Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29855 del 13/12/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/12/2017, (ud. 06/04/2017, dep.13/12/2017),  n. 29855

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con un motivo nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’atto di contestazione con il quale venivano irrogate all’UNEP, Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti presso la Corte d’appello di Roma sanzioni per omessi versamenti, omessa effettuazione di ritenute ed infedele dichiarazione, come conseguenza dell’omessa effettuazione di ritenute alla fonte su redditi da lavoro dipendente ed assimilati negli anni dal 1995 al 1997.

La verifica effettuata nel 1998 aveva infatti evidenziato che negli anni dal 1993 al 1997, in violazione dell’art. 48, comma 4 T.U.I.R., la contribuente aveva omesso di assoggettare a ritenuta le indennità di trasferta percepite, ai sensi del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 133, dai propri collaboratori ed assistenti per gli atti fuori dall’edificio dove aveva sede l’Ufficio.

La Commissione regionale ha disatteso il gravame dell’ufficio, confermando l’annullamento dell’atto.

L’UNEP resiste con controricorso illustrato con successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 48, camma 4 T.U.I.R., D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 3 e del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, artt. 122,154 e 155, assume che la prima disposizione in rubrica, nel testo in vigore per gli anni dal 1995 al 1997 debba essere interpretato nel senso che l’indennità di trasferta, prevista per gli ufficiali giudiziari dal D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 133, per gli atti compiuti fuori dall’edificio ove ha sede l’ufficio, non costituisce un mero rimborso spese, ma ha natura retributiva, e di conseguenza sarebbe illegittima, per la violazione delle norme in rubrica, la sentenza impugnata, la quale ha annullato un avviso di contestazione sanzioni emesso nei confronti di esso contribuente a seguito dell’omessa effettuazione delle ritenute alla fonte sulle indennità dette, ritenendo illegittimamente che la non imponibilità sia dimostrata dalla sola circostanza che con il D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, i medesimi proventi siano stati assoggettati ad IRPEF nella misura del 50%.

Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha da tempo (Cass. n. 5078 del 2004) avuto nodo di pronunciarsi sulla natura retributiva dell’indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari.

In un giudizio tra le medesime parti e relativo agli stessi anni Cass. n. 25681 del 2008 (in motivazione) ha chiarito come “l’indennità di trasferta prevista a favore degli ufficiali giudiziari dal D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 133, per gli atti compiuti fuori dell’edificio ove ha sede l’ufficio, non costituisce un mero rimborso spese, ma ha natura retributiva, come si evince dal fatto che il suo importo è determinato indipendentemente dalla distanza percorsa; dalla previsione di una maggiorazione in caso di richieste urgenti, da quella di più indennità nel caso in cui l’ufficiale giudiziario compia, nella stessa località e con lo stesso viaggio, più atti del suo ufficio, ma nell’interesse di persone diverse, nonchè dall’assoggettamento di tale emolumento ad una tassa del 10 per cento, assolutamente inconcepibile in riferimento ad un puro e semplice rimborso spese. Essa dev’essere pertanto inquadrata tra le indennità di trasferta che, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 413, non applicabile ratione temporis), concorrono a formare il reddito imponibile, nei limiti indicati dalla medesima disposizione (cfr. anche Cass. sentenze n. 7800 del 03/04/2006, n. 5078 del 12/03/2004, n. 15921 del 2001). Ovviamente tale imponibilità attiene solamente alla parte eccedente un determinato importo, da considerarsi rimborso spese, comprese quelle di viaggio, purchè risultanti da documenti rilasciati dal vettore (v. pure Cass. n. 6293 del 2000, n. 14674 del 1999). In ordine, poi, alla questione relativa alla pretesa doppia imposizione, concernente la tassa del dieci per cento dovuta dagli ufficiali giudiziari sull’indennità di trasferta, ai sensi del cit. D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 154,comma 1 (come sostituito dalla L. 15 gennaio 1991, n. 14, art. 10), va osservato che la stessa integra – come risulta dalle modalità della sua corresponsione, tipiche dell’imposizione indiretta – una vera e propria tassa su singoli atti compiuti dall’ufficiale giudiziario, e non già un’imposta diretta (a titolo di acconto ai fini dell’IRPEF), senza che possa rilevare, in contrario, la qualificazione di acconto data a detta tassa dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 35 – il quale non ha natura interpretativa, e va inteso nel quadro delle sue finalità di definizione agevolata delle posizioni tributarie pendenti – e senza che, d’altra parte, sia configurabile alcuna violazione del divieto di doppia imposizione, nè del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. (cfr. anche Cass. sentenze n. 5078 del 12/03/2004, n. 15921 del 2001)”.

L’assunto della sentenza impugnata, secondo cui dell’art. 48, comma 6 T.U.I.R., nel testo introdotto, con effetto dal 1998, dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, testo secondo il quale le indennità di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 133, concorrono a formare il reddito nella misura del 50% (“il legislatore, quando ha voluto modificare la speciale tassazione della indennità in questione, ne ha fatto esplicito riferimento, come nel D.Lgs. n. 314 del 1997, che ha determinato nel 50% la quota che concorre alla formazione del reddito”), non può essere condiviso, come questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. n. 5078 del 2004, in motivazione):

“in materia di indennità di trasferta prevista per gli ufficiali giudiziari dal D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 133, comma 1, in relazione agli atti compiuti fuori dell’edificio ove l’Ufficio ha sede, questa Corte ha già avuto modo di affermarne la natura di retribuzione dell’attività svolta e non di puro e semplice rimborso spese, per via della sua connotazione di compenso omnicomprensivo (ex plurimis, Cass. 15921/2001; Cass. 6293/2000; Cass. 14674/1999), conseguentemente affermandone la assoggettabilità ad Irpef ai sensi e nei limiti stabiliti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 4, nel testo – anche qui applicabile ratione temporis – anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, con effetto dall’1.1.1998. In proposito è stato opportunamente sottolineato (Cass. 14674/1999) il richiamo al diverso e più favorevole trattamento tributario dell’indennità stessa introdotto dal D.Lgs. n. 314 del 1997, appare del tutto in linea con il dichiarato intento agevolativo, che trova ulteriore manifestazione nella prevista non debenza di interessi e sanzioni sulle relative imposte. Pertanto, non essendo stato attribuito un generale effetto retroattivo a tale fonte normativa (D.Lgs. n. 314 del 1997), conseguentemente il trattamento dell’indennità in questione per gli anni dal 1990 al 1994, oggetto della controversia in esame, deve essere desunto dal (solo) disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, da interpretarsi nel senso di ricomprendervi anche l’indennità stessa, per le ragioni prima esposte”.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo dell’UNEP.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano care in dispositivo, mentre le spese per i gradi di merito vanno compensati fra le parti in considerazione della natura della questione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dell’UNEP.

Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 12.000, oltre alle spese prenotate a debito, e dichiara compensate fra le parti le spese per i gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017

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