Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29857 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1838/2020 proposto da:

O.L.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 978/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 17/06/2019 R.G.N. 978/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 17 giugno 2019, la Corte d’appello di Brescia rigettava l’appello proposto da O.L.A., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza di primo grado di reiezione delle sue domande di protezione sussidiaria e umanitaria;

2. essa ribadiva la scarsa credibilità, per contraddittorietà e genericità, della vicenda allegata dal richiedente (fuga dalla Nigeria per sottrarsi alla minaccia di morte con ricorso alla magia nera da parte del padre, lasciato dalla madre di fede cristiana, per aver aderito dopo il matrimonio ad una setta pericolosa che uccideva e adorava divinità, chiamata (OMISSIS)) e l’assenza di una situazione di violenza generalizzata in Nigeria, per la concentrazione del pericolo rappresentato dal gruppo terroristico (OMISSIS) in alcuni Stati del Nord Est, lontani dall’Edo State, di sua provenienza: così negando, anche (a voler dare credito al racconto) per la natura privata della setta da cui poteva farsi proteggere ricorrendo all’autorità statale, la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria;

3. infine, la Corte territoriale escludeva pure la concedibilità della protezione umanitaria, in assenza di alcun elemento concreto a conferma di una situazione di vulnerabilità;

4. con atto notificato il 13 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce l’ammissibilità del ricorso per cassazione per l’applicabilità dell’art. 327 c.p.c., in quanto norma generale non derogata dal rito sommario di cognizione regolato dagli artt. 702 bis c.p.c. e segg., adottato per i procedimenti di protezione internazionale per effetto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, abrogativo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, essendo stato notificato entro il termine lungo semestrale dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non notificata (primo motivo);

2. in via preliminare, deve essere esclusa la natura di motivo della deduzione, come tale dedotto impropriamente, non costituendo ragione di impugnazione della sentenza della Corte territoriale, ma requisito di ammissibilità del ricorso avverso di essa;

3. effettivamente esso è tempestivo, siccome notificato entro il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza d’appello non notificata, per l’applicabilità del termine stabilito dall’art. 327 c.p.c., al ricorso per cassazione relativo ad un giudizio, in materia di protezione internazionale, svolto in primo grado con il rito sommario, soggetto alla disciplina ordinaria (Cass. 7 luglio 2016, n. 13830), in assenza di disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, nè trovando applicazione il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado (Cass. 10 luglio 2020, n. 14821);

4. il ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, per omessa comparazione da parte della Corte territoriale dell’integrazione del richiedente la protezione nel Paese ospitante con la condizione di tutela dei diritti fondamentali del Paese di provenienza, ai fini dell’accertamento della propria condizione di vulnerabilità erroneamente esclusa (secondo motivo);

5. esso è infondato;

6. la Corte territoriale ha espressamente richiamato (al penultimo capoverso di pg. 7 della sentenza) la sentenza invocata dal ricorrente, secondo cui, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455);

6.1. ed essa ha compiuto il suddetto bilanciamento, avendo, nella ravvisata insufficienza del solo percorso di integrazione, in relazione alla documentazione lavorativa e di accoglienza offerta in produzione (come argomentato al terz’ultimo capoverso di pg. 7 e al primo di pg. 8 della sentenza), escluso altresì il rischio della privazione, con il rimpatrio del richiedente, di una riduzione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, per l’accertata inesistenza di una situazione critica “per i diritti umani violati” risultante “dai rapporti di Amnesty International e dell’UNCHR” nell’Edo State, regione della Nigeria di sua provenienza (così al primo capoverso di pg. 7 della sentenza);

7. pertanto il ricorso deve essere rigettato, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto alcuna difesa e con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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