale va rigettato per tutti i motivi già illustrati in relazione alle altre impugnazioni incidentali sopra esaminate.

7. Sulle spese.

7.1. Quanto ai rapporti processuali in relazione ai quali il ricorso incidentale è accolto, la regolamentazione delle spese è rimessa al giudice di rinvio. Quanto ai restanti rapporti processuali, poichè sono soccombenti tanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui ricorso è integralmente rigettato, quanto gli altri ricorrenti incidentali, le spese vanno compensate per la reciproca soccombenza.

Con riguardo alle restanti posizioni, riguardanti i resistenti all’impugnazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la complessità delle questioni giuridiche e le oscillazioni giurisprudenziali, che hanno trovato composizione solo nella recentissima giurisprudenza di questa Corte, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, pur a fronte della soluzione in rito (art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis, prima della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a); cfr. Cass. n. 1997 del 2015).

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali riguardo ai quali il ricorso è rigettato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

8.1. Quanto invece alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, va ribadito che nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n. 1778 del 2016, n. 23514 del 2014, n. 5955 del 2014). Il contributo unificato, come precisato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 9840 del 5 maggio 2011 sulla scia di quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73 del 2005, ha natura tributaria e tale natura conserva anche relativamente al raddoppio, previsto dalla L. n. 228 del 2012, citato art. 1, comma 17, che ha introdotto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater atteso che la finalità deflattiva e sanzionatoria della nuova norma non vale a certamente modificarne la sostanziale natura di tributo.

P.Q.M.

La Corte:

a) dichiara inammissibile il ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;

b) accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso incidentale proposto dai Dott.ri C.A. (per il corso di igiene e medicina preventiva) e Ce.Ma. (per il corso di gastroenterologia ed endoscopia digestiva), An.Ad., + ALTRI OMESSI; cassa la sentenza impugnata riguardo ai rapporti processuali fra detti ricorrenti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione riguardo ai relativi rapporti processuali;

c) rigetta per il resto tutti i ricorsi incidentali;

d) compensa le spese del presente giudizio tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e tutti le restanti parti, diverse da quelle indicate sub b).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali riguardo ai quali il ricorso è rigettato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello – ove dovuto – per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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