Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29872 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. II, 18/11/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 18/11/2019), n.29872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 26509 – 2018 R.G. proposto da:

GRAZIELLA s.p.a., – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale

rappresentante pro tempore, ANTICHE DIMORE s.r.l. (già “Antiche

Dimore di M.S. e C.” s.a.s.) – p.i.v.a. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e

difese giusta procura speciale su foglio separato allegato in calce

al ricorso dall’avvocato professor Giuseppe Mancusi Barone; entrambe

elettivamente domiciliate in Roma, alla via Nizza, n. 59, presso lo

studio dell’avvocato professor Claudio Rossano;

– ricorrenti –

contro

SICOM s.r.l., – Società Industriale Contenitori Metallici – p.i.v.a.

(OMISSIS) – in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cardinale Marmaggi, n.

19, presso lo studio dell’avvocato Andrea Mannino che la rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della corte d’appello di Salerno n. 771/2018;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 13

giugno 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. Patrone Ignazio, che ha concluso per la declaratoria

di improcedibilità, in subordine per la declaratoria di

inammissibilità del ricorso;

udito l’avvocato Giuseppe Mancusi Barone per le ricorrenti;

udito l’avvocato Andrea Mannino per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto n. 952/2012 il tribunale di Nocera Inferiore ingiungeva alla “Graziella” s.p.a., quale debitrice principale, ed alla “Antiche Dimore di M.S. e C.” s.a.s., quale fideiussore, di pagare alla ricorrente,”Sicom” s.r.l., la somma di Euro 1.061.884,81 a titolo di saldo del prezzo di una fornitura di barattoli di banda stagnata.

La “Graziella” e la “Antiche Dimore” proponevano opposizione.

Deducevano che i barattoli acquistati, utilizzati per inscatolare pomodoro pelato a marchio “Graziella”, “erano arrivati a destinazione, bombati, ed in parte anche con fuoriuscita del pomodoro” (così ricorso, pag. 3).

Instavano – tra l’altro – per la revoca dell’opposta ingiunzione, per la riduzione del prezzo e per il risarcimento dei danni.

Resisteva la “Sicom” s.r.l..

All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 2013/2014 l’adito tribunale revocava il decreto ingiuntivo e condannava le opponenti a pagare all’opposta la somma di Euro 235.098,24 – oltre interessi – così determinata all’esito della compensazione del credito di Euro 729.081,76, riconosciuto alla “Graziella” a titolo di risarcimento del danno emergente e del lucro cessante, con il maggior credito al corrispettivo – ricomputato nel minor importo di Euro 964.180,00 – dell’opposta.

Proponevano appello la “Graziella” s.p.a. e la “Antiche Dimore” s.r.l. (già “Antiche Dimore di M.S. e C.” s.a.s.).

Chiedevano, in riforma della gravata sentenza, la condanna della controparte al pagamento della somma di Euro 693.176,80 a titolo di danno emergente, di Euro 1.275.568,00 a titolo di danno all’immagine, di Euro 1.965.535,26 a titolo di lucro cessante e di Euro 1.830.600,00 a titolo di danno sofferto per la mancata erogazione del finanziamento già accordato dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Resisteva la “Sicom” s.r.l..

Proponeva separato appello la “Sicom” s.r.l..

Resistevano la “Graziella” s.p.a. e la “Antiche Dimore” s.r.l..

Riuniti i gravami, con sentenza n. 771/2018 la corte d’appello di Salerno accoglieva per quanto di ragione l’uno e l’altro appello ed in parziale riforma della gravata sentenza, in ogni altra parte confermata, condannava in solido le appellanti principali a pagare alla “Sicom” la somma di Euro 447.925,36, oltre interessi; compensava integralmente le spese del doppio grado e poneva definitivamente a carico della “Sicom” le spese dell’a.t.p. e della c.t.u. espletate in prime cure.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso la “Graziella” s.p.a. e la “Antiche Dimore” s.r.l.; ne hanno chiesto sulla scorta di nove motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

La “Sicom” s.r.l. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese; ha chiesto condannarsi le ricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Le ricorrenti hanno depositato memoria.

La controricorrente del pari ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1218 e 1223 c.c..

Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 3.

Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6.

Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Con il quinto motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Con il sesto motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1175 e 1375 c.c..

Con il settimo motivo le ricorrenti denunciano la violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. di corrispondenza tra chiesto pronunciato; in subordine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Con l’ottavo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c..

Con il nono motivo le ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2. Si rappresenta previamente quanto segue.

La sentenza n. 771 della corte d’appello di Salerno è stata depositata in data mercoledì 30 maggio 2018.

Il ricorso a questa Corte di legittimità è stato notificato alla controricorrente “Sicom” in data 7/10 settembre 2018.

Ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale la modifica di cui al D.Lgs. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 162 del 2014), che, sostituendo della L. n. 742 del 1969, l’art. 1 ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni (dall’1 al 31 agosto di ciascun anno), trova applicazione, in mancanza di una disciplina transitoria, a partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data dell’impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. (ord.) 11.5.2017, n. 11758; cfr. Cass. (ord.) 6.9.2017, n. 20866, secondo cui la riduzione della durata del periodo di sospensione feriale è immediatamente applicabile con decorrenza dall’anno 2015, in forza del D.Lgs. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio, in attuazione, peraltro, del principio “tempus regit actum”).

Il ricorso a questo Giudice del diritto pertanto non è stato notificato entro il termine di sessanta giorni a far data dal 30 maggio 2018, di del deposito e della pubblicazione della sentenza di seconde cure.

Invero la notifica entro il termine di sessanta giorni dal 30 maggio 2018 ne avrebbe comportato in ogni caso la procedibilità.

Si rappresenta altresì quanto segue.

Le ricorrenti hanno espressamente dichiarato che la sentenza n. 771 dei 8/30 maggio 2018 della corte d’appello di Salerno è stata notificata in data 11 giugno 2018 (cfr. ricorso, pag. 2).

Le sezioni unite di questa Corte con statuizione n. 10648 del 2.5.2017 hanno puntualizzato che, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (cfr. altresì Cass. (ord.) 22.7.2019, n. 19695, secondo cui il ricorso per cassazione è improcedibile, qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall’art. 369 c.p.c., comma 1, copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente; cfr. inoltre Cass. (ord.) 15.9.2017, n. 21386, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità; parimenti, il deposito di una ulteriore istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, con ad essa allegata anche la relata di notifica della sentenza gravata, avvenuto in data successiva alla comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale non impedisce la menzionata sanzione, atteso che, da un lato, il detto deposito, a tal fine, deve avvenire entro il termine perentorio di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e, dall’altro, non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio).

Ebbene, a fronte della dichiarazione resa dalle ricorrenti e nel segno della pronuncia delle sezioni unite summenzionata, si rappresenta che non è dato in alcun modo rinvenire agli atti copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, specificamente ai sensi dell’art. 285 c.p.c., debitamente depositata insieme al ricorso nel termine, a pena di improcedibilità, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1.

Si tenga conto che questa Corte spiega che la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 cit. norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve; che, nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente (è evidentemente il caso di specie) od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della medesima senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile; che tale previsione non integra alcuna lesione del precetto di cui all’art. 24 Cost., poichè la disposizione dell’art. 369 c.p.c. non limita il diritto di difesa, ma impone di esercitarlo nel rispetto delle forme dettate dal codice di rito (cfr. Cass. 11.5.2010, n. 11376; Cass. 27.1.2015, n. 1443).

In dipendenza della declaratoria di improcedibilità del ricorso le ricorrenti vanno in solido condannate a rimborsare alla s.r.l. controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Non vi è margine per far luogo alla condanna delle ricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 (la domanda ex art. 96 c.p.c. può essere proposta anche in sede di legittimità: cfr. Cass. sez. un. 17.8.1990, n. 8363).

Non sussiste invero il presupposto della colpa grave. Propriamente è da escludere che l’esperito ricorso per cassazione si sia risolto in una iniziativa pretestuosa (cfr. Cass. sez. un. 20.4.2018, n. 9912, secondo cui la responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte nè la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso, cosicchè possa considerarsi meritevole di sanzione l’abuso dello strumento processuale in sè, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione).

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso; condanna in solido la “Graziella” s.p.a. e la “Antiche Dimore” s.r.l. a rimborsare alla controricorrente, “Sicom” s.r.l., le spese del presente giudizio di legittimità, spese che si liquidano in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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