Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2986 del 07/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 07/02/2011), n.2986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

RADICI TESSUTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8,

presso lo studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCHINA MARIO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

17, presso lo studio dell’avvocato ANGELINI MASSIMO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUJANI ERMANNO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 453/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/03/2006 R.G.N. 792/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato GOBBI GOFFREDO; udito l’Avvocato BUJANI ERMANNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La spa Radici Tessuti chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Firenze, pubblicata il 31 marzo 2006, che ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Pistoia aveva accolto il ricorso del dipendente B.A. contro il licenziamento per giusta causa disposto dalla societa’.

Il ricorso e’ articolato in quattro motivi.

Il B. si difende con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato una memoria.

Con il primo motivo si denunzia un vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il fatto sarebbe la circostanza oggetto della contestazione disciplinare e cioe’ che durante un periodo di quattro giorni di malattia, il 20 luglio 2000 il B. sarebbe stato visto lavorare in un vivaio in via delle (OMISSIS) dall’amministratore della societa’.

Il ricorso non precisa quale tipo di vizio di motivazione si tratti:

omissione, insufficienza o contraddittorieta’.

La Corte sul punto ha motivato ed in modo adeguato e privo di contraddizioni. Tutti i rilievi critici del ricorrente non si sostanziano in un vizio della motivazione, ma censurano la valutazione delle dichiarazioni dell’amministratore della societa’ sentito come teste.

Tanto in ordine alla attendibilita’ del teste, quanto in ordine alla coerenza delle sue dichiarazioni, quanto in ordine alla assenza di riscontri esterni, la Corte motiva adeguatamente e senza incongruenze, per concludere che non puo’ ritenersi raggiunta la prova del fatto.

La censura proposta come vizio di motivazione e’ in realta’ una critica di merito, non proponibile in sede di legittimita’.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 1175, 1375, 2105 e 2119 cod. civ. con riferimento alla parte della sentenza in cui si afferma che, ammesso che fosse vero l’episodio contestato, resterebbe privo di ogni rilevanza sul piano disciplinare.

La censura riguarda una motivazione subordinata, tanto che la Corte stessa la introduce con l’incipit: “Diviene dunque superfluo osservare”. La superfluita’ di questa parte della motivazione coinvolge anche la relativa censura. La motivazione della sentenza, pertanto, deve essere corretta con l’elisione della parte superflua.

Giudizio del tutto analogo concerne la censura proposta con il terzo motivo, relativo ad una ulteriore parte della sentenza in cui si ragiona sul presupposto che cio’ che si afferma non provato fosse vero. La stessa ricorrente nel denunziare il vizio di motivazione afferma che il rilievo del giudice oggetto della critica “e’ ininfluente”. Ma allora, oltretutto, manca quella decisivita’ del fatto che e’ requisito indispensabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il quarto ed ultimo motivo si denunzia una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ laddove la sentenza d’appello non considera che la decisione di primo grado era stata impugnata nella parte in cui erroneamente riconosceva la rivalutazione dei crediti retributivi.

Questo motivo e’ formulato in violazione del criterio dell’autosufficienza, perche’ non si riporta in ricorso lo specifico motivo di appello.

Il ricorso, quindi, deve essere rigettato. Le spese devono essere poste a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione alla controparte delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in 15,00 Euro, nonche’ 4.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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