Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29864 del 18/11/2019

Cassazione civile sez. II, 18/11/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 18/11/2019), n.29864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10936-2015 proposto da:

COSTRUZIONI MECCANICHE L.B. SPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

V.TIBULLO 10, presso lo studio dell’avvocato DANIELE VILLA,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO FRANCO BONINI, LUCA

GRIMOLDI;

– ricorrente –

contro

ALTEC SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CLEMENTE IX 10, presso lo

studio dell’avvocato LUCIA FELICIOTTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE SANTORO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 813/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato VILLA Daniele, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato GRIMALDI Luca, difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Altec s.r.l. otteneva decreto ingiuntivo nei confronti della società Costruzioni Meccaniche L.B. s.p.a. per il pagamento di Euro 35.750 a titolo di corrispettivo dell’appalto per la realizzazione di un impianto destinato alla applicazione di un nastro di alluminio isolante per il rivestimento di tubature destinate alla conduzione di acqua calda per riscaldamento.

In sede di opposizione al decreto ingiuntivo la L.B. s.p.a. chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto di appalto inter partes, lamentando un grave inadempimento da parte della società appaltatrice Altec per le anomalie riscontrate nel funzionamento dell’impianto, tali da renderlo del tutto inadatto alla sua destinazione; in particolare l’opponente lamentava che l’impianto realizzato dalla Altec applicava il nastro di alluminio alle tubature senza la necessaria aderenza, generando la formazione di pieghe e rigonfiamenti.

La corte d’appello di Milano, confermando la decisione di primo grado, respingeva l’opposizione, rilevando l’insussistenza del lamentato inadempimento della società Altec. La corte territoriale rilevava che le anomalie riscontrate nei tubi prodotti con l’impianto realizzato dalla società Altec dipendevano da un malfunzionamento di uno stampo preposto alla chiusura del foglio di alluminio, denominato “tensor”, che la stessa Altec aveva realizzato sulla scorta delle specifiche tecniche e progettuali fornite dalla committente L.B. s.p.a..

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società L.B. sulla scorta di quattro motivi.

La società Altec ha depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 20.2.19, per la quale la società ricorrente ha depositato memoria e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso la società L.B. denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 1173,1176,1218 e 2697 c.c.; nel mezzo di gravame si contesta altresì la “non prudente e illogica motivazione” della sentenza impugnata (pagina 27, rigo 15, del ricorso per cassazione), là dove vi si afferma che il difetto della linea di produzione sarebbe riconducibile all’imperfetto funzionamento dello stampo “tensor”, a propria volta dipendente da errori della relativa progettazione ascrivibili alla committente. Seconda la ricorrente, per contro, il difetto della linea di produzione sarebbe imputabile ad anomalie del processo di lavorazione che si collocherebbero a monte della fase di chiusura del foglio di alluminio realizzata mediante lo stampo “tensor”. Sotto altro aspetto, nel mezzo di gravame si censura l’affermazione della corte territoriale secondo cui la progettazione dell’impianto “tensor” sarebbe riferibile alla società L.B..

Col secondo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1173,1176,1218 e 2697 c.c., affermando che, a prescindere dalla sussistenza o meno di un progetto-tipo fornito dalla L.B., la società fornitrice Altec era comunque responsabile dell’esecuzione dell’opera a regola d’arte e, per essere esonerata da tale responsabilità, avrebbe dovuto dimostrare che il contratto le imponeva di attenersi al progetto fornito dalla committente.

Con il terzo motivo di ricorso, rubricato con riferimento alla violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 1173,1176,1218 e 2697 c.c., la società ricorrente lamenta che la corte territoriale, “in violazione del principio della prova logica e prudente” (pag. 30, p. 6, del ricorso per cassazione), non avrebbe considerato che la c.t.u. non aveva affermato l’incompatibilità del progetto-tipo dello stampo “tensor” elaborato dalla società L.B. rispetto alla linea da realizzarsi dalla Altec.

Con il quarto mezzo di impugnazione, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 116 e 183 c.p.c. e degli artt. 1173, 1176, 1218, 2697 e 2721 ss. c.c. in cui la corte milanese sarebbe incorsa fondando il proprio convincimento su di un documento – ossia il progetto-tipo dello stampo “tensor” – non rilevante e acquisito tardivamente, in fase di c.t.u..

Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

La censura ivi dedotta, sebbene proposta in termini di violazione o falsa applicazione di numerose norme di diritto, si risolve nella petizione di un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, nella specie della c.t.u., notoriamente precluso in sede di legittimità (tra le tante, Cass. 25332/14).

La ricorrente non individua, quanto al dedotto vizio di violazione di legge, alcuna esplicita od implicita affermazione in diritto della sentenza gravata che si ponga in contrasto con le disposizioni di cui viene lamentata la violazione, nè individua, quanto al vizio di motivazione pure denunciato nel corpo (pur se non nella rubrica) del motivo, alcuna vizio logico dell’iter argomentativo seguito dalla corte territoriale, nè alcun fatto storico, decisivo e discusso tra le parti, dalla detta corte trascurato. La società L.B., piuttosto, contesta le conclusioni a cui è approdato il libero convincimento della corte territoriale sulle cause del malfunzionamento dell’impianto oggetto dell’appalto e inammissibilmente contrappone alla valutazione delle risultanze della c.t.u. offerta dalla sentenza una propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.

Il secondo motivo di ricorso è fondato.

La corte di appello ha ritenuto che la società Altec abbia operato quale nudus minister – escludendone, di conseguenza, ogni responsabilità per il malfunzionamento dello stampo “tensor” – sul duplice rilievo che la committente aveva consegnato all’appaltatrice un progetto-tipo e che il contratto inter partes conteneva una pattuizione “in virtù della quale Altec, prima di procedere alla costruzione di quanto commissionato avrebbe dovuto ottenere l’approvazione della società B.”, il che sanciva “un pregnante potere di ingerenza della società B. in termini di diritto di approvazione della progettazione” (pagina 12 della sentenza impugnata).

Tale conclusione, tuttavia, viola il disposto dell’art. 1655 c.c., così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, infatti, che “L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, nè l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori” (si veda Cass. 23594/17; Cass. 8016/12).

Inoltre, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, “Nel cosiddetto appalto “a regia”, il controllo esercitato dal committente sull’esecuzione dei lavori esula dai normali poteri di verifica ed è così penetrante da privare l’appaltatore di ogni margine di autonomia, riducendolo a strumento passivo dell’iniziativa del committente, sì da giustificarne l’esonero da responsabilità per difetti dell’opera, una volta provato che abbia assunto il ruolo di nudus minister del committente” (Cass. 2752/05; negli stessi termini cfr., ex multis, Cass. 18371/04; Cass. 6754/03; Cass. 10550/01).

L’appaltatore, pertanto, viene ridotto a nudus minister solo quando è direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico (Cass. 1981/16).

Nella specie, la corte territoriale ha qualificato la posizione della Altec quale quella di un nudus minister senza, tuttavia, accertare se l’appaltatrice avesse manifestato il proprio dissenso rispetto al progetto-tipo e, in generale, senza accertare la sussistenza, nella specie, delle circostanze indicate nei menzionati precedenti di questa Corte quali necessario presupposto della suddetta qualificazione.

L’impugnata sentenza incorre, quindi, nel vizio di violazione di legge denunciato nel secondo mezzo di impugnazione, in quanto il potere di ingerenza esercitato dalla società L.B. mediante la consegna di un progetto tipo e mediante la previsione contrattuale di una riserva di approvazione della progettazione finale elaborata dalla Altec non è sufficiente per ritenere quest’ultima sollevata dall’obbligazione di rilevare e segnalare l’inadeguatezza del progetto-tipo e, quindi, dalla responsabilità per i vizi dell’opera (cfr. Cass. 7515/05: “L’appaltatore che nella realizzazione dell’opera si attiene alle previsioni del progetto altrui può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera, in quanto, sebbene la obbligazione dell’appaltatore sia di risultato, la sua responsabilità non è oggettiva ma è commisurata alla diligenza e alla perizia necessarie nel caso concreto e secondo il parametro di cui all’art. 1176 c.c., comma 2. In particolare, nel caso in cui il committente abbia predisposto il progetto dell’opera e fornito indicazioni sulla sua realizzazione, l’appaltatore deve comunque segnalare al committente le carenze e gli errori al fine di poter realizzare l’opera a regola d’arte, con la conseguenza che, in caso contrario, egli è comunque responsabile anche se ha eseguito fedelmente il progetto e le indicazioni, mentre va esente da responsabilità se il committente, reso edotto delle carenze e degli errori, gli abbia chiesto di dare egualmente esecuzione al progetto o abbia ribadito le indicazioni, riducendosi in tale ipotesi l’appaltatore al rango di nudus minister”).

Il secondo mezzo di ricorso va quindi accolto, con conseguente assorbimento del terzo e del quarto.

L’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla corte di appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà agli enunciati principi di diritto e regolerà le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo per quanto di ragione, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte di appello di Milano in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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