Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29865 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. II, 18/11/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 18/11/2019), n.29865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6877-2015 proposto da:

D.R.R., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma,

Via Monte Zebio 32, presso lo studio dell’avvocato Francesco

Silvestri, che li rappresenta e difende unita mente all’avvocato

Errico Eduardo Chiusolo;

– ricorrenti –

contro

Consorzio Ge.Se.Ce.Di- Gestione Servizi Centro Direzionale”,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Sabotino 12, presso lo studio

dell’avvocato Luca Savini, rappresentato e difeso dagli avvocati

Matteo Maria Fiorentino, Bruno Cimadomo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1764/2014 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 17/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/03/2019 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

-il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso trasmesso per la notifica il 10 marzo 2015 da D.S.V., + ALTRI OMESSI, nei confronti del Consorzio GE.SE.CE.DI (d’ora in poi solo Consorzio) avverso la sentenza n. 1764/2014 emessa dalla Corte d’appello di Napoli;

– la pronuncia impugnata aveva respinto sia l’appello principale proposto dai medesimi odierni ricorrenti nonchè quello incidentale proposto dal Consorzio nei confronti della sentenza del Tribunale di Napoli n. 8611/2009;

– con la decisione appellata il giudice di prime cure aveva rigettato le domande proposte dai ricorrenti per contestare la legittimità della clausola identificata come art. 2 e presente nei contratti di vendita collettivi con cui era stata formalizzata la cessione da parte della Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici s.r.l. ai loro mandatari degli appartamenti siti nel comprensorio individuato come (OMISSIS) in virtù di atti sottoscritti ai sensi della L. n. 410 del 2001;

– detta clausola prevedeva la partecipazione obbligatoria degli acquirenti al Consorzio per la manutenzione e la gestione delle infrastrutture degli impianti pubblici o di uso comune ricadenti nel comprensorio cosicchè, per effetto dell’acquisto dell’unità immobiliare, la parte acquirente aveva acquistato automaticamente anche la qualità di membro del Consorzio GE.SE.CE.DI. accettandone espressamente i patti e le condizioni;

– ad avviso degli attori le disposizioni contenute in detta clausola erano da ritenersi nulle così come nullo era l’obbligo di partecipazione al menzionato Consorzio;

– per il caso in cui il giudice avesse ritenuto valida la clausola di ingresso gli attori avevano chiesto l’accertamento del loro formale recesso per giusta causa;

– costituendosi in primo grado il Consorzio aveva contestato la pretesa attorea e formulato, in via riconvenzionale, la domanda di declaratoria di assunzione della qualità di associati al Consorzio in capo agli attori, domanda che era stata pure respinta dal giudice di prime cure;

– la corte territoriale, decidendo le impugnazioni delle parti aveva richiamato l’ormai acquisita natura di Consorzio di urbanizzazione del GE.SE.CE.DI nonchè la fonte dell’adesione al Consorzio per ciascuno degli acquirenti nella sottoscrizione della clausola inserita nei rispettivi contratti di compravendita ed identificata come art. 2 in forza del preventivo assenso espresso dal Consorzio nell’art. 3 dello statuto, a mente del quale l’ingresso si verifica per effetto della compravendita di unità immobiliari ubicate nel comprensorio del Centro Direzionale di Napoli;

– il giudice d’appello aveva rigettato, inoltre, l’eccezione di insussistenza del difetto dei poteri rappresentativi del mandatario collettivo ritenendo omnicomprensiva l’autorizzazione rilasciata ai suddetti procuratori;

– parimenti infondata era stata giudicata dalla corte territoriale la doglianza secondo la quale la società di cartolarizzazione non era consorziata così come altrettanto infondato veniva ritenuto l’assunto secondo il quale le disposizioni dell’art. 2 del contratto configuravano una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 1469-bis c.c.;

– la corte territoriale aveva poi rigettato la domanda di accertamento dell’intervenuto recesso degli attori per giusta causa, osservando come la circostanza che i servizi resi dal Consorzio riguardassero solo in parte i consorziati, interessando per altra parte beni di proprietà demaniali, non rilevava ai fini della legittimità del recesso invocato, ma solo al profilo della misura della partecipazione dei consorziati alle spese di gestione del Consorzio;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dagli attori sulla base di un motivo articolato in più profili, cui resiste il Consorzio con controricorso illustrato da memoria;

– in data 14 febbraio 2019 i ricorrenti D.S.V. e B.A. hanno depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso notificato via PEC, (Ndr: testo originale non comprensibile) però non ha fatto seguito l’accettazione da parte del Consorzio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente dichiarata l’estinzione del giudizio limitatamente alla posizione di D.S.V. e B.A. i quali hanno formalizzato la rinuncia agli atti versandosi in fattispecie di ricorso proposto da piu parti di rapporti processuali congiunti, ma scindibili (cfr. Cass. 552/1977);

– con il primo profilo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1372,1326 e 1332 c.c. nonchè la violazione e falsa applicazione degli art. 24 e 36 c.c. e dell’art. 1407 c.c., per avere la corte d’appello illegittimamente ricostruito l’adesione al Consorzio mediante la sottoscrizione da parte del mandatario degli assegnatari degli immobili, della clausola inserita nel contratto da questi sottoscritto con la società S.C.I.P., contratto cui il Consorzio era estraneo, in violazione dello schema contrattuale disciplinato dall’art. 1326 c.c.;

– con il secondo e terzo profilo si denuncia, altresì, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1349,1362 e 1469 bis c.c. per non aver ritenuto abusiva e vessatoria la clausola d’ingresso inserita all’art. 2 dei contratti di vendita collettiva che ha disposto la loro obbligatoria partecipazione al Consorzio a seguito della qualificazione del GE.SE.CE quale consorzio di urbanizzazione e per avere al contempo illegittimamente interpretato l’art. 3 dell’atto costitutivo e l’art. 3 dello Statuto del Consorzio, valorizzando un’inesistente adesione preventive di quest’ultimo;

– i ricorrenti denunciano, inoltre, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per omesso esame ed omessa pronuncia sulla domanda di recesso per giusta causa, in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 24 e 36 c.c.;

– i diversi profili di censura possono essere esaminati congiuntamente perchè riguardano doglianze in ordine al significato delle pattuizioni negoziali richiamate (art. 2 dei contratti di vendita collettiva e art. 3 dell’atto costitutivo e dello Statuto del consorzio);

– tali doglianze sono infondate;

– analoga questione è stata già affrontata in precedente pronuncia (v. Cass. ord. 27634/2018) e le clausole, diversamente da quanto eccepito dai ricorrenti, sono state ricostruite dal giudice del merito in conformità al principio espresso da ormai consolidata giurisprudenza formatasi in proposito;

– è stato cioè affermato che “l’art. 3 dello Statuto consortile regolamenta le modalità di adesione degli associati: essa si verifica nel caso di compravendita di unità immobiliari ubicate nel comprensorio; ne consegue che il Consorzio ha prestato il proprio assenso preventivo all’ingresso del nuovo associato; l’ingresso effettivo si concretizza secondo una modalità predeterminata, cioè con la conclusione del contratto di compravendita di ciascuna delle suddette unità immobiliari, senza che occorrano formalità ulteriori” (cfr. Cass. 7427/2012; id. 20989/2014; id. 18560/2016);

– la censura in relazione all’omessa pronuncia sul prospettato recesso è pure infondata, nel senso che nella sentenza impugnata la corte distrettuale si è espressa sulla doglianza sollevata in proposito (cfr. pag. 5 della sentenza) seppure richiamando le argomentazioni del giudice di prime cure;

– in ogni caso il rigetto della possibilità dell’invocato recesso è conforme, oltre che all’interpretazione dell’art. 3 dell’atto costitutivo del Consorzio, anche al principio giurisprudenziale che in tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e i beni di proprietà esclusiva, ha statuito che il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall’obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall’art. 1104 c.c., che consente l'”abbandono liberatorio” nella comunione, bensì dall’art. 1118 c.c., che lo vieta nel condominio (cfr. Cass. 4125/2003; id.20989/2014; id. 27634/2018);

– atteso l’esito sfavorevole di tutti i profili di censura, il ricorso proposto dai restanti ricorrenti (con esclusione cioè di D.S. e B.) è da respingere;

– in applicazione del principio di soccombenza, tutti i ricorrenti (compresi D.S. e B. in difetto di adesione alla rinuncia ex art. 391 c.p.c.) sono condannati in solido alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente come liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti non rinunzianti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis;

– i ricorrenti D.S. e B., invece, non sono tenuti al versamento (cfr. quanto alla posizione dei rinunzianti Cass. 25485/2018; id. 19560/2015).

PQM

La Corte dichiara estinto il giudizio nei confronti di D.S. e B.; rigetta il ricorso proposto dagli altri ricorrenti e condanna tutti i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese che liquida in Euro 4000,00, oltre Euro 200,00 per spese e 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti non rinunzianti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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