Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29869 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 29/12/2011), n.29869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 82, presso l’avvocato IANNOTTA Gregorio,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SE.RO. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 126, presso l’avvocato PUJATTI

MARIA CRISTINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RUGANI GIULIANA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3387/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato IANNOTTA GREGORIO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato RUGANI GIULIANA che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con sentenza del (OMISSIS) il Tribunale di Roma ha pronunciato la separazione personale dei coniugi S.M. e S. R., dichiarandola addebitabile al marito, a carico del quale ha posto l’obbligo di corrispondere un assegno mensile rivalutabile di Euro 5.000,00 per il mantenimento della moglie e dei figli minori, affidati alla madre.

La Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha revocato la pronuncia di addebito al marito, ha confermato la misura dell’assegno di mantenimento e ha posto a carico del marito l’obbligo del pagamento dei due terzi delle spese straordinarie per i figli, provvedendo sulle spese (compensate per i due gradi). Contro la sentenza di appello S.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi articolati sotto più profili.

Resiste con controricorso l’intimata.

Parte ricorrente ha depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

2.- Con i motivi il ricorrente denuncia violazione di legge (1: artt. 143, 147, 148, 2729 c.c. e art. 116 c.p.c.; 2: artt. 143, 147, 148, 2729 c.c. e art. 116 c.p.c.; nonchè artt. 2, 3, 23, 29 e 30 Cost. e art. 570 c.p.) e vizio di motivazione (1d e 2d) e formula i seguenti quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.:

In relazione al primo motivo:

1) Dica la Corte se, ai fini di stabilire la sussistenza dell’obbligo di mantenimento a carico di uno dei coniugi, si possa prescindere dal reddito del coniuge, risultante dai documenti acquisiti e da apposita consulenza tecnica d’ufficio, che ha individuato e quantificato il reddito di lavoro e altre fonti di reddito, e si possano individuare, in via di presunzioni c.d. redditi sommersi, e ciò per la considerazione che il coniuge e la sua famiglia hanno vissuto in modo agiato, in forza di atti di liberalità del proprio padre.

2) Dica la Corte se sia legittimo il riferimento alle presunzioni semplici di cui all’art. 2729 cod. civ., al fine di ritenere il reddito di riferimento dell’obbligo di mantenimento, allorquando tale reddito sia inferiore allo stesso assegno di mantenimento, come accertato documentalmente e dal C.T.U., e ciò per la sola considerazione che la pregressa agiatezza della famiglia, è stata possibile in considerazione di atti di liberalità del proprio padre.

3) Dica la Corte se sussista violazione dell’art. 116 c.p.c. e, quindi, dei principi e norme che disciplinano la valutazione delle prove, allorquando si preveda la sussistenza dell’obbligo di mantenimento pari ad Euro 5.000,00 mensili, nonchè l’obbligo di provvedere per 2/3 alle spese scolastiche, sportive, di vacanza, di viaggi, di studio e mediche non coperte dal S.S.N., necessaria per i tre figli, a carico di un soggetto che risulti titolare di un reddito annuo di Euro 41.000,00 circa e che non risulti titolare di partecipazioni societarie se non a carattere irrisorio. In relazione al secondo motivo:

1) Dica la Corte se sia conforme agli artt. 143, 147 e 148 cod. civ., la previsione da parte del Giudice di merito dell’obbligo di mantenimento dell’altro coniuge e della prole, che può essere adempiuto solo in ipotesi di liberalità del proprio genitore.

2) Dica la Corte se sia conforme agli artt. 2, 3 e 23 Cost. la previsione di un obbligo di mantenimento dell’altro coniuge e della prole, che può essere adempiuto solo in ipotesi di atti di liberalità del proprio genitore, costringendo il coniuge onerato a violare l’art. 570 cod. pen. o a costringere il proprio genitore a porre in essere un “atto di liberalità coatto”.

3) Dica la Corte se sia conforme agli artt. 29 e 30 Cost. la previsione di un obbligo di mantenimento dell’altro coniuge e della prole non ricollegato alla capacità personale e patrimoniale dell’odierno ricorrente, ma condizionato ad atti di liberalità provenienti dal proprio padre.

3.- Osserva preliminarmente il Collegio, quanto ai vizi di motivazione denunciati col primo motivo sub d) e con il secondo motivo sub d), in relazione all’osservanza del precetto di cui all’art. 366 bis c.p.c., che la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonchè le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008). Tale momento di sintesi deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

I motivi sub 1d) e 2d), per contro, sono del tutto privi della sintesi conclusiva del fatto controverso e delle ragioni poste a fondamento delle censure e sono, pertanto, inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

4.- Ciò premesso in ordine ai vizi motivazionali, va rilevata l’infondatezza delle denunciate violazioni di norme di diritto, essendosi la Corte di merito attenuta ai principi giurisprudenziali enucleati dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali In tema di separazione personale tra i coniugi, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento, il giudice del merito deve anzitutto accertare il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, per poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo di questo esame, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. In quest’ambito, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede la determinazione dell’esatto importo dei redditi posseduti attraverso l’acquisizione di dati numerici, in quanto è necessaria, ma anche sufficiente, una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, in relazione alle quali sia possibile pervenire a fissare l’erogazione, in favore di quello più debole, di una somma corrispondente alle sue esigenze (Sez. 1, Sentenza n. 13592 del 12/06/2006).

In particolare, la Corte di merito, ha premesso che la Se. ha provato (trattandosi, peraltro, di circostanza pacifica e desumibile dalle risultanze processuali) che i coniugi durante il periodo di convivenza matrimoniale (protrattosi per circa 12 anni) hanno goduto di ampie disponibilità economiche e hanno condotto un elevato e costoso tenore di vita, sostanzialmente sostenuto dal solo S., in quanto in costanza di matrimonio la Se. ha svolto solo occasionali collaborazioni tra il 1996 e il 1997 nell’ambito dell’impresa paterna (“Semeraro Holding s.r.l.”) che, peraltro, è stata posta in liquidazione nel 1998 per difficoltà economiche.

A fronte dell’assunto del S., il quale, pur avendo ammesso che il suo nucleo familiare aveva mantenuto un elevato tenore di vita, assumeva però che questo era possibile solo in virtù degli aiuti economici erogati dalla sua famiglia, la Corte di merito, con logica ed esaustiva motivazione, peraltro non attinta da valide censure (come sopra evidenziato sub 3) ha accertato che il S., oltre che dello stipendio mensile, è certamente titolare di un ulteriore reddito “sommerso” proveniente da ripartizioni di utili del gruppo S.. Ciò desumendolo dalla circostanza che i versamenti effettuati dal padre dell’appellante in favore del figlio, non avevano carattere di saltuarietà – ossia non erano interventi casuali, giustificati da particolari necessità del figlio (ad eccezione del versamento di 54 milioni di lire avvenuto in data 4 febbraio 2000 per estinguere il conto corrente n. 90542 presso la Banca Popolare di Bergamo, intestato alla Se.) o della sua famiglia – ma fin dall’inizio del matrimonio hanno avuto un carattere di continuità che rivela l’adempimento di un’obbligazione più che un’elargizione estemporanea.

Ha ancora evidenziato la Corte di appello, anche muovendo dall’inottemperanza all’ordine di esibizione di tutta la documentazione bancaria rivolta al S.: considerando che le obbligazioni assunte dall’appellante per fronteggiare le spese fisse (pagamento del canone di locazione, delle utenze, delle rette scolastiche, degli stipendi ai dipendenti familiari), hanno da sempre superato di gran lunga l’importo del suo stipendio (nel 1996, quando prese in locazione l’appartamento di via (OMISSIS) per L. 4.000.000 mensili, oltre spese condominiali, la sua retribuzione, che al netto ammontava a L. 50 milioni, copriva appena il canone annuale), è evidente che l’appellante era consapevole di poter contare su altre entrate, non certamente rappresentate dalla sola generosità paterna che, peraltro, avendo dieci figli, non poteva permettersi – come evidenziato dalla difesa dell’appellante – elargizioni così impegnative nei confronti di uno solo di essi. Solo nel luglio del 1999 il padre dell’appellante si è accollato il pagamento del canone di affitto dell’appartamento di via (OMISSIS), dando ordine alla propria banca di provvedere mensilmente a e corrispondere il relativo importo mediante bonifico in favore delle proprietarie dell’immobile.

Si è trattato di un evidente intervento suggerito dalla necessità di creare al figlio una parvenza di necessità economica quando la situazione coniugale stava precipitando; non risulta infatti che in quella data si sia verificata nella posizione economica del giovane S. alcuna circostanza negativa che potesse giustificare l’intervento del padre (il reddito netto del S. nel 1999 è stato pari a L. 62 milioni); detto intervento è anzi coinciso con la promozione dell’appellante al ruolo dirigenziale con relativo aumento di stipendio (7.768.000 lorde per 14 mensilità).

Talchè, i richiami contenuti nel ricorso alla natura di liberalità delle “elargizioni” ricevute dal ricorrente contrastano con l’accertamento incensurabile compiuto dai giudici del merito e, anzi, le censure – a fronte della riportata motivazione – appaiono del tutto aspecifiche.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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