Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29884 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 18/11/2019), n.29884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25203-2016 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato CURRO’ FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELITA ALVARO;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA SCIENTIFICA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE

POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, UNIVERSITA’

DEGLI STUDI DI GENOVA, in persona del Rettore pro tempore, tutti

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

REGIONE LIGURIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 282/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 03/08/2016 R.G.N. 159/2016.

Fatto

RILEVATO

1. che l’odierno ricorrente, laureato in Medicina e Chirurgia, aveva frequentato i Corsi di specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Genova conseguendo il diploma negli compresi tra il 2002 ed il 2007;

2. che aveva convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Genova la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e l’Università degli Studi di Genova per ottenere:

1) in via principale, l’immediata e diretta applicabilità della Direttiva Comunitaria 93/16 CEE e successive modificazioni ed integrazioni e conseguentemente la condanna degli enti convenuti al pagamento delle differenze tra gli importi percepiti a titolo di borsa di studio per gli anni accademici dal 2002-2004 al 2005-2006 e quelli assunti come spettanti in base al contratto di formazione e lavoro previsto dal D.Lgs. n. 368 del 1999 ed al versamento dei correlati contributi previdenziali.

2) in subordine accertare e dichiarare il diritto del ricorrente “al risarcimento del danno ovvero al pagamento di un indennizzo per il pregiudizio sofferto in conseguenza della ritardata attuazione della direttiva comunitaria n. 93/16/CE (recepita con il D.Lgs. n. 368 del 1999), pari alle differenze retributive tra quanto percepito come borsa di studio e quanto avrebbe invece percepito in forza delle norme di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999 oltre interessi;

3) in ulteriore subordine, ove ritenuta applicabile al caso concreto la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 257 del 1991, in applicazione di quest’ultima, condannare i resistenti, in solido tra loro, al pagamento in favore del ricorrente di quanto non percepito a titolo di rideterminazione triennale e di indicizzazione annuale della borsa di studio, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto fino al soddisfo;

3. che il Tribunale respinse le domande, ritenendo il diritto prescritto.

5. che la Corte di Appello di Genova, con la sentenza indicata in epigrafe, pur esclusa la prescrizione del diritto, ritenuto decorrente dalla sua maturazione, nel 2007, ha rigettato l’appello per infondatezza del merito sulla scorta delle argomentazioni che seguono:

– secondo i principi affermati dalla Corte di cassazione (Cass. 27481/2007, 6089/1998, 20403/2009), i rapporti dedotti in giudizio non erano sussumibili nello schema della subordinazione ovvero in quello della parasubordinazione e per questa ragione non trovava applicazione l’art. 36 Cost.;

-la pretesa del medico specializzando di vedersi applicato retroattivamente il D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46 era infondata, al pari della domanda volta alla condanna dello Stato al risarcimento dei danni, perchè il legislatore nazionale aveva dato corretta attuazione alle direttive Comunitarie, disciplinando, già con il D.Lgs. n. 257 del 1991, la formazione specialistica dei medici e riconoscendo in favore di questi ultimi il diritto a percepire la borsa di studio e che non poteva dirsi scelta illegittima quella legislativa di riconoscere maggiori emolumenti dal 2006/2007, poichè la misura degli emolumenti risultava rimessa alla discrezionalità del legislatore;

-infine quanto alla domanda di aggiornamento della borsa di studio liquidata ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 secondo il tasso programmato di inflazione, la Corte di Appello ha richiamato la giurisprudenza di questa corte che ha affermato come “In materia di trattamento retributivo del pubblico impiego, il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 14 novembre 1992, n. 438, ha bloccato gli incrementi retributivi conseguenti alla contrattazione pubblica fino al 31 dicembre 1993, mentre il successivo comma 5 della norma ha stabilito il medesimo regime di blocco per tutte le indennità, compensi, gratifiche ed altri rimborsi spesa soggetti ad incrementi in relazione alla variazione del costo della vita; detto regime – mirato a contenere la spesa pubblica – è stato, limitatamente al blocco delle indicizzazioni stabilito dall’art. 7, comma 5, prorogato fino al 31 dicembre 2005 per effetto della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 36, L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33, L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 e L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36. Ne consegue che, rientrando le borse di studio universitarie tra gli emolumenti “di qualsiasi genere” ricompresi nel blocco temporaneo ed espressamente considerate dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, alle remunerazioni per la partecipazione alle scuole di specializzazione afferenti alle facoltà di medicina non è riconoscibile l’aumento del tasso programmato di inflazione fino al 31 dicembre 2005, mentre il blocco degli incrementi contrattuali non si è esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardava solamente il biennio 1992-1993. (Sez. L, Sentenza n. 12624 del 18/06/2015, Rv. 635722 – 01).

– quanto poi all’adeguamento previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 secondo cui l’importo della borsa di studio va rideterminato, ogni triennio, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e del tesoro, in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale”, la corte ha ritenuto che pur in assenza di specifica pronuncia da parte del tribunale dovesse essere ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione reiterata dalle difese pubbliche.

6. che avverso questa sentenza il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale hanno resistito con controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri dell’Istruzione Università e Ricerca, dell’Economia e Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Università degli Studi di Genova, mentre la Regione Liguria è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura:

7. Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 133 c.p.c., D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 37, 39, 41 e 46, D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, artt. 234 e 249 Tratt. CEE, 13 Dir CEE 82/76, 1, comma 1 Dir. CEE 93/16, 11, art. 36 Cost. e l’omessa e contraddittoria motivazione, in cui sarebbero incorsi i giudici territoriali nel ritenere che il trattamento economico ricevuto dal ricorrente fosse adeguato, e che fosse garantita l’adeguata remunerazione dal meccanismo di rideterminazione triennale o indicizzazione annuale D.Lgs. n. 257 del 1991, ex art. 6 mentre tale retribuzione doveva ritenersi garantita solo dall’anno accademico 2006/2007, in forza delle previsioni del D.Lgs. n. 368 del 1999, fino ad allora illegittimamente bloccate dal legislatore per sole esigenze di natura finanziaria;

8. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 133 c.p.c., D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 37, 39, 41 e 46, D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, 234, 249 Tratt. CEE, 13 Dir CEE 82/76, 1, comma 1 Dir. CEE 93/16, 11, art. 36 Cost. e l’omessa o contraddittoria motivazione in cui sarebbe incorsa la corte di appello rigettando la domanda di risarcimento del danno, sul rilievo che fosse adeguata all’attività svolta dal ricorrente la retribuzione ricevuta; ed infatti lo stesso legislatore avrebbe ritenuto tale retribuzione, prevista dalla normativa del 1991, inadeguata, introducendo il D.Lgs. n. 368 del 1999, poi illegittimamente bloccato per sole esigenze di natura finanziaria e divenuto efficace dall’anno accademico 2006/2007;

3. con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione agli artt. 324,342 e 346 c.p.c.. e l’omessa o contraddittoria motivazione in cui sarebbe incorsa la corte di appello condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali disattendendo la giurisprudenza di questa corte che, in ragione della complessità delle questioni di diritto trattate e dei contrasti esistenti nella giurisprudenza di merito, aveva ritenuto giustificata la compensazione (Cass. S.U. 22.2.2012 n. 2572);

che il primo e il secondo, motivo di ricorso, da esaminarsi unitariamente, per la loro stretta connessione logico-giuridica, prospettano questioni giuridiche già affrontate e risolte da questa Corte con le sentenze nn. 16137, 15520, 15293, 15294, 4449 pronunciate all’udienza del 7.2.2018 in fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame; che in particolare, nelle sentenze innanzi citate, è stato affermato che:

– la disciplina recata dalla direttiva 93/167CEE in ordine alle modalità ed ai tempi della formazione specialistica, in continuità con la direttiva 82/76/CEE, mira a garantire che i medici specializzandi dedichino alla loro formazione pratica e teorica tutta la propria attività professionale, ovvero nel caso degli specialisti in formazione a tempo ridotto, una parte significativa di quest’ultima, ma non obbliga gli Stati membri a disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato;

– la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione;

– con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 il legislatore ha dato attuazione alla direttiva 93/16/CEE e, nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale; non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi;

– la inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.;

– l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, comma 1 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005; ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12 e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1 l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1; non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi;

-non sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti nelle Scuole degli altri Paesi Europei, atteso che le situazioni non sono comparabili, perchè la Direttiva 93/16/Ce non ha previsto nè imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico;

-la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica;

che il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, ribaditi anche nelle successive decisioni nn. 17052, 17051, 15963, 31923, 16805, 15963, 31922 del 2018, condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente nel ricorso non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

che sulla scorta dei principi innanzi richiamati, il primo e il secondo motivo vanno rigettati;

che anche il terzo motivo relativo alla corretta applicazione del principio della soccombenza e con il quale il ricorrente si duole dell’omessa compensazione delle spese di lite, è infondato, alla luce del principio giurisprudenziale che ritiene l’insindacabilità in sede di legittimità della statuizione sulle spese del giudice di merito (Cass. n. 14563 del 2008, n. 21521 del 2010, n. 20324 del 2010, n. 10305 del 2016), ove argomentata (come nel caso di specie, in applicazione del principio legale della soccombenza) se non nel caso in cui siano poste le stesse a carico della parte interamente vittoriosa.

Che le spese dell’intero processo devono essere compensate tra le parti, avuto riguardo alla complessa stratificazione del quadro normativo delineatosi in ordine agli aggiornamenti delle borse di studio dei medici iscritti alle scuole di specializzazione; che sussistono infine i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte Rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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