Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29855 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 30/12/2020), n.29855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 911/2020 proposto da:

D.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO GIAMPA’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1243/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 12/06/2019 R.G.N. 388/18;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 12 giugno 2019, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava la domanda di protezione umanitaria proposta da D.M., cittadino (OMISSIS), così riformando l’ordinanza di primo grado, che invece l’aveva accolta;

2. preliminarmente delimitato il giudizio d’appello alla sola sussistenza o meno dei presupposti in ordine alla concessione della protezione umanitaria (anche se poi argomentava ampiamente sull’inesistenza dei requisiti della protezione sussidiaria, inizialmente instata insieme con il riconoscimento dello status di rifugiato: domande poi non coltivate dallo straniero), la Corte territoriale riteneva la vicenda narrata dal richiedente (essere stato costretto dal maestro della scuola coranica frequentata nel suo Paese all’accattonaggio, ricevendo percosse nel caso non avesse raccolto la quota di elemosina da consegnargli: così temendo di dover continuare a frequentare la scuola, per la fiducia nutrita dal padre nei confronti del maestro) di natura privata e integrante un fatto di rilevanza penale;

3. essa escludeva la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della misura residuale richiesta, in assenza di seri motivi di carattere umanitario, in applicazione ratione temporis del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nel testo anteriore al D.Lgs. n. 113 del 2018, anche in ragione della non credibilità del cittadino senegalese in mancanza di un effettivo e concreto rischio di compromissione dei suoi diritti fondamentali, avuto riguardo alla situazione sociale, politica e istituzionale del suo Paese;

4. con atto notificato il 12 dicembre 2019, il predetto ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., omessa pronuncia di inammissibilità dell’appello e difetto di interesse, per la mancata specifica confutazione dal Ministero appellante, con i due motivi di gravame interposti (il primo, “violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c.”, incentrato sul mero percorso motivazionale e non sulla sostanza della decisione appellata; il secondo, “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3”, di censura dell’ordinanza del Tribunale sull’essenziale rilievo della concessione della protezione umanitaria solo in forza di un lavoro stabile in Italia), dell’ordinanza di primo grado, comportante l’inammissibilità dell’appello e dunque la nullità della sentenza della Corte territoriale, anche per carenza di interesse (primo motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il motivo difetta di specificità, posto che affronta una questione non trattata dalla sentenza impugnata, nè avendo il ricorrente indicato (come suo onere, a pena di inammissibilità della censura: Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694) in quale atto del giudizio di appello l’avrebbe dedotta, tanto meno trascrivendo, come suo onere almeno per le parti d’interesse, la sequenza degli atti interessati (ordinanza del Tribunale, appello del Ministero, comparsa di costituzione dell’appellato richiedente), risultando anzi dall’unica parte di tale comparsa (trascritta al primo capoverso di pg. 15 dell’odierno ricorso) una difesa nel merito;

4. il ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116 c.p.c. e nullità della sentenza, per avere la Corte territoriale pronunciato, in assenza di una domanda contenuta nei due motivi di appello formulati, sulla credibilità della vicenda narrata dal richiedente, ritenuta dal primo giudice ed invece da essa negata, nonchè sulla protezione sussidiaria, nonostante la delimitazione (corretta) dalla medesima Corte “dell’oggetto del giudizio di appello… all’esistenza o meno della sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione per motivi umanitari” (secondo motivo);

5. esso è infondato;

6. non sussiste il vizio di ultrapetizione denunciato, integrante una violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato e ricorrente quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato): con la conseguenza che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868; Cass. 11 aprile 2018, n. 9002; Cass. 21 marzo 2019, n. 8048);

6.1. nel caso di specie, il principio di corrispondenza della pronuncia resa dal giudice di merito alla domanda della parte, secondo le sue allegazioni ed il bene della vita richiesto (protezione umanitaria), è stato rispettato, posto che il giudizio di credibilità costituisce presupposto per il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, in quanto frutto di valutazione autonoma in relazione ad una condizione di vulnerabilità in capo al richiedente, per la quale rileva, in assenza di prove del racconto dell’interessato ed in difetto di sollecitazioni ad acquisizioni documentali, quantomeno la credibilità soggettiva del medesimo (Cass. 24 aprile 2019, n. 11267; Cass. 19 giugno 2020, n. 11912);

6.2. dato atto dell’effettiva trattazione dalla Corte territoriale della domanda di protezione sussidiaria nel senso dell’insussistenza di suoi requisiti (specialmente dall’ultimo capoverso di pg. 7 al primo di pg. 9 della sentenza), dopo avere esattamente delimitato l’oggetto del giudizio alla devoluzione della sola sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria (al penultimo capoverso di pg. 3 della sentenza), il ricorrente è privo di un interesse di diritto rilevante, in assenza di un risultato giuridicamente apprezzabile, ad ottenere una pronuncia di nullità della sentenza per ultrapetizione (Cass. 27 gennaio 2011, n. 2051, con affermazione del principio ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2057), atteso che essa non vi è stata, avendo la sentenza deciso soltanto rigettando la “domanda di riconoscimento del soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”, come risulta dal suo dispositivo;

7. pertanto il ricorso deve essere rigettato, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto alcuna difesa e con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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