Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29883 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 18/11/2019), n.29883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10602-2015 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA SCIENTIFICA C.f. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti principali –

A.V., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO PINELLI,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO

CARONIA, GIUSEPPE PINELLI;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 8034/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/10/2014 r.g.n. 399/2010.

Fatto

RILEVATO CHE:

1. la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 8034 del 2014, pronunciando sulle domande dei medici indicati in epigrafe, iscritti ai corsi di specializzazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico (OMISSIS), dall’anno 1998 e fino al 2007, in parziale riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale della stessa sede, condannava la predetta Università al pagamento, in favore dei medici ricorrenti, delle maggiori somme loro spettanti a titolo di adeguamento triennale delle borse di studio in ragione degli incrementi economici del c.c.n.l. dei medici, con rigetto invece della domanda di aggiornamento, in base all’indicizzazione, delle medesime borse di studio;

1.1. la Corte d’Appello, inoltre, condannava il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al risarcimento del danno, in favore dei medesimi ricorrenti, a titolo di tardiva attuazione della direttiva comunitaria 93/16 e di quanto da essa previsto, al fine di assicurare un’adeguata remunerazione, con importo da liquidarsi in misura pari alla differenza tra quanto ai medesimi spettante, anche per gli anni pregressi, in base ai d.p.c.m. che poi avevano attuato tale direttiva e il trattamento percepito, nei medesimi anni, incrementato dalla suddetta rideterminazione triennale;

2. avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, resistito dai medici, con controricorso contenente anche ricorso incidentale, formulato sulla base di tre motivi;

3. sia i ricorrenti in via principale che quelli incidentali hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;

3.1. in particolare, i medici ricorrenti (incidentali), con la memoria, hanno formulato istanza di rimessione alle sezioni unite, per un prospettato contrasto nella giurisprudenza di questa Corte in ordine: a) alla sussistenza o meno del diritto, loro riconosciuto dalla Corte d’appello nei confronti dell’Università, alla rideterminazione triennale con decreto del Ministero della Sanità in funzione del miglioramento minimo previsto dalla contrattazione collettiva del personale medico del SSN, previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1; b) alla spettanza o meno del diritto risarcitorio per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, loro negato dalla Corte d’appello;

in realtà, nessuno dei due contrasti rappresentati sussiste:

a) non il primo, posto che l’indirizzo giurisprudenziale che riconosce il blocco della contrattazione collettiva limitatamente al biennio 1992/93 e non anche il periodo successivo al 31 dicembre 1993 (Cass., sez. Lav., 17 giugno 2008, n. 16385; Cass., sez. Lav., 29 ottobre 2012, n. 18562; Cass., sez. Lav., 18 giugno 2015, n. 12624), non è stato smentito dalla più recente sentenza 23 febbraio 2018, n. 4449 di questa Corte (sez. Lav.);

ed infatti, questa sentenza – in esito a critica ricognizione del quadro normativo in materia di c.d. “blocco” del tasso di inflazione (p.ti 42 – 45 in motivazione), in più specifico riferimento all’incremento delle borse di studio al tasso programmato di inflazione (p.ti 46 – 52 in motivazione) e quindi alla rideterminazione triennale in questione (p.ti 53 – 58 in motivazione) – ha concluso che a partire dal 1998 e sino al 2005 le borse di studio dei medici specializzandi non siano soggette a detto incremento (p.to 59 della motivazione), sulla base della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12 secondo cui: “A partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”; così valorizzando un dato normativo che, lungi dall’essere stato diversamente interpretato, neppure è stato esaminato dalle precedenti sentenze;

b) ma neppure il secondo, perchè questa Corte ha sempre affermato che la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applichi, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006 – 2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, soggetti al regime istituito dal D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacchè la Direttiva 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio prevista dal D.Lgs. cit., senza alcuna irragionevole diversità di trattamento, essendo il legislatore libero di differire gli effetti di una riforma e costituendo il fluire del tempo elemento di per sè idoneo di diversificazione della disciplina (da ultimo: Cass., sez. Lav., 23 febbraio 2018, n. 4449; Cass., sez. VI – 3, 14 marzo 2018, n. 6355; Cass., sez. III, 28 giugno 2018, n. 17051; Cass., sez. III, 27 febbraio 2019, n. 5715; Cass., sez. III, 14 maggio 2019, n. 12749; Cass., sez. III, 24 maggio 2019, n. 14168);

piuttosto, le sentenze indicate come espressive di un diverso indirizzo, che riconoscerebbe anche agli specializzandi destinatari della borsa di studio il diritto al risarcimento del danno per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, in realtà interessano i medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, ai quali è stato riconosciuto il diritto risarcitorio per inadempimento dello Stato italiano alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE (come anche recentemente ribadito, con opportune precisazioni temporali, da: Cass. SU 31 luglio 2018, n. 20348; Cass. SU 27 novembre 2018, n. 30649), situazione che ha avuto termine con l’istituzione della borsa di studio;

a quest’ultima problematica – ormai superata – si riferiscono anche le richiamate sentenze di questa Corte, sez. Lav., del 22 aprile 2015, n. 8242 e n. 8243, il cui percorso argomentativo è esclusivamente fondato sulla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite 17 aprile 2009, n. 9147, la quale in riferimento all’omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie: n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE), ha affermato il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica;

4. l’istanza di rimessione esaminata deve pertanto essere disattesa.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

1. con l’unico motivo di ricorso la Presidenza del Consiglio ed il Ministero hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione del principio di “adeguata remunerazione” di cui alla Direttiva 82/76/CEE ed alla direttiva 93/16/CEE, del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, del D.Lgs n. 368 del 1999, artt. 39 e 41, del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8, comma 3, della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300 per avere la Corte territoriale ritenuto che la remunerazione dei medici specializzandi, negli anni accademici rilevanti in causa, non fosse adeguata secondo il diritto Europeo e per aver, dunque, riconosciuto, a titolo di risarcimento del danno, la differenza tra quanto percepito ed il miglior trattamento economico riservato ai medici specializzandi a decorrere dall’anno accademico 2006/2007;

2. i medici specializzandi, oltre a contestare il ricorso altrui, con il primo motivo di ricorso incidentale hanno dedotto (art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 e del D.Lgs. n. 257 del 1999, art. 6, commi 1, 2 e 3 nonchè vizio di motivazione per aver la Corte di appello ritenuto, quanto alla domanda risarcitoria, unico legittimato passivo il Ministero dell’Istruzione e non anche gli altri Ministeri e la Presidenza del Consiglio; con il secondo motivo, hanno dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 dei D.P.M.C. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007, del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 nonchè vizio di motivazione; le censure afferiscono ai criteri di determinazione del quantum risarcitorio, non satisfattivi ed irragionevoli;

il terzo motivo incidentale è invece dedicato al rigetto da parte della Corte d’Appello della domanda di aggiornamento mediante indicizzazione delle borse di studio in godimento, in asserita violazione (art. 360 c.p.c., n. 3) del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, del D.L. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, della L. n. 488 del 1999, art. 22 e della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 36;

3. il motivo del ricorso principale ed il terzo di quello incidentale, da esaminarsi unitariamente, per la loro stretta connessione logico-giuridica, prospettano questioni giuridiche già affrontate e risolte da questa Corte con le sentenze nn. 16137, 15520, 15293, 15294, 4449 pronunciate all’udienza del 7.2.2018 in fattispecie sostanzialmente analoghe a quella in esame;

3.1. in particolare, nelle sentenze innanzi citate, è stato affermato che:

– la disciplina recata dalla direttiva 93/167CEE in ordine alle modalità ed ai tempi della formazione specialistica, in continuità con la direttiva 82/76/CEE, mira a garantire che i medici specializzandi dedichino alla loro formazione pratica e teorica tutta la propria attività professionale, ovvero nel caso degli specialisti in formazione a tempo ridotto, una parte significativa di quest’ultima, ma non obbliga gli Stati membri a disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato;

– la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione;

– con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 il legislatore ha dato attuazione alla direttiva 93/16/CEE e, nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale; in particolare, si è osservato che “Il legislatore nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991 ha esercitato legittimamente la sua potestà legislativa (Cass. 15362/2014) non essendo vincolato a disciplinare il rapporto dei medici specializzandi secondo un particolare schema giuridico nè ad attribuire una remunerazione di ammontare preindicato (cfr. punti nn. 21 e 22 di questa sentenza). Nè vale argomentare che lo stesso legislatore italiano, intervenendo in materia, ha modificato la legislazione del 1991 con l’introduzione di una nuova normativa nel 1999 incentrata sullo schema della “formazione-lavoro”; anche ammettendo che il nuovo sistema sia più congeniale a disciplinare la specifica condizione dei medici specializzandi, non può ricavarsi dalla sola successione di leggi diverse la prova che la precedente disciplina non fosse idonea in ordine al recepimento delle direttive ed a dare effettiva tutela al diritto ivi affermato dell'”adeguata retribuzione”” (cfr. Cass. n. 4449 del 2018 ci., p. 39);

– non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi;

– la inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.;

– l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, comma 1 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005;

– ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12 e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1 l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1;

– non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi;

– non sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti nelle Scuole degli altri Paesi Europei, atteso che le situazioni non sono comparabili, perchè la Direttiva 93/16/Ce non ha previsto nè imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico;

– la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica;

3.2. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, ribaditi anche nelle successive decisioni nn. 17052, 17051, 15963, 31923, 16805, 15963, 31922 del 2018, n. 4809 del 2019, condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che i ricorrenti in via incidentale non apportano argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’espresso orientamento giurisprudenziale;

3.3. va solo aggiunto, rispetto all’assetto della normativa quale già riepilogato da Cass. 4449/2018 cit., che il blocco dell’incremento annuale e della rideterminazione delle borse di studio, dapprima stabilito dalla L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12 e poi ribadito dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, (Legge Finanziaria 2003, secondo cui “le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67, e da ultimo dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 … contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 (comma 1)”) è stato successivamente prorogato con la L. n. 266 del 2005, art. 1 secondo cui appunto “la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36 …. continua ad applicarsi anche nel triennio 2006-2008”, sicchè esso è rimasto operativo per tutto il periodo oggetto del presente giudizio;

4. sulla scorta dei principi innanzi richiamati, va quindi accolto il ricorso principale e respinto il terzo motivo del ricorso incidentale;

5. restano assorbiti il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale;

6. la sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari accertamenti di merito, va respinta la domanda di risarcimento del danno proposta dai medici specializzandi;

7. resta ferma la diversa statuizione resa nei confronti dell’Università e coperta da giudicato interno;

8. l’esito alterno dei giudizi di merito e la complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità;

9. occorre dare atto, in relazione al ricorso incidentale, della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda risarcitoria dei medici.

Compensa le spese dell’intero processo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei medici, ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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