Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29883 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 30/12/2020), n.29883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4605/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.A., con l’avv. Elena Labonia, nel domicilio eletto

presso lo studio dell’avv. Gianluca Graziani, in Roma, alla via

Alcide De Gasperi, n. 35;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Lazio n. 248/38/13 depositata in data 03/07/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il contribuente esercita attività di medico odontoiatria in Rieti ed era destinatario di questionario per l’anno di imposta 2006, da cui emergevano incongruenze reddituali, segnatamente un fatturato basso rispetto all’avviamento ventennale, costi sostenuti per la professione di poco inferiori ai compensi dichiarati, meno di una prestazione per ogni giornata lavorata nell’anno, numero di guanti ordinati eccessivo rispetto alle prestazioni dichiarate.

Ne seguiva atto impositivo ritualmente impugnato dal contribuente che otteneva apprezzamento favorevole in entrambi i gradi di merito, donde ricorre per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato affidandosi ad unico motivo, cui replica la parte contribuente, con tempestivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Viene proposto unico motivo di ricorso.

Con l’unico motivo di ricorso si prospetta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, nello specifico la circostanza che l’Ufficio aveva preso in considerazione la doppia attività del contribuente e la circostanza che dell’utilizzo di un numero sproporzionato di guanti monouso. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, ed ex art. 366 c.p.c., nello specifico non essendo ammesso il ricorso ex art. 360 c.p.c., n. 5, avverso la sentenza d’appello meramente confermativa di quella di primo grado, come si afferma avvenuto nel caso in esame.

L’invocata disciplina dell’art. 348 ter c.p.c., penultimo comma, è inapplicabile nella fattispecie in esame, in cui il ricorso in appello è stato depositato il 26.5.2011, applicandosi la suddetta norma, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, ex art. 54, comma 2, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012 ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato (…)dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto.

Dev’essere invece accolta l’eccezione d’inammissibilità in relazione al secondo profilo, dovendo essere il 360 c.p.c., n. 5, rapportato alla nuova formulazione, atteso che, seppure in rubrica si affermi di proporre la censura anche secondo detta nuova formulazione, manca la specifica indicazione dei fatti che, ove debitamente esaminati, avrebbero determinato un esito diverso del giudizio (Cass. SU n. 8053/14).

Peraltro, la mancanza di censura in relazione al 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), impedisce di prendere in esame la questione inerente la valutazione come presunzione dei maggiori lavori eseguiti rispetto a quelli fatturati in ragione dell’impiego dei guanti monouso, che la Corte ha prevalentemente ritenuto ammissibile (v. Cass. sez. 5, ord. 25 settembre 2019, n. 23956).

In definitiva il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del resistente che liquida in Euro cinquemila/00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, oltre ad Iva e cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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