Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29862 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – rel. Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13826/2017 R.G. proposto da:

P.A., con l’avv. Roberto Galeani nel domicilio eletto

presso il suo studio in Roma, via dei Sette Metri n. 11/E.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della CTR per il Lazio – Roma n. 7202/06/16,

depositata i123 novembre 2016, non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 1 ottobre 2020

dal Co: Marcello M. Fracanzani;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Matteis Stanislao, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso.

uditi per le parti, l’Avvocato dello Stato Lucrezia Fiandaca e l’Avv.

Roberto Galeani per la parte contribuente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente era attinto da avviso di accertamento con rideterminazione del reddito professionale per l’anno di imposta 2006, in quanto socio al 50% della soc. Professionisti Associati s.r.l., a sua volta destinataria di avviso di accertamento per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativamente al medesimo anno. Esperiva quindi ricorso protestando la carenza di legittimazione a ricevere la notifica alla società, in quanto da tempo non più legale rappresentante, avendone ceduto la posizione al sig. C.V., contestando altresì nel merito la pretesa tributaria, relativa ad un importo non depurato dai costi di gestione societari, agevolmente ricavabili dai dati in possesso dell’amministrazione finanziaria. Il giudice di primo grado non ammetteva la partecipazione all’udienza del funzionario non ritualmente delegato, sicchè non erano acquisite le relazioni di notifica alla società, in persona di C.V. che questi intendeva produrre, veniva riconosciuta l’invalidità della notifica societaria al contribuente non più legittimato a riceverla e ad impegnare la società, donde – per l’effetto – l’invalidità della ripresa a tassazione per utili da partecipazione a società che non abbia previamente ricevuto notifica o il cui accertamento non sia definitivo. Avverso la sentenza favorevole al contribuente proponeva ricorso l’Ufficio, ottenendo la produzione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 58, comma 2, delle relazioni di notifica alla società, sicchè il giudice dell’appello accoglieva il gravame riscontrando la ritualità della notifica dell’accertamento al legale rappresentante, non opposto nei termini di legge e, quindi, divenuto definitivo.

2. Avverso questa pronuncia, già impugnata per cassazione, il contribuente ha successivamente esperito ricorso per revocazione, sulla scorta delle risultanze di indagine penale – sfociata in archiviazione – da cui emerge che l’acquirente delle quote e (nuovo) legale rappresentante della società Professionisti Associati s.r.l. non sarebbe C.V., ma altro soggetto -ignoto- che si è presentato al rogito esibendo una carta di identità contraffatta, per numero di serie, soggetto rilasciante, dati anagrafici.

La CTR ha però respinto la domanda di revocazione, donde ricorre per cassazione il contribuente, affidandosi ad unico motivo, mentre rimane resistente l’Amministrazione.

In prossimità dell’udienza il P.G. deposita requisitoria scritta in forma di memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Viene proposto unico motivo di ricorso.

1. Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 2699 c.c. nonchè degli artt. 116 e 395 c.p.c. oltre al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, nella sostanza affermando che la commissione territoriale non abbia apprezzato i nuovi elementi che danno prova di estraneità dell’acquirente delle quote e vero legale rappresentante della società Professionisti Associati s.r.l. rispetto al sig. C.V. presso cui è stata tentata la notifica dell’avviso di accertamento dove ha trovato scaturigine la ripresa a tassazione dell’odierno ricorrente.

Occorre preliminarmente ricordare che l’indagine penale de qua si è conclusa con decreto di archiviazione e che la domanda di revocazione è stata proposta sulla base della conoscenza di fatti preesistenti, documentati successivamente alla sentenza revocanda.

Sotto il primo profilo, questa Corte ha ricordato come “il decreto di archiviazione emesso dal giudice penale ex art. 409 c.p.p., per la sua natura di atto giudiziale non definitivo, non integra accertamento della falsità di una prova che possa dare luogo al giudizio di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 2”. (Così, Cass. IV, n. 156/2015).

Sotto il secondo profilo, devesi precisare come la disciplina della revocazione, trattandosi di rimedio impugnatorio straordinario, sconti i limiti della stretta interpretazione di cui all’art. 14 disp. gen., donde il lemma “trovati” si riferisce a documenti preesistenti alla sentenza revocanda e non successivi, come nel caso in esame (cfr. sul punto Cass. III, n. 3362/2015; Cass. IV, n. 14114/2006). Sicchè nè si può dare per accertato il “furto di identità” in danno al sig. C.V., nè vengono offerti documenti preesistenti alla sentenza revocanda che, se conosciuti, avrebbero orientato diversamente il giudizio.

Il motivo è quindi infondato.

In conclusione il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro settemialtrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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