Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29849 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 29/12/2011), n.29849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

LILIUM INIZIATIVE IMMOBILIARI SRL (OMISSIS), in persona

dell’amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANASTASIO II N. 80, presso lo studio dell’avvocato BARBATO ADRIANO,

che 1A rappresenta e difende unitamente all’avvocato GERMINETTI

FILIPPO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2615/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott LINA MATERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con atto di citazione notificato il 15-12-2006 S.L. conveniva dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio, Sezione Distaccata di Saronno, la Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l., deducendo che quest’ultima era venuta meno agli obblighi assunti con il contratto preliminare stipulato in data 23-9-2004. L’attore chiedeva, pertanto, che, ai sensi dell’art. 2392 c.c. (recte, art. 2932 c.c.), venisse pronunciata sentenza costitutiva del trasferimento degli immobili promessile in vendita dalla predetta società con il menzionato atto.

Nel costituirsi, la convenuta eccepiva in limine il difetto di giurisdizione e l’incompetenza del giudice adito e, nei merito, contestava la fondatezza della domanda, chiedendo in via riconvenzionale la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’attore, con condanna del medesimo al risarcimento danni.

Con sentenza del 27-11-2007 il Tribunale adito dichiarava risolto il contratto preliminare stipulato dalle parti per inadempimento del S. nella misura dei 70% e della Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l. nella residua misura del 30%; condannava l’attore al pagamento in favore della convenuta della somma di Euro 6.212,22, con decorrenza semestrale dal 31-1-2007 fino al passaggio in giudicato della sentenza, oltre interessi legali per ciascun rateo; rigettava ogni altra domanda.

Avverso tale sentenza proponevano appello principale il S. ed appello incidentale la Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l..

Con sentenza del 29-9-2009 la Corte di Appello di Milano, in accoglimento del gravame principale, disponeva, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento in favore del S. delle unità immobiliari oggetto del contratto preliminare di cui alla scrittura privata del 23-9-2004, condizionando il verificarsi dell’effetto traslativo all’accollo da parte dell’attore del mutuo fondiario concesso alla Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l. per la quota relativa alle porzioni immobiliari compravendute tra le parti e fino alla concorrenza della somma di Euro 135.000,00, oltre IVA. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l., sulla base di tre motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensive.

RILEVA IN DIRITTO. 1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 168 bis c.p.c. e dell’art. 70 disp. att. c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi. Deduce che la Corte di Appello ha errato nel ritenere tardiva la costituzione della convenuta, effettuata con comparsa depositata il 20-3-2007. Sostiene che la prima udienza del 3-4-2007 era stata differita per esigenze d’ufficio, ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., comma 5, al 10-4-2007 e che, pertanto, i termini di costituzione della convenuta andavano calcolati in relazione a tale ultima data.

La censura è manifestamente infondata.

Come è noto, l’art. 166 c.p.c. stabilisce che il convenuto si deve costituire almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione. Nella specie, pertanto, la Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l. avrebbe dovuto depositare in Cancelleria la comparsa di costituzione, contenente domanda riconvenzionale, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione, fissata per il 3-4-2007; sicchè correttamente la Corte di Appello ha ritenuto tardiva la costituzione della convenuta, effettuata solo in data 20-3-2007.

Non rileva, in contrario, il fatto che l’udienza del 3-4-2007 non si sia tenuta e sia stata rinviata al 10-4-2007, in quanto, non rinvenendosi in atti traccia di un eventuale decreto di differimento della prima udienza da parte del giudice istruttore e delle relative comunicazioni alle parti, si deve escludere, in conformità del giudizio espresso dalla Corte di Appello, che tale rinvio sia stato disposto ai sensi del quinto comma dell’art. 168 bis c.p.c., comma, e ritenere, al contrario, che lo stesso sia stato disposto ai sensi del comma 4 dello stesso articolo.

Orbene, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. 11- 6-2003 n. 9351; Cass. 23-6-2008 n. 17032; Cass. 5-10-2010 n. 26667), l’unica fattispecie che giustifica la mancata considerazione dell’originaria data dell’udienza fissata nell’atto di citazione è quella contemplata dall’art. 168 bis c.p.c., comma 5 la quale ricorre allorchè il giudice istruttore designato, nei cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, ritenga, con proprio decreto motivato, di differire la data della prima udienza; fattispecie nella quale, secondo l’espressa previsione di cui allo stesso art. 166 c.p.c. il termine di “venti giorni prima” va appunto computato in riferimento alla data fissata nei decreto del giudice istruttore designato. Al contrario, il rinvio di ufficio dell’udienza a norma dell’art. 168 bis c.p.c., comma 4 non comporta la riapertura dei termini per il deposito della comparsa e per la proposizione dell’appello incidentale, avuto riguardo alle rigorose previsioni delle richiamate disposizioni, che non consentono interpretazioni estensive.

2) Con lo stesso motivo la ricorrente ripropone l’eccezione – già sollevata in grado di appello – di illegittimità costituzionale, ex artt. 3, 24 e 11 Cost., della previsione di cui all’art. 166 c.p.c., nella parte in cui limita lo spostamento del termine a comparire di venti giorni prima della data di rinvio d’ufficio alla sola ipotesi di cui all’art. 168 bis c.p.c., comma 5, e non la estende sia ad ogni ipotesi di rinvio per analoghe ragioni connesse all’organizzazione propria di ogni ufficio giudiziario, sia ad ogni ipotesi in cui sia pacifico che nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato teneva udienza.

La questione è manifestamente infondata, non offrendo, per la genericità della sua formulazione, ulteriori spunti rispetto a quelli già valutati dalla Corte Costituzionale, la quale, con ordinanza 30 dicembre 1997 n. 461, ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 166 c.p.c., in relazione all’art. 167 c.p.c., all’art. 21 c.p.c., commi 2 e 3, all’art. 171 c.p.c., comma 2, e all’art. 269 c.p.c., comma 2, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. In tale pronuncia il giudice delle leggi ha evidenziato che non è ravvisabile la prospettata violazione del principio di eguaglianza, in quanto le fattispecie di rinvio della prima udienza di comparizione considerate nel quarto e nell’art. 168-bis, comma 5 non sono riconducibili ad una ratio comune e non può dirsi irragionevole la previsione di una deroga alla disciplina del termine di costituzione in giudizio del convenuto; e che deve escludersi anche l’asserita lesione del diritto di difesa, in quanto la garanzia del diritto di difesa non può implicare che sia illegittimo imporre all’esercizio di facoltà o poteri limitazioni temporali, al fine di accelerazione del corso della giustizia.

La ricorrente, d’altro canto, non ha prospettato alcun argomento a sostegno della dedotta illegittimità dell’art. 166 c.p.c. in relazione all’art. 11 Cost..

3) Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per la controversia e la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46 (già L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 17), in relazione agli artt. 1418 e 2932 c.c., deduce che la Corte di Appello non si è fatta alcun carico della questione, più volte sollevata dalla società Lilium Iniziative Immobiliari, e comunque rilevabile d’ufficio, della mancanza delle menzioni, nel preliminare e negli atti di causa, circa la regolarità urbanistica dell’immobile trasferito; e che, in assenza di tali menzioni urbanistiche, il giudice non può pronunciare una sentenza costitutiva di trasferimento ex art. 2932 c.c..

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

E’ vero che, secondo un principio affermato da questa Corte, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c. in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare, o successivamente prodotta in giudizio, degli estremi della concessione edilizia, trattandosi di un requisito richiesto a pena di nullità dalla L. n. 47 del 1985, art. 17 ora sostituito dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 (Cass. 22-5-2008 n. 13225).

Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, tuttavia, nella specie la Corte di Appello non si è affatto sottratta alle necessarie verifiche circa la regolarità urbanistica della costruzione: essa, infatti, nel valutare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia della sentenza richiesta ai sensi dell’art. 2932 c.c., ha espressamente dato atto, a pag. 25 della sentenza impugnata, che la Lilium Iniziative Immobiliari s.r.l. ha ultimato la costruzione dell’immobile “secondo il progetto edilizio approvato e in conformità delle planimetrie richiamate in atti, essendo stati allegati al contratto preliminare e sottoscritti da entrambi i contraenti tali documenti”.

3) Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di Appello ha pronunciato oltre la domanda proposta, sia nella parte in cui ha riportato i dati catastali dell’immobile, non indicati dall’attore, sia nella parte in cui ha disposto l’accollo del mutuo e dei relativi interessi.

Anche tale motivo si palesa del tutto privo di fondamento.

Sotto il primo profilo, si osserva che nella controversia inerente ad un preliminare di vendita immobiliare, avente ad oggetto l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, il giudice, una volta accertata la validità ed efficacia del preliminare a tutti gli effetti, e quindi anche a quelli della pronunzia di una sentenza costitutiva a norma dell’art. 2932 c.c., è tenuto, al fine di garantire la piena rispondenza della decisione alle sue finalità pratiche, alla specificazione, di significato e portata meramente formali, dei dati (confini ed elementi catastali) occorrenti per la trascrizione dello statuito trasferimento, quali risultano dagli atti, senza, pertanto, che ciò costituisca indebita integrazione della volontà delle parti o della scrittura contrattuale da esse formata (Cass., 4-5-1982 n. 2761).

Non incorre, pertanto, nel vizio di ultrapetizione il giudice che, richiesto di emanare una sentenza costitutiva che tenga luogo di un contratto di vendita immobiliare, integri, come è avvenuto nella specie, con i dati catastali indicati nel preliminare (o in altre atti) la descrizione degli immobili offerta dall’attore.

Sotto il secondo profilo, si rammenta che, secondo il costante orientamento di questa Corte, nel caso in cui le parti di un contratto preliminare di vendita immobiliare abbiano convenuto che il pagamento del residuo prezzo debba essere effettuato all’atto della stipulazione del contratto definitivo, l’offerta di cui all’art. 2932 c.c., comma 2 è da ritenersi soddisfatta con la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, essendo tale offerta necessariamente implicita nella domanda, così che, in tale ipotesi, deve senz’altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso, ed il pagamento del residuo prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice. Ne consegue che, ove la prestazione a carico del promissario acquirente del bene preveda, al momento della stipula dell’atto definitivo, non solo il pagamento del residuo prezzo, ma anche l’accollo, da parte del promissario acquirente, del mutuo bancario gravante su detto immobile, questi non è tenuto a pagare il prezzo ovvero ad accollarsi il mutuo prima del contratto definitivo (o della domanda di esecuzione in forma specifica, o della stessa sentenza ex art. 2932 c.c.), pur dovendosi l’esecuzione di dette prestazioni imporre, in sentenza, come condizione dell’effetto traslativo divisato dalle parti (Cass. 4-1-2002 n. 59; Cass. 13-7-2005 n. 14768).

Nel caso in esame, pertanto, essendo stato stabilito al punto n. 5.1 del preliminare (v. pag. 15 della sentenza impugnata) che il prezzo residuo sarebbe stato saldato dal promittente acquirente mediante accollo di mutuo fondiario, correttamente i giudici di appello, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, hanno condizionato il verificarsi dell’effetto traslativo degli immobili promessi in vendita all’accollo, da parte del S., del mutuo fondiario concesso alla Lilium Iniziative Immobiliari, per la quota relativa alle porzioni immobiliari al medesimo trasferite”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Il Collegio condivide le argomentazioni svolte nella relazione, alle quali non sono stati mossi rilievi critici. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Poichè il resistente non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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