Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29851 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 29851 Anno 2017
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 5727-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

SUDELETTRA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
DELLA GIULIANA 82, presso lo studio dell’avvocato
VIRGINIA GIOCOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato
FRANCESCA CHIETERA;

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

controricorrente

n.
PESCARA,

171/2011

della

depositata il

Data pubblicazione: 13/12/2017

26/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 17/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Rilevato che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
con due motivi, avverso la sentenza della C.T.R. dell’Abruzzo, sezione
staccata di Pescara, depositata il 26 agosto 2011, con la quale, in
accoglimento dell’appello proposto dalla Sudelettra s.r.l. (ora
Sudelettra s.p.a.), è stato annullato l’atto con il quale era stato
rideterminato il credito di imposta spettante alla contribuente ai sensi
comma 10, della I. 23 dicembre 2000, n. 388, revocando parzialmente
il beneficio concesso;
che il giudice di appello ha ritenuto che «nel caso di specie non si
applica la regola de minimis, in quanto i contributi concessi non sono
qualificabili come aiuti di Stato, e non si applicano, pertanto, i limiti
indicati in sede comunitaria»;
che resiste con controricorso la società contribuente;
Considerato che con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 10, della I. 23
dicembre 2000, n. 388, e dell’art. 63 della I. 27 dicembre 2002, n.
289, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ.;
che con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dei citati art. 7 della I. n. 388 del 2000 e art. 63 della I.
n. 289 del 2002, in relazione agli artt. 87 e 88 del Trattato C.E., al
Regolamento C.E. del 12 gennaio 2001 n. 69/2001 ed al Regolamento
U.E. n. 2204/2002, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod.
proc. civ.;
che con i due motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili, l’Agenzia
delle entrate censura la sentenza impugnata per avere la C.T.R.
ritenuto che al credito di cui all’art. 63 della I. n. 289 del 2002 non si
applichi la regola de minimis;
che i motivi sono fondati;
che infatti, in assenza di convincenti argomentazioni contrarie, deve
essere ribadito il principio già affermato da questa Corte secondo cui
l’art. 63, comma 1, della I. n. 289 del 2002, nel rinnovare il regime di
incentivi alle assunzioni, già disposto con l’art. 7 della I. n. 388 del
2000, ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non
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dell’art. 63, comma 1, della I. 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’art. 7,

diversamente regolato, le disposizioni di cui al detto art. 7, quindi
anche quella dettata dal comma 10, in base alla quale «all’ulteriore
credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de
minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità
europee 96/C68/06» e «ad esso sono cumulabili altri benefici
eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purché
che il criterio comunitario c.d. de nninimis è stato, quindi,
espressamente adottato – in via di rinvio alla relativa fonte normativa
– dal legislatore nazionale, nel legittimo esercizio dei suoi poteri
discrezionali, quale tetto massimo dell’ulteriore credito d’imposta in
esame che ha inteso attribuire ai datori di lavoro. Ne deriva
l’irrilevanza della normativa comunitaria invocata, dal momento che
questa non impedisce che il legislatore nazionale circoscriva benefici
fiscali entro soglie predefinite, anche individuate per relationem
rispetto a norme dell’ordinamento comunitario (v. ex multis Cass.
04/07/2014, n. 15332; Cass. 20/07/2012, n. 12662; Cass.
11/05/2012, n. 7362; Cass. 20/10/2011, n. 21797);
che la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa
nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., con
il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;
che, trattandosi di questione complessa che ha trovato composizione
nella giurisprudenza di questa Corte solo successivamente alla
proposizione del ricorso, va disposta l’integrale compensazione delle
spese;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente.
Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 17/03/2017.
Il Presitiente

non venga superato il limite di lire 180 milioni nel triennio»;

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