Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29874 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2018, (ud. 13/11/2018, dep. 20/11/2018), n.29874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Antonio Francesco – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16275-2017 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSA VIGNALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 06/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/11/2018 dal Presidente Relatore Dott. FRANCESCO

ANTONIO GENOVESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Perugia, con la sentenza n. 1206 del 2017 (pubblicata il 6 aprile 2017), ha respinto l’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale che, a sua volta, aveva disatteso l’opposizione al provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Firenze che pure aveva negato le richieste di protezione internazionale e il permesso di soggiorno per motivi umanitari, invocati da A.M., cittadino Pachistano proveniente dalla regione del Punjab, sulla base di una vicenda personale secondo la quale Egli, aderente ad un partito politico (il MQM), nel 2011 era rimasto coinvolto nello scontro con il partito avversario (dal ricorrente chiamato Non League), venendone ferito ma anche accusato di aver ucciso, senza che la polizia l’abbia tutelato, così da essere costretto a emigrare, lasciando la propria famiglia, prima per andare in Libia e poi per approdare in Italia.

Secondo il giudice del gravame, sulla base del resoconto del richiedente asilo, intriso da contraddizioni e smentite, perchè venienti dalla realtà come accertata (in quanto facente riferimenti a fatti posteriori, accaduti nel 2013), e perciò poco credibile, andavano respinte tutte le richieste di protezione (internazionale ed umanitaria), atteso che non erano state neppure allegate le ragioni di fragilità, giustificative della richiesta di protezione umanitaria.

Avverso tale provvedimento ricorre il sig. A.M. con tre mezzi con i quali lamenta plurime violazioni di legge: a) D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14; c) TU di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art 32.

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alla parte costituita nel presente procedimento, alla quale non state mosse osservazioni critiche. Il ricorso è inammissibile, atteso che le doglianze, sia pure sotto le apparenze delle censure di violazione di legge, tendono ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014) nonchè all’esercizio di ulteriori attività istruttorie rispetto a quelle già effettuate e di cui la motivazione del provvedimento impugnato dà conto.

Infatti, la motivazione adottata dalla Corte territoriale – che ha ritenuto non credibile la narrazione del richiedente asilo, perchè contraddittoria e smentita da fatti puntuali (come l’anticipazione di due anni dei fatti politici e la insussistenza di alcune circostanze – quali l’apertura della sede locale del partito politico partecipato, fin dal 2008 – apprezzate come rilevanti), ed anche per i suoi contenuti, non lineari e poco verosimili -, ha escluso ogni forma di protezione per il richiedente asilo, sulla base della non veridicità e credibilità del dichiarante e della ampia lacunosità della vicenda da lui narrata, nonchè per il difetto di allegazioni riguardo alla pretesa sussistenza di ragioni per accordare una tutela di tipo umanitario (in disparte l’entrata in vigore del sopraggiunto D.L. n. 113 del 2018).

L’ordinanza impugnata va, pertanto, confermata con la dichiarata inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

Alla inammissibilità del ricorso NON segue l’affermazione dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente, in quanto ammesso al PASS.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore della controricorrente, nella misura di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1^ sezione civile, il 3 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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