Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29851 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 30/12/2020), n.29851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4973/2020 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II n.

4, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UTG – PREFETTO DELLA PROVINCIA DI ROMA;

– intimato –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il

24/07/2019 R.G.N. 24378/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 24/07/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Giudice di Pace di Roma, con provvedimento depositato il 24 luglio 2019, ha rigettato l’opposizione proposta da F.L. avverso il decreto di espulsione emesso ex art. 13, comma 2 lett. b), dalla Prefettura di Roma il 2 aprile 2019.

2. Il Giudice di Pace ha osservato, per quanto di interesse nella presente sede: a) che il ricorrente si era trattenuto illegalmente sul territorio nazionale; b) che l’iter seguito per l’emissione del decreto aveva garantito i diritti costituzionali e il rispetto della motivazione dei provvedimenti adottati; c) che lo straniero, di origine senegalese, in grado di parlare e comprendere la lingua italiana, come emerso dall’intervista, aveva riferito di non volere fare ritorno al proprio Paese di origine e di non essere interessato alla concessione di un termine per la partenza volontaria; d) che, da una comunicazione acquisita agli atti, era emerso che lo stesso era stato colto a spacciare stupefacenti alla stazione; e) che, stante la gravità del reato, il ricorrente non meritava la presenza sul territorio nazionale.

3. Per la cassazione di tale provvedimento F.L. ha proposto ricorso affidato a sei motivi. La Prefettura non ha svolto attività difensiva.

4. Il Procuratore Generale ha rassegnato le sue conclusioni, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame e conseguente omessa motivazione” circa violazione del D.Lgs. n. 386 del 1998, art. 13, comma 2 e art. 19, mancata applicazione dell’art. 33 Convenzione di Ginevra, carenza istruttoria e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 7, 35 e 35-bis e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorrente premette di avere presentato domanda di protezione internazionale e di avere documentato la circostanza nel procedimento davanti al Giudice di Pace. Richiama Cass. n. 18737 del 2017 che, in fattispecie assoggettata alla disciplina anteriore al D.L. n. 13 del 2017, conv. in L. n. 46 del 2017, come quella in esame, ha ritenuto il permanere dell’effetto sospensivo di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, in pendenza dell’impugnazione avverso il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno e fino al passaggio in giudicato del relativo provvedimento.

Si duole, per altro verso, che non sia stata esaminata dal Giudice di Pace la doglianza avanzata in giudizio relativa al divieto di respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra (art. 33).

6. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame e conseguente omessa motivazione” circa la violazione dell’art. 13, commi 4 e 5, T.U.I. per mancata concessione del termine per la partenza volontaria.

Si sostiene che la conoscenza della lingua italiana a livello di base non consentiva comunque di ritenere probante che il ricorrente avesse dichiarato di non volere tornare nel proprio paese di origine.

Ci si duole che non sia stata fornita al ricorrente la scheda informativa multilingue, come previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 5.

7. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame e conseguente omessa motivazione” circa la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, per inesistenza/inefficacia del decreto di espulsione, perchè sottoscritto da parte di un vicario del Prefetto, privo di una delega ad hoc.

8. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame e conseguente omessa motivazione” circa la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, per non avere il Giudice di Pace considerato la censura, svolta dal ricorrente, secondo cui il decreto di espulsione era affetto da nullità insanabile in quanto non tradotto in lingua veicolare del cittadino senegalese.

9. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame e conseguente omessa motivazione” circa la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il Giudice di Pace esaminato la questione relativa alla sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria, atteso che il ricorrente, in Italia sin dal 2013, in caso di rimpatrio versa in una condizione di vulnerabilità.

10. Il sesto motivo denuncia violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, per avere il Giudice di Pace fondato la sua motivazione su circostanze non indicate nel decreto e, precisamente, sulla notizia di reato concernente la detenzione di sostanze stupefacenti.

Si assume che, in ogni caso, tale notizia non potrebbe valere a rendere legittimo il decreto di espulsione, atteso che dell’art. 13 cit., lett. c), riguarda i soggetti dichiarati pericolosi per l’ordine e la sicurezza dello Stato e il ricorrente non era stato dichiarato tale, nè vi era prova che fosse comunque un soggetto pericoloso.

11. E’ preliminare, rispetto all’esame dei motivi di ricorso, la verifica della regolare notifica del ricorso per cassazione.

12. Il ricorso in originale è stato depositato (ciò che evita la sanzione dell’improcedibilità, ai sensi dell’art. 369 c.p.c.), ma la relativa notifica al Prefetto di Roma – effettuata a mezzo del servizio postale – non è corredata dell’avviso di ricevimento della raccomandata.

13. In materia di notificazione a mezzo posta, l’avviso di ricevimento, pur non essendo elemento costitutivo del procedimento di notificazione, costituisce il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario, sia la data di questa e l’identità e l’idoneità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita; ne deriva che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, mancando il deposito dell’avviso (unitamente al ricorso o successivamente, in base all’art. 372 c.p.c.) e l’intimato non si sia costituito, il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile (S.U. n. 627 del 2008; nonchè Cass. n. 9342 del 2008, n. 1694 del 2009, n. 9487 del 2010, n. 14421 del 2010, n. 9453 del 2011, n. 13923 del 2011, n. 14780 del 2014).

14. La prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, la cui assenza non può essere superata con la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c., non vertendosi in un’ipotesi di mera nullità (Cass. n. 26108 del 2015), salvo che l’impugnante ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale, a norma della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6, comma 1, un duplicato dell’avviso stesso (Cass. 19623 del 2015).

15. Nel caso in esame, la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo non è stata data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, nè parte ricorrente ha avanzato alcuna istanza di rimessione in termini, con le modalità di cui sopra.

16. La mancata produzione dell’avviso di ricevimento – ed in assenza di costituzione del Prefetto di Roma – comporta che il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile, trattandosi di situazione rispetto alla quale valgono le stesse conseguenze derivanti dal vizio di giuridica inesistenza della notificazione stessa (Cass. n. 20893 del 2015 e n. 12509 del 2011, n. 4595 del 2009).

17. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

18. Al rigetto del ricorso non consegue il raddoppio del contributo unificato atteso che, in tema di controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione Europea (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18) e di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (D.Lgs. n. 150 cit., art. 20), è espressamente stabilito che “Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta” (in tal senso, v. pure Cass. 3305 del 2017, che ha invece osservato come analoga previsione manchi con riferimento alle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale).

19. Inoltre, come affermato da Cass. S.U. 4315 del 2020, il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno, mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla per le spese del presente giudizio.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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