Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29877 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. II, 18/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 18/11/2019), n.29877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17128/2016 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO

BENVENUTI 19, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO ZUCCARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA LISA BUONADONNA giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

04/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dal ricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Salerno, sezione lavoro, con sentenza in data 20 novembre 2015, rigettava l’appello proposto da D.L. avverso la sentenza di primo grado e contestualmente revocava l’ammissione dell’appellante al patrocinio a spese dello Stato (ammissione che era stata disposta con Delib. Consiglio dell’ordine degli avvocati di Salerno in data 17 settembre 2013), rilevando che lo stesso aveva agito in giudizio con mala fede e colpa grave.

Con decreto in data 4 gennaio 2016, il Presidente delegato della Corte d’appello di Salerno, senza la fissazione di alcuna udienza, ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dal D. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170, avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato contenuto nella sentenza della Corte d’appello del 20/11/2015, ritenendo che poichè la revoca era stata disposta ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, era preferibile l’orientamento seguito da parte dei giudici di legittimità secondo cui anche tale ipotesi di revoca era impugnabile unicamente con il ricorso per Cassazione, e non anche ai sensi del menzionato art. 170, in analogia con le ipotesi di revoca disposte dal giudice penale.

Per la cassazione di detto decreto il D. ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi.

L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva in questa sede.

2. Con il primo motivo (error in iudicando; violazione di legge e falsa applicazione di norme di diritto; violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84, 99, 112, 136, 142 e 170, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, artt. 702-bis e 702-ter c.p.c.; violazione del principio espresso dalla Corte di cassazione circa il carattere di rimedio generale previsto dall’art. 170 cit.; error in procedendo; violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15,artt. 702-bis e 702-ter c.p.c.) il ricorrente denuncia la “duplice abnormità” dell’ordinanza impugnata, la quale per un verso disconoscerebbe all’opposizione ex art. 170 T.U. delle spese di giustizia, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15,artt. 702-bis e 702-ter c.p.c., la natura di rimedio generale avverso il provvedimento di revoca del patrocinio a spese dello Stato e, per l’altro verso, sarebbe stata resa senza assicurare il contraddittorio con la parte, essendo stata anche omessa la fissazione dell’udienza, come invece imposto dalle norme sul procedimento sommario di cognizione alle quali fa rinvio del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 155.

Il secondo mezzo è rubricato “error in procedendo: errato utilizzo della forma di sentenza in luogo del decreto motivato (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136); irrilevanza dell’apparenza del provvedimento in riferimento alle norme speciali rispetto alle ordinarie norme processuali; natura paragiurisdizionale dei provvedimenti in materia di patrocinio a spese dello Stato; autonoma previsione di un diverso sistema impugnatorio; non definitività del provvedimento di rigetto e/o revoca del beneficio con conseguente inammissibilità del ricorso diretto per cassazione; criterio della forma consapevolmente adottata dal giudice; principio di prevalenza della sostanza sulla forma”. Secondo il ricorrente, la soluzione adottata dal Collegio della Sezione lavoro della Corte d’appello di “preferire la forma della sentenza rispetto a quella del decreto motivato” “pareva essere frutto di una non proprio meditata valutazione”: mancando una “consapevole scelta”, il giudice investito della opposizione avrebbe dovuto ritenere corretto il rimedio impugnatorio esperito dell’opposizione al decreto di revoca.

3. I due motivi – da esaminare congiuntamente, attesa la stretta connessione – sono fondati, occorrendo a tal fine assicurare continuità alla giurisprudenza di questa Corte, già occupatasi di una vicenda sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame, e che ha visto coinvolta la medesima parte (Cass. n. 29228/2017).

Risulta dal provvedimento impugnato e dagli atti allegati che la revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta dal Consiglio dell’ordine degli avvocati è stata adottata, per avere l’interessato agito in giudizio con mala fede e colpa grave, con la stessa sentenza della Corte d’appello che ha deciso la causa di merito, vertente in tema di opposizione avverso un’iscrizione ipotecaria a garanzia del credito scaturente da otto cartelle esattoriali per crediti previdenziali dell’INPS e crediti INAIL, e non con un separato decreto.

La revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio è disciplinata dall’art. 136 T.U. delle spese in materia di giustizia, approvato con il D.P.R. n. 115 del 2002, il quale prevede la forma del decreto. Il magistrato che procede revoca l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine: (a) se nel corso del processo sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio (comma 1); (b) se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione (comma 2); (c) se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (comma 2).

La citata disposizione si chiude (comma 3) con la disciplina degli effetti della revoca dell’ammissione provvisoria al patrocinio: mentre per la modifica delle condizioni di reddito gli effetti della revoca si producono dalle modificazioni reddituali, negli altri casi la revoca ha sempre effetti retroattivi.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in mancanza di espressa previsione normativa, il mezzo di impugnazione avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili è l’opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, al presidente del tribunale o della corte d’appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di revoca, avendo tale opposizione, nel contesto del testo unico in tema di spese di giustizia, natura di rimedio di carattere generale, mentre l’impugnazione del decreto di revoca con ricorso diretto per cassazione può aversi nel solo caso, contemplato dall’art. 113 stesso D.P.R., in cui questo sia stato pronunciato sulla richiesta di revoca dell’ufficio finanziario, ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. d), corrispondente all’art. 127, comma 3 (Cass., Sez. 1, 27 maggio 2008, n. 13833; Cass., Sez. 1, 10 giugno 2011, n. 12744; Cass., Sez. 1, 23 giugno 2011, n. 13807; Cass., Sez. 1, 17 ottobre 2011, n. 21400; Cass., Sez. 6-2, 15 dicembre 2011, n. 26966; Cass., Sez. 1, 20 luglio 2012, n. 12719).

Tuttavia, in un caso nel quale la revoca ex tunc dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato era stata disposta, per la pretestuosità e manifesta infondatezza delle difese svolte dall’interessato, con la stessa sentenza di primo grado che aveva deciso la causa, anzichè “con un provvedimento interinale”, questa Corte (Cass., Sez. 6-2, 13 aprile 2016, n. 7191) ha ritenuto che, “trattandosi di una pronuncia resa in sentenza, doveva essere impugnata con il rimedio ordinario dell’appello, senza che si potesse configurare la proposizione di un separato ricorso T.U. spese di giustizian. 115 del 2002, ex artt. 99-170”.

Il problema che il ricorso pone è se, ove il provvedimento di revoca sia adottato con la sentenza che chiude il processo dinanzi al giudice del merito anzichè con un separato decreto, la parte che voglia dolersi della ingiustizia del provvedimento lo debba fare attraverso il mezzo di impugnazione previsto per la sentenza che accoglie o respinge la domanda (appello o ricorso per cassazione), secondo l’indirizzo inaugurato da Cass. n. 7191 del 2016, cit., oppure ricorrendo al rimedio, avente carattere generale, dell’opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170.

Il Collegio ritiene che sia preferibile il secondo corno dell’alternativa.

Invero, la previsione, da parte del legislatore del testo unico, che la pronuncia sulla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato debba essere resa con la forma del separato decreto motivato, sottoposto a uno specifico e rapido rimedio impugnatorio (l’opposizione al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato), risponde ad un’esigenza di semplificazione, volendosi evitare che la questione in ordine alla sussistenza o al venir meno dei presupposti per l’ammissione al patrocinio dello Stato, che tocca il diritto fondamentale del non abbiente all’effettività del diritto di agire o di difendersi, venga a coinvolgere le altre parti del processo, divenendo terreno di una comune contesa.

La pronuncia della revoca con separato decreto, infatti, significa ed implica che l’opposizione al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione si svolgono, non tra le parti del processo “principale”, ma tra colui che aveva chiesto l’ammissione al patrocinio e l’Amministrazione statale: solitamente il Ministero della giustizia, soggetto passivo del rapporto debitorio scaturente dall’ammissione al beneficio, a meno che la revoca dell’ammissione al patrocinio sia chiesta dall’ufficio finanziario ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 127, comma 3, a seguito della verifica dell’esattezza dell’ammontare dei redditi dichiarati (fattispecie nella quale non può dubitarsi che l’Agenzia delle entrate sia parte necessaria del procedimento: Cass., Sez. 2, 26 ottobre 2015, n. 21700; Cass., Sez. 6-1, 12 novembre 2016, n. 22148).

Vi è quindi diversità dei soggetti interessati a contraddire sulla revoca dell’ammissione al patrocinio rispetto a quelli che sono parti della causa cui il beneficio dell’ammissione si riferisce.

D’altra parte, l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, ha natura di rimedio generale: il sistema, pertanto, non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente sulla base dell’essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel medesimo atto – la sentenza – che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha chiesto di avvalersi del beneficio (in tal senso dovendosi disattendere il contrario principio espresso da Cass. n. 26966/2011, rimasto isolato nella successiva giurisprudenza di legittimità, a mente del quale il rimedio impugnatorio sarebbe sempre ed unicamente il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7).

Conclusivamente, va riaffermato il seguente principio di diritto: “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”, precisandosi che si tratta di soluzione che ha trovato ulteriore conferma da ultimo in Cass. n. 3028/2018, nonchè in Cass. n. 32028/2018).

4. L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento dell’esame del terzo e del quarto motivo, relativi al merito della proposta opposizione.

5. L’accoglimento dei primi due motivi comporta altresì la cassazione del decreto impugnato e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Salerno, che la deciderà in persona di diverso magistrato.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbiti il terzo e il quarto; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Salerno, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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