Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29848 del 20/11/2018
Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 20/11/2018), n.29848
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. GIANNITTI Pasquale – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4429/2017 proposto da:
D.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRUNO
BUOZZI presso lo studio dell’avvocato MICHELE MIRENGHI, che lo
rappresenta e difende unitamente a se medesimo;
– ricorrente –
contro
A.R., A.A., elettivamente domiciliati in
ROMA, P.ZZA S. ANDREA DELLA VALLE, 3, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMO MELLARO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUIGI BORLONE giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4923/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 21/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/09/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Milano con sentenza n. 4932/2015, nel respingere l’appello proposto dall’avv. D.M.M., ha integralmente confermato la sentenza n. 5754/2011 con la quale il Tribunale di quella stessa città, in accoglimento dell’opposizione proposta dai signori A.N. e O.G.M., aveva revocato il decreto ingiuntivo n. 25590/06 (già richiesto dall’avv. D. – a titolo di pagamento dei propri onorari per l’opera difensiva svolta – e concesso dal Tribunale per l’importo di Euro 8236,69 oltre alle spese del monitorio) e, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dagli opponenti (avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità professionale del legale ed il conseguente diritto al risarcimento dei danni da quantificarsi in separato giudizio), aveva condannato l’avv. D. al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, con condanna del predetto al pagamento delle spese di lite.
2. Era accaduto che, a fronte dell’emesso decreto ingiuntivo, nel 2006 i signori A. avevano proposto opposizione esponendo che: a) essendo interessati all’acquisto di una villetta in costruzione, erano diventati soci della Cooperativa Edilizia Acli Libertà (costituita per la realizzazione di un complesso immobiliare nel Comune di Settala e finanziata dalla Itafondiaria Spa mediante contratto di mutuo garantito con ipoteca iscritta sugli immobili in costruzione); b) al momento della sottoscrizione del contratto di associazione la Cooperativa aveva chiesto ai signori A. di provvedere al pagamento rateale della quota parte del mutuo con l’impegno della medesima di rimettere le rate alla Italfondiaria; c) in seguito alla stipula del contratto di assegnazione dell’unità immobiliare prescelta, i signori A., nonostante le richieste rivolte alla Cooperativa ed alla società finanziaria, non avevano avuto più notizie delle rate di mutuo ancora da corrispondere; ragion per cui si erano rivolti all’avvocato D., il quale aveva istaurato un giudizio nei confronti della Cooperativa Edilizia ACLI libertà e della Italfondiaria per l’accertamento dell’ammontare degli oneri a carico dei signori A. connessi all’accollo del mutuo, segnalando la condotta della Cooperativa, sollecitata più volte, ma sempre inutilmente, a dare chiarimenti chiarimenti; d) nel giudizio, così instaurato, era emerso dalla comparsa di costituzione e risposta di Italfondiaria che la Cooperativa, nonostante i signori A. avessero pagato tutte le rate di mutuo richieste dalla Cooperativa stessa, aveva omesso di girarle alla Italofondiaria ed era perciò decaduta del beneficio del termine; e) il giudizio si era poi concluso con il rigetto della domanda attorea, in quanto l’accertamento della quota di mutuo accollata risultava dall’ atto di assegnazione dell’ immobile e la domanda di inadempimento contrattuale della Cooperativa era stata dichiarata inammissibilità giacchè formulata soltanto nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6; il giudice aveva anche condannato gli attori al pagamento delle spese processuali della Italofondiaria; f) la sentenza era poi divenuta definitiva per decorso dei termini d’ impugnazione; g) conclusasi così la causa (promossa nei confronti della Cooperativa Edilizia ACLI e della Italfondiaria), l’avv. D. aveva proposto ricorso monitorio al Tribunale di Milano per il pagamento dei propri onorari, ma a detto decreto si erano opposti, lamentando la responsabilità professionale dell’avvocato per negligenza del suo operato (poichè aveva lasciato decorrere il termine per l’impugnazione della sentenza; aveva omesso di dare riscontro alle richieste di informazione sull’esito del giudizio e aveva introdotto in fase di precisazione delle conclusioni domande nuove che erano state poi dichiarate inammissibili).
Il Tribunale di Milano con la menzionata sentenza n. 5754/2011 aveva ritenuto che: a) l’avvocato non aveva adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico ex art. 1218 c.c.; b) non operava la previsione dell’art. 2236 c.c., poichè il rispetto dei termini processuali rientra tra i normali compiti del legale; c) gli opponenti avevano subito una perdita di “chances” e subito un danno a seguito del passaggio in giudicato della sentenza.
Conseguentemente il giudice di primo grado aveva condannato l’avv. D. al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede e revocato il già emesso decreto ingiuntivo.
Avverso la sentenza n 5754/11 aveva proposto appello l’avv. D., che si era lamentato del fatto che il Tribunale di Milano aveva erroneamente affermato la sua responsabilità professionale (argomentando su una inesistente tardività della proposizione della domanda di inadempimento contrattuale nei confronti della Cooperativa e su una inesistente violazione del dovere di informazione) e, sempre erroneamente, aveva escluso il suo diritto al pagamento del compenso professionale.
Si erano costituiti gli appellati che avevano ribadito: la violazione dei canoni di diligenza e perizia da parte dell’avv. D. e la responsabilità contrattuale del medesimo ex art 1218 c.c.; la tardiva proposizione della domanda di inadempimento nei confronti della Cooperativa; l’inosservanza degli obblighi di doverosa informazione dei clienti all’esito del giudizio negativo; il danno subito per la perdita di chances di far valere le proprie ragioni nei confronti della Cooperativa.
3. L’avv. D. ricorre avverso la sentenza della Corte territoriale, articolando due motivi, con i quali rispettivamente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., in punto di affermata sussistenza della sua responsabilità professionale;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 2230 c.c., in punto di affermata esclusione del suo diritto al compenso.
Resistono con controricorso i signori A.R. e A.A., in proprio e quali eredi di A.N. e O.G.M..
In vista dell’odierna adunanza, depositano memorie sia il ricorrente che i controricorrenti.
4. Il ricorso è inammissibile.
Invero: essendo stato iniziato il giudizio in primo grado prima del 3 luglio 2009, il termine per impugnare era sì pari ad un anno, ma, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata in data 21 dicembre 2015 (e, quindi successivamente, al primo gennaio 2015, data di entrata in vigore del D.L. n. 132 del 2014), la durata della sospensione feriale era pari a giorni 31.
Orbene, il ricorso risulta essere stato notificato in data 7/8 febbraio 2017, e cioè successivamente allo spirare del termine di legge (pari per l’appunto ad un anno, oltre al periodo di sospensione), avvenuto il 21 gennaio 2017.
Donde la tardività del ricorso e, quindi, la sua inammissibilità.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controparte, delle spese processuali relative al giudizio di legittimità, spese che liquida in Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018